AFRICA/KENYA - Dal Kenya un allarme per la lotta all’AIDS. Gli sforzi per sconfiggere la pandemia in Africa rischiano di fallire. Dal 1984 al 2003 l’AIDS ha causato la morte di 1,6 milioni di kenioti e lasciato orfani più di 800 mila giovani sotto i 18 anni.

mercoledì, 30 novembre 2005

Roma (Agenzia Fides) - “Coordination and harmonization of programmese for fighting HIV/AIDS in Kenya”, è il rapporto presentato ieri, 29 novembre, a Roma da ActionAid International e AMREF Italia nel corso della tavola rotonda organizzata in collaborazione con l’Osservatorio Italiano sull’Azione Globale contro l’AIDS.
Il rapporto, realizzato da alcuni ricercatori dell’Università di Nairobi, valuta il livello di coordinamento esistente tra gli interventi dei diversi donatori per combattere la pandemia in Kenya. Un paese in cui le due organizzazioni sono presenti da anni e che costituisce un caso studio in grado di fornire indicazioni rilevanti per la lotta all’AIDS nel continente africano.
L’allarme sollevato dallo studio riguarda tre problemi chiave, profondamente intrecciati tra loro. Il Kenya, come molti altri paesi africani, dipende in modo eccessivo dagli aiuti esterni. Anche i piani di lotta nazionale rischiano così di dipendere troppo dai desiderata dei donatori, ciascuno dei quali agisce seguendo strategie e priorità differenti. La mancanza di un reale coordinamento tra gli interventi rischia di far fallire il Piano nazionale di lotta all’AIDS (KNASP), elaborato dal governo del Kenya e sottoscritto dai donatori per il periodo 2005-2010, con conseguenze che potrebbero rivelarsi disastrose. Infine, molti donatori non sostengono il nuovo sistema nazionale di monitoraggio e valutazione, agendo “per conto proprio” e non tenendo conto delle esigenze di armonizzazione, che sono invece fondamentali per combattere la pandemia. Situazione che crea sprechi e inutili duplicazioni.
Tutto ciò potrebbe essere evitato se i donatori aumentassero gli sforzi finanziari e politici per adeguarsi alla politica dei “Three Ones”, le indicazioni internazionali, sostenendo il finanziamento dello KNASP 2005-2010, accettando senza riserve un unico meccanismo di monitoraggio e valutazione approvato dalle autorità nazionali e un’unica struttura di coordinamento nazionale. Questo permetterebbe di ridurre i condizionamenti esterni e di adeguarsi alle priorità e alle finalità già indicate nel Piano Strategico Nazionale, che vanno dalla prevenzione alla pianificazione degli interventi per tipologia e per aree geografiche, evitando così inutili duplicazioni e sprechi di risorse. Dal canto suo, anche il governo italiano dovrebbe subordinare le strutture di coordinamento del “sistema Italia” al sostegno degli sforzi di coordinamento delle autorità keniane.
Altra raccomandazione fondamentale è che un sistema di coordinamento di tutti gli interventi di lotta alla pandemia raccolga in modo completo e partecipativo anche le istanze delle organizzazioni di persone colpite dalla malattia e della società civile, di cui anche ActionAid International e AMREF sono espressione. Questa sarà una condizione essenziale affinché il nuovo sistema possa essere davvero efficace.
In Kenya, da quando nel 1984 fu diagnosticato il primo caso di HIV/AIDS, la pandemia si è diffusa rapidamente raggiungendo, negli anni ‘90, un tasso di prevalenza nazionale pari al 15%. Nel 2001 il tasso nelle zone urbane era del 18%, rispetto al 12,5% per le aree rurali. I tassi di prevalenza erano ancora più alti in alcuni distretti, raggiungendo il 35-40% in alcune zone della provincia di Nyanza e del Kenya occidentale.
Si calcola che dal 1984 al 2003 l’AIDS abbia causato la morte di 1,6 milioni di kenioti e lasciato orfani più di 800 mila giovani sotto i 18 anni. Il Kenya Demographic Health Survey 2003 ha indicato che la prevalenza tra le donne dai 19 ai 49 anni è quasi del 9% (che corrisponde a 1,4 milioni di donne contagiate), mentre negli uomini la prevalenza per la fascia di età 15-54 anni è inferiore al 5% (equivalente a 0,9 milioni). Questo rapporto donna-uomo di 1,9 a 1 è superiore a quello riscontrato nella maggior parte degli studi della popolazione in Africa e suggerisce una maggiore vulnerabilità all’infezione da HIV per le donne in Kenya.
Come succede in molti Paesi la prevalenza tra le donne raggiunge l’apice all’età di 25-29 anni (13%), mentre tra gli uomini la prevalenza aumenta gradualmente con l’età, raggiungendo l’apice a 40-44 anni (9%). È soltanto nelle persone tra i 45 ed i 49 anni di età che la prevalenza di HIV è più alta negli uomini (5%) che nelle donne (4%). (AP) (Agenzia Fides 30/11/2005; Righe: 52; Parole:700)


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