BURKINA FASO - Il Centro Medico San Camillo di Ouagadougou e la prevenzione della trasmissione madre-bambino dell’HIV/AIDS

sabato, 3 aprile 2004

Ouagadougou (Agenzia Fides) - Il Burkina Faso é uno dei Paesi dell’Africa Occidentale più colpiti dalla pandemia da HIV/AIDS. Su una popolazione di poco più di 12 milioni di abitanti, l’OMS stima che, ogni anno, più di 40.000 persone contraggano l’infezione, tra cui 10.000 bambini contaminati dalla madre durante la gravidanza, al momento del parto e nel corso dell’allattamento. Nel contesto africano, il rischio di contrarre l’HIV per via materna raggiunge infatti il 30-45% a causa sia delle frequenza di altre infezioni nella gestante, in primo luogo la malaria, sia delle carenze nutrizionali e dell’anemia di cui spesso soffrono le future madri, sia infine del lungo periodo di allattamento al seno, che si protrae in media fino ai due anni. In Africa, in metà circa dei bambini infettati, l’AIDS si manifesta rapidamente e provoca la morte entro il secondo anno, mentre gli altri sviluppano la malattia più lentamente nel corso dei primi dieci - dodici anni vita.
A fronte di questa situazione, nel 2002 il Ministero della Sanità del Burkina Faso ha adottato un Programma nazionale di prevenzione della trasmissione madre-bambino, identificando il Centro Medico San Camillo (CMSC) di Ouagadougou, capitale del Paese, come primo sito pilota in cui testare l’accettabilità e la fattibilità dei protocolli raccomandati dall’OMS. Il CMSC, che pratica oltre 7.000 parti all’anno, é infatti il piu’ importante polo per la salute materno-infantile della capitale, é dotato di uno dei laboratori piu ‘ qualificati del Paese ed é da tempo impegnato nella lotta all’AIDS, in particolare per quanto riguarda la sorveglianza epidemiologica, la verifica dell’efficacia di trattamenti a base di piante medicinali locali e l’assistenza ad oltre 900 malati, di cui 92 sotto triterapia antiretovirale.
L’accesso ai protocolli di prevenzione della trasmissione madre-bambino, la cui efficacia ed innocuità é già stata scientificamente dimostrata, é totalmente gratuito grazie al contributo dell’iniziativa OMS/Italia di lotta all’AIDS in Africa e di quello dell’UNICEF.
Dal maggio 2002, tutte le donne in gravidanza che frequentano il consultorio materno-infantile del CMSC possono quindi, se lo desiderano, effettuare il test di screening dell’HIV, che é preceduto e seguito da sedute di counselling, individuali e coperte dal segreto professionale. Sempre se lo desiderano, le future madri possono inoltre invitare il proprio partner ad usufruire dello stesso servizio.
Il carattere volontario dello screening é estremamente importante in quanto un risultato positivo puo’ comportare per la donna gravi conseguenze sul piano sociale, quali l’abbandono da parte del marito e l’ostracismo da parte della comunità. Questi rischi sono pertanto discussi nel corso del counseling ed il test viene effettuato solo quando la futura madre é pienamente consapevole non solo dei vantaggi ma anche degli svantaggi dello screening.
Tra maggio 2002 e gennaio 2004, oltre 200 donne seguite in gravidanza presso il CMSC sono risultate infettate dal virus. Queste pazienti sono state invitate a sottoporsi a visite di controllo medico ed ostetrico piu’ frequenti ed a seguire una profilassi a base di un farmaco antiretrovirale, nella maggior parte dei casi la nevirapina. Due sole dosi di questo farmaco, una assunta dalla madre all’inizio del travaglio del parto ed una dal neonato nei primi giorni di vita, permettono infatti di ridurre della metà il rischio di trasmissione del virus.
Per quanto riguarda l’alimentazione del bambino, questa si basa, a seconda della scelta della madre, sull’allattamento artificiale o sullo svezzamento precoce al quarto mese di vita. Le due opzioni debbono essere proposte in quanto, come nella maggior parte dell’Africa, le famiglie burkinabé hanno difficoltà ad accettare l’allattamento artificiale, e questo sia per motivi culturali che per ragioni pratiche, in primo luogo l’accesso all’acqua potabile.
Nel 2003, tutte le donne sieropositive depistate in gravidanza presso il CMSC sono inoltre sottoposte a conta dei linfociti CD4 - esame che permette di valutare la compromissione del sistema immunitario della paziente - e, se necessario, hanno iniziato la triterapia antiretrovirale a partire dal terzo mese di gestazione. Questo é stato possibile grazie al sostegno economico di un’industria privata burkinabé ed all’assistenza tecnica dell’Università e degli Spedali Civili di Brescia. Il CMSC é al momento alla ricerca di finanziamenti per far accedere alla triterapia nuove pazienti e per estendere le stesse prestazioni ai bambini ed ai partner infettati.
Infine, dal 2003 il CMSC partecipa alla ricerca di un vaccino pediatrico anti-HIV patrocinata dall’UNESCO e condotta dall’Università “Tor Vergata” di Roma in collaborazione con i professori Montagnier e Gallo, a cui si deve la scoperta del virus dell’AIDS. Il fine della ricerca é quello di elaborare un vaccino da amministrarsi alla nascita al momento dell’inoculazione del BCG, già praticata su larga scala per proteggere il neonato dalla tubercolosi. Il BCG ha infatti la proprietà di stimolare la risposta immunitaria dell’organismo anche contro altri agenti patogeni. Questo intervento mira a proteggere il bambino dal rischio di trasmissione dell’HIV presente nel latte materno, permettendo così alla madre sieropositiva di praticare senza rischio l’allattamento al seno, che costituisce l’alimentazione piu adatta al neonato e più conforme al contesto socio-economico africano. (AP) (3/4/2004 Agenzia Fides)


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