VATICANO - LUCI ED OMBRE DELL’ASIA NEL SINODO CONTINENTALE INDETTO DA GIOVANNI PAOLO II - L’Esortazione Apostolica “Ecclesia in Asia”

mercoledì, 13 aprile 2005

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Nel novembre 1999 il Santo Padre Giovanni Paolo II si recò in India per completare l’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Asia, svoltasi a Roma dal 18 aprile al 14 maggio 1998, con la pubblicazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Asia” che contiene le direttive da seguire per il cammino della Chiesa nel continente. Contemplando il continente dove Gesù è nato e vissuto, dove la Chiesa cattolica è una esigua minoranza, dove vi sono numerosi problemi e la Chiesa è spesso perseguitata, il Papa non smette di scorgere un “nuovo e promettente orizzonte”: un “raccolto di anime che io vedo mature e abbondanti” per la missione della Chiesa nel Terzo Millennio.
Il piano salvifico di Dio “è nato in Asia”, ha scelto una tradizione asiatica, la Chiesa si è diffusa in Asia fin dai primi decenni. Sebbene sia “un mistero il perché il Salvatore del mondo, nato in Asia, è finora rimasto in larga parte sconosciuto ai popoli del continente”, il Giubileo è l’occasione di proclamare che “il salvatore del mondo…è nato in Asia” e che il Terzo Millennio cristiano porterà “un grande raccolto di fede… in questo vasto e vitale continente”. Pur ricco di contraddizioni economiche, politiche, culturali, religiose, il continente cresce nella cooperazione e nella coscienza della dignità e dei diritti umani. Il Papa sottolinea che “il desiderio”, “la sete”, “l’attesa” di Dio manifestata dai popoli asiatici: “l’Asia è assetata dell’acqua viva che solo Gesù può donare”.
La ricchezza delle religioni e delle culture asiatiche non diminuisce, ma accresce l’urgenza della missione affidata alla Chiesa. Giovanni Paolo II nei capitoli II e III dell’Ecclesia in Asia spiega perché Gesù “è l’unico Salvatore” e perché lo è “di tutti i popoli”. Il Papa descrive anzitutto la vita di Gesù con tratti “asiatici”: nato e vissuto povero, rifugiato, ubbidiente ai genitori, sempre in preghiera. Poi passa ad aspetti di Gesù totalmente estranei alle culture asiatiche: Egli è vicino ai poveri, ai peccatori, agli impuri, ai bambini, ai morti. “Fu accusato di essere un bestemmiatore, uno che violava la sacra Legge”, condannato a morte con false testimonianze. “abbandonato e umiliato, sembrò uno sconfitto”. Con la sua passione, morte e risurrezione dai morti “Gesù ha adempiuto la volontà del Padre di riconciliare con se stesso l’umanità”. Il riferimento al Padre è ciò che distingue Gesù da tanti altri “salvatori”. Gesù Cristo “vero uomo” rivela l’uomo a se stesso: in Lui si fonda “la grandezza e dignità di ogni persona”; una “nuova comunione fra gli esseri umani” e “fra cielo e terra”. Gesù Cristo, “definitivo compimento del piano di Dio” e “definitiva manifestazione del mistero del Padre” è l’unico e universale Mediatore.
Il capitolo III dell’Esortazione, dedicato allo Spirito Santo, esalta la presenza dello Spirito nella creazione, afferma che lo Spirito “procede dal Padre e dal Figlio” e che non si può separare l’opera dello Spirito da quella di Gesù Salvatore: “L’universale presenza dello Spirito Santo nella creazione non può servire come scusa per eliminare la proclamazione in modo esplicito di Gesù Cristo come l’unico e solo Salvatore”. La Chiesa, Corpo di Cristo, porta lo stesso Spirito, che la plasma come “comunità di testimoni”. La presenza della Chiesa permette “l’incontro fra Gesù Cristo e i popoli dell’Asia”.
