ASIA/INDONESIA - Attivisti di Sumatra: “Presentare all’Onu le restrizioni al culto cristiano”

mercoledì, 23 maggio 2012

Medan (Agenzia Fides) – Le restrizioni al culto, gli abusi della libertà religiosa, le crescenti intimidazioni verso i credenti perpetrate da gruppi radicali islamici in Indonesia, meritano di essere presentate al Consiglio Onu per i Diritti Umani: è quanto affermano attivisti per i diritti umani nell’isola di Sumatra, nel Nord dell’arcipelago. Di recente gruppi radicali islamici hanno costretto alla chiusura 17 fra chiese e sale di preghiera ad Aceh (nel nord di Sumatra), provincia in cui è in vigore la legge islamica (vedi Fides 21/5/2012). Episodi simili si registrano, come riferiscono fonti locali di Fides, anche nel Sud di Sumatra: nell’arcidiocesi di Palembang la comunità cattolica del villaggio di Muara Enim si è vista negare dalle autorità civili il permesso di costruire una chiesa, a causa del mancato benestare dei leader musulmani locali.
In occasione della “Giornata del Risveglio nazionale” celebrata il 20 maggio, che in Indonesia è una festività nazionale in cui si ricordano i “Cinque Principi” (Pancasila) alla base della convivenza civile, gli attivisti lanciano l’allarme sul crescente numero di intimidazioni e restrizioni al culto verso i credenti delle minoranze religiose, soprattutto cristiani.
“Oltre a violare i diritti umani, i divieti imposti arbitrariamente dagli estremisti dovrebbe essere affrontati penalmente. E’ necessario presentare reclamo al Consiglio Onu per i Diritti Umani” ha detto John Agus, attivista per i diritti umani di Medan, poco a sud di Aceh. “Siamo preoccupati perchè il governo e la polizia chiudono gli occhi, consentendo la violenza da parte di gruppi radicali. Questa è una macchia sulla leadership del presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono”. La polizia infatti, avrebbe tutti i mezzi per fermare minacce e attacchi contro le chiese, spiega Agus, ma spesso ci sono legami fra gli agenti e tali gruppi, che quindi agiscono indisturbati.
“Le azioni intraprese da alcuni gruppi superano il teppismo: sono autentiche minacce alla sicurezza dei cittadini che praticano la loro religione. I funzionari governativi e di polizia che non intervengono sono anch’essi complici delle violazioni dei diritti umani” denuncia il leader. “Questo problema – conclude – se non affrontato in tempo, potrebbe minacciare la democrazia nel paese. Tutti dovrebbero opporsi alla violenza dei gruppi radicali”, per preservare la Pancasila, il pluralismo e la tolleranza in Indonesia. (PA) (Agenzia Fides 23/5/2012)


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