AFRICA/SUDAN - MONS. GASSIS, VESCOVO DI EL OBEID: “LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE NON DIMENTICHI IL DIRITTO ALL’ AUTODETERMINAZIONE DELLE POPOLAZIONI SUDANESI”

lunedì, 26 gennaio 2004

Khartoum (Agenzia Fides)-“Bisogna tenere alta l’attenzione della comunità internazionale sul Sudan, specie in questo momento in cui un accordo di pace appare a portato di mano” dice all’Agenzia Fides mons. Macram Max Gassis, Vescovo di El Obeid (sud Sudan). “Per questo motivo ho inviato una lettera a Karl Rove, Consigliere Speciale del Presidente statunitense Bush per richiamare l’attenzione del governo americano, che sta esercitando pressioni per arrivare presto ad un accordo, sulla questione ancora irrisolta dello statuto di 3 regioni contese, i monti Nuba, Abiey, il sud dello Stato del Nilo Blu. Non si sa ancora se passeranno sotto il controllo del SPLA/M o sotto quello governativo”.
Lo SPLA/M (Movimento/Esercito di Liberazione Nazionale Popolare del Sudan) è il movimento che da decenni combatte contro il governo di Khartoum per rivendicare il diritto di autodeterminazione delle popolazioni del sud del Sudan. Dopo anni di guerra e almeno due milioni di vittime, governo e guerriglia hanno raggiunto un’intesa militare che prevede il ritiro delle truppe governative dal sud Sudan e la progressiva fusione di quelle del SPLA/M con le truppe regolari, per formare un nuovo esercito unificato. È stato anche raggiunto un accordo politico in base al quale dopo un periodo di transizione di 6 anni, si terrà un referendum di autodeterminazione per le regioni meridionali del paese. Restano per il momento escluse dagli accordi le tre regioni che delimitano il sud dal nord del paese. “Nella lettera inviata a Washington” dice mons, Gassis “affermo che qualsiasi intesa di pace, che esclude le aspirazioni e le speranze della popolazione di queste aree, porterà all’assimilazione di queste popolazioni del nord arabo musulmano, mettendo così in pericolo gli stessi accordi di pace”.
“Il governo di Khartoum sta giocando con le parole” continua il Vescovo. “Quando si discute della sorte delle tre regioni contese, il governo non fa riferimento al ‘diritto all’autodeterminazione’, ma ad una generica ‘consultazione popolare ’.Le convenzioni internazionali sui diritti umani fanno invece specifico riferimento al diritto all’autodeterminazione”.
“La guerra poi non si è fermata, ma si è spostata nell’ovest e nell’est del paese” dice mons. Gassis. “Il governo tende a sminuire le notizie degli scontri e parla di forme di ‘banditismo armato’, ma diversi osservatori hanno denunciato che sono le milizie filo-governative a condurre azioni violente per reprimere il movimento di liberazione delle popolazioni dell’ovest. Anche ad est sulle rive del Mar Rosso, dove da anni le popolazioni Beja stanno lottando per affermare i loro diritti, sono segnalati pesanti scontri”.
Secondo notizie riportate dalla stampa internazionale i combattimenti nell’ovest hanno spinto oltre 100mila persone a rifugiarsi nel confinante Ciad, dove rischiano di morire di fame. Le organizzazioni umanitarie hanno avviato un programma urgente per soccorrere i rifugiati, ma devono affrontare enormi difficoltà logistiche. (L.M.) (Agenzia Fides 26/1/2004, righe 40 parole 476)


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