Kinshasa (Agenzia Fides) – “L’impressione che affiora sulle labbra di diverse persone a Bukavu, estenuate da oltre quattro mesi d’occupazione, è la perplessità e il sentimento di essere stati ancora ingannati, anche se non si rinuncia alla speranza che qualcosa cambi sul terreno Ma che cosa? Nuove notizie di uccisioni dall’M23 giungono dalla città e dalla provincia”. Così scrive all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa da Bukavu, il capoluogo del Sud Kivu occupato da metà febbraio dalle truppe ruandesi e dai guerriglieri dell’M-23 (vedi Fides 17/2/2025), commentando l’accordo di pace firmato a Washinton il 27 giugno da Ruanda e Repubblica Democratica del Congo sotto gli auspici dell’amministrazione Trump (vedi Fides 27/6/2025).
L'accordo prevede la "revoca delle misure difensive del Ruanda" entro tre mesi, con il ritiro dei soldati ruandesi dalla RDC nonché la neutralizzazione da parte di Kinshasa delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), create da ex leader hutu legati al genocidio ruandese del 1994 e considerate da Kigali una minaccia esistenziale.
L'accordo include anche una componente economica che deve essere precisata ma che prevede lo sfruttamento delle risorse minerarie congolesi da parte di industrie americane.
“Molta gente era disposta a perdere i minerali del Paese pur di ritrovare la pace, ma anche quest’ultima è in dubbio” riferisce la fonte di Fides. “Poiché qui il Ruanda, che occupa e sfrutta le province del Nord e Sud Kivu sotto le sembianze dell’M23, non sembra essere toccato dall’accordo. Quindi niente si muove per ora. Proprio dove più ci vorrebbe un cambiamento”.
“C’è un cambiamento basilare che tutti aspettano, tranne chi ha cambiato casacca: la partenza di tutti i militari ruandesi, che tornino a casa loro. Questo l’accordo non lo dice apertamente, parla solo di “cessazione delle ostilità”. Anche se cita la risoluzione ONU 2773 che chiedeva tale rientro.
Leggendolo, mi sembra un testo pieno di trappole. Un’altra evidente, è il fatto che per ben sei volte si parla delle FDLR da neutralizzare. Come se fosse il vero problema. Si dà credito a un pretesto, forse per non dire ad alta voce al Ruanda: “Il Re è nudo”, ha aggredito un Paese indipendente. Le FDLR sono poche, a più riprese rimpatriate, assolutamente inadeguate per un attacco al Ruanda. Ma comode per giustificare la presenza dell’esercito ruandese in Congo.
E si chiede il disarmo di ogni milizia: quindi anche di quella, spesso disorganizzata certo, a volte infiltrata da banditi, di sicuro, ma che, da sola o con i pochi militari congolesi ancora attivi, sta bloccando l’avanzata dell’M23. Intanto la forza occupante continua a uccidere, a stuprare, a taglieggiare una popolazione che è ormai alla fame. Bisogna viverci in mezzo per sentire sulla pelle l’umiliazione di chi chiede perché non sa come fare a nutrire i figli e l’impotenza di noi che rispondiamo: mi dispiace, ma non abbiamo soldi da darvi perché le banche sono chiuse.
Altra trappola, il ritorno dei rifugiati. Non ci sono quasi rifugiati congolesi in Ruanda. Piuttosto, ci sono folle di sedicenti rifugiati ruandesi che aspettano solo di entrare in Congo per installarsi e continuare ad alimentare il sogno di un grande Ruanda. È vero che si fa riferimento alle istituzioni tradizionali: quelle dovranno dire se la persona era veramente originaria di un dato luogo o no. Si vedrà.
E che dire della cooperazione economica con un Paese tuttora dedito al saccheggio di ogni cosa saccheggiabile, che attraversa le frontiere dei territori occupati? La prospettiva, come diversi dicono, sarà che il Congo rimanga la grande miniera dove la gente tribola e anche muore per pochi soldi, mentre il Ruanda il luogo delle industrie di raffinazione, e le grandi multinazionali e gli Stati che le sostengono saranno i grandi vincitori. Con la benedizione dell’amico opportunista, gli Stati Uniti.
È un caso che non appaia mai nel documento il termine “giustizia”? Che dire dei milioni di vittime, dei morti e dei sopravvissuti traumatizzati, dei bambini privati di scuola, dei giovani derubati della loro giovinezza, degli adulti privati di quel minimo vitale che fa la dignità di una persona?
Tutto questo non sarebbe successo senza la spinta di autorità congolesi che danno l’impressione di avere svenduto il Paese e il loro popolo pur di conservare il potere.
Eppure la società civile congolese, soprattutto dell’Est della RDC aveva prodotto e rivolto alle più alte autorità numerosi documenti chiarificatori, esprimendo le sue preoccupazioni. Non considerate. Il premio Nobel dottor Mukwege aveva levato la voce, con un discorso che da umanitario si è fatto sempre più politico, andando alle radici dei problemi. Come se nessuno avesse detto niente. Allora l’impressione globale è la beffa. È brutto opprimere un popolo. È peggio ancora fargli credere che lo si sta aiutando”. (Agenzia Fides 1/7/2025)