ASIA/INDIA - Mobilitazione dei fedeli dopo l’omicidio di un bambino cristiano

mercoledì, 4 dicembre 2013

New Delhi (Agenzia Fides) – Assicurare alla giustizia gli assassini di Anugrag Gemethi, bambino cristiano di 7 anni, chiamato anche Anmol, torturato e ucciso in un villaggio del Rajasthan (India nordoccidentale): è quanto chiede una vasta campagna di mobilitazione lanciata da diverse organizzazioni cristiane in India, di diverse confessioni. Secondo i familiari, il piccolo è stato ucciso da estremisti indù, per mandare un messaggio trasversale alla sua famiglia e alla comunità cristiana. In una nota inviata a Fides dal “Catholic Secular Forum”, una delle associazioni promotrici, si afferma: “E’ davvero scioccante che un bambino di 7 anni non sia stato risparmiato dai fondamentalisti dell’hindutva. Quel che è peggio è che la polizia non sia in grado di identificare gli assassini e assicurarli alla giustizia”. La campagna, titolata “Giustizia per il martire Anmol”, intende sensibilizzare i leader della Chiesa e le istituzioni politiche e giudiziarie, nei più alti gradi. Si chiede una punizione severa per i killer, nel nome della legalità; lo stop alla “persecuzione dei cristiani indiani”; un risarcimento per la famiglia del bambino.
Anugrag Gemethi è stato torturato e ucciso nel villaggio di Gamidi, che si trova nel distretto di Dungerpur, nello stato di Rajasthan. Il corpo del piccolo è stato trovato in un laghetto il 18 novembre scorso, dopo una giornata di intense ricerche. Il suo volto era mutilato, privo di occhi, naso e orecchie, e irriconoscibile. Vi erano segni di bruciature sull’addome, le dita dei piedi erano mozzate e tagli profondi su una mano su un braccio. Secondo il rapporto dell'autopsia, la causa della morte è l’annegamento e altre ferite sono imputabili a “morsi di animali”. Cinque testimoni in ospedale dicono, invece, che sul cadavere erano evidenti segni di tortura, ignorati dal medico.
Il padre del ragazzo, Harish Gemethi, ha spiegato alla polizia che “da anni alcuni estremisti indù locali minacciano di uccidermi e hanno danneggiato la mia famiglia innumerevoli volte”. L’uomo ha fatto i nomi degli aggressori, chiedendo agli investigatori di indagare su di loro, ma finora i suoi suggerimenti sono stati ignorati. Nel villaggio esiste una comunità cristiana di 45 credenti, nata nel 2003. A settembre scorso, un gruppo di estremisti indù ha bloccato un incontro di preghiera dei fedeli, minacciando i presenti di morte.
Il Pastore protestante P.S. Jose, segretario diocesano della “Chiesa dei credenti” in Rajasthan, in una lettera alle istituzioni denuncia “il grave ritardo delle polizia nelle indagini”, parlando di “grave brutalità contro i cristiani” e chiedendo “giustizia per una famiglia in lutto”. (PA) (Agenzia Fides 4/12/2013)


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