Giovanni Paolo II sottolinea quindi l’urgenza e la necessità di proclamare la fede cristiana all’Asia senza complessi e timori: “Non ci può essere vera evangelizzazione senza l’esplicita proclamazione di Gesù come Signore”. La proclamazione di Gesù Cristo “rispetta i diritti della coscienza” e “non viola la libertà”; non ha il complesso della “provenienza occidentale” della fede cristiana e si impegna nella sfida dell’inculturazione. Al delicato tema dell’inculturazione il Papa dedica 3 paragrafi (21-23) definendone i protagonisti (anzitutto i Pastori, poi i teologi e tutto il popolo di Dio) e le aree (il pensiero, lo studio delle filosofie, la liturgia). La vita cristiana è l’ambito di inculturazione più importante: tutti i cristiani asiatici devono testimoniare nella loro esistenza la nuova vita donata da Gesù, nella preghiera, nella contemplazione e nella carità. Ogni lavoro missionario deve avere come sostegno e forma la contemplazione e non l’attivismo. Per evitare che la missione decada a solo impegno sociale e per venire incontro alle esigenze spirituali dell’Asia, il Papa “incoraggia con forza” comunità monastiche e contemplative ad aprire campi di missione in Asia, specie per un rapporto con le altre tradizioni monastiche del continente. Un modo speciale di proclamazione della fede è quella nel silenzio e nella persecuzione, con il martirio quotidiano. Il Papa ricorda “molti luoghi in Asia” dove “la libertà religiosa è sistematicamente negata o ristretta” e chiede ai governi di riconoscere tale “fondamentale diritto”.
L’urgenza della missione cristiana riemerge anche nel cap. V, dove la comunione, l’unità della Chiesa è affermata in funzione della verità della fede e della missione in Asia, continente “pieno di divisioni”. L’unità va incrementata dando più spazio ai laici, alle donne e ai giovani nelle programmazioni pastorali, ma soprattutto va espressa come solidarietà fra le Chiese. Giovanni Paolo II chiede che vengano valorizzate sempre più le antiche Chiese d’Oriente, con i ricchi tesori della tradizione e con una profonda esperienza di dialogo con il mondo ortodosso e islamico, che siano sostenute le giovanissime Chiese dell’ex Unione Sovietica, ma soprattutto desidera solidarietà per le Chiese sofferenti. Il servizio all’unità ecumenica va sostenuto attraverso “centri ecumenici di preghiera e consultazione”; il dialogo con le altre religioni attraverso luoghi di “ascetismo e misticismo cristiano”. Con precisione il Pontefice ricorda che il dialogo con le altre religioni non è irenismo, ma “espressione della missione ad gentes”.
Il VI capitolo riguarda il servizio della Chiesa alla promozione umana. L’Asia è presentata il tutto il suo ventaglio di miserie: poveri, bambini sfruttati, donne schiavizzate, rifugiati, migranti, aborigeni, malati. La salvaguardia dei diritti umani è una sfida “irrinunciabile e inevitabile” della Chiesa attraverso l’insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa, l’impegno nell’educazione e nella sanità con “una chiara identità cristiana”, l’impegno internazionale e interreligioso per la pace. Tratteggiando la mappa dell’impegno della Chiesa nel mondo globalizzato, il Papa chiede ai laici cristiani di trovare norme etiche e giuridiche per una “globalizzazione senza marginalizzazione”, per la riduzione del debito estero, per la difesa dell’ambiente.
L’ultimo capitolo - “I testimoni del Vangelo” - offre alcune linee d’impegno per la missione cristiana in Asia. Il Papa incoraggia gli antichi istituti missionari a “non vacillare nel loro impegno” e le diocesi di far sorgere locali società missionarie di vita apostolica, con specifico impegno ad gentes, ad exteros, ad vitam. La valorizzazione dei laici - e dei giovani in particolare - deve essere centrata soprattutto nella famiglia, pilastro della società asiatica e della Chiesa in Asia. Fra gli strumenti di evangelizzazione il Papa sottolinea i mass media (radio, agenzie di stampa, pubblicazioni,…) chiedendo di usarli non solo per diffondere la proclamazione, ma per integrare il Vangelo nella nuova cultura della comunicazione. Ma lo “strumento” più importante dell’evangelizzazione dell’Asia è “il numero sterminato di questi eroi della fede”, i martiri, che sono “la nuova semina in ogni punto del continente”. Ai martiri del passato si aggiungono gli attuali cristiani perseguitati: “essi sono i pilastri nascosti della Chiesa”, una parte di questa Chiesa asiatica, minoranza, ma “piena di vitalità e speranza”. Nella preghiera finale alla Madre di Cristo, Giovanni Paolo II indica Maria come modello di ogni missionario dell’Asia: “insegnaci a non aver mai timore di parlare del mondo a Gesù e di Gesù al mondo”. (Agenzia Fides 13/4/2005)


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