“FACCIAMO AI POVERI QUELLO CHE FAREMMO A GESU’”: UN REDATTORE DI FIDES HA VISSUTO UN’INTERA GIORNATA CON LE SUORE DI MADRE TERESA, QUESTA E’ UNA CRONACA DI CARITA’ E AMORE, CATECHESI CONCRETA PER TUTTI

sabato, 18 ottobre 2003


Roma (Agenzia Fides) - Antilla Kalathil è nata in India nello Stato di Kerala 43 anni fa; Jeanne Françoise, 28 anni, è nata in Ruanda; Karima, 26 anni è nata in Germania; Maria Pia (50 anni) e Paola (26 anni) sono italiane; Edward (40 anni) e Stefano (46 anni) sono americane e Robert (56 anni) viene dalla Cina. Cosa hanno in comune queste donne di origini e culture così diverse?
Si svegliano tutte le mattine alle 4,40, indossano un sari bianco bordato di azzurro amorevolmente confezionato in un lebbrosario indiano di Titagor “da lebbrosi che a volte non hanno neanche le dita”, come spiega suor Simona, religiosa austriaca, Provinciale delle Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta a Roma. Alle 5 della mattina si riuniscono insieme alle altre 21 religiose, vestite allo stesso modo, in una modesta cappella, la stanza migliore di tutto il convento che si trova accanto alla Basilica di San Gregorio al Celio a Roma, per iniziare una giornata articolata tra momenti di intensa vita di preghiera, servizi domestici all’interno del convento, celebrazione della Santa Messa, e, cosa che amano fare più di ogni altra dopo la preghiera, cura dei circa 80 poveri che vivono nella Casa di Accoglienza da loro dirette, il cui aspetto può essere definito “sontuoso” se paragonato al convento o senza dubbi molto più confortevole.
La prima impressione che un osservatore può farsi di queste religiose entrando nelle stanze di uno dei loro conventi a Roma, nonostante il loro aspetto fisico ed il sorriso costante, è quello di uno stile di vita gioioso e sereno, sebbene povero e austero. L’edificio comprende un corridoio stretto, di cemento, senza marmo né pietre, con tre o quattro sale per ogni lato. Non ci sono opere d’arte prestigiose come dipinti o sculture antiche, le uniche sono quelle amorevolmente concepite e scolpite dallo stesso Dio, attraverso la fondatrice della congregazione, Madre Teresa di Calcutta, che ha saputo infondere nell’anima di queste religiose uno spirito che sfida i nostri tempi. Alcuni “piccoli dettagli” lasciano intravedere questo spirito dai sari bianchi.
Quando lavorano in mezzo ai poveri le religiose sono di poche parole, molto lavoro sempre accompagnato dalla preghiera, dal sorriso e dal buon umore. Per i corridoi e le stanze della Casa di Accoglienza le suore lavano i muri, rifanno i letti, fanno il bucato, stirano, cucinano, distribuiscono cibo alle famiglie che assistono e pregano con loro. Ho chiesto ad una delle religiose quale fosse il senso di questo loro pregare con i poveri: “Confortarli spiritualmente e far comprendere loro che l’assistenza e il cibo che ricevono sono frutto della Provvidenza divina” mi ha risposto la suora.
Le religiose lavano a mano le lenzuola degli 80 letti della casa, senza lavatrice, dicendo: “se avessimo lavatrici non saremmo più come i poveri. Madre Teresa ha sempre detto che per capire i poveri bisogna essere poveri, e il povero lava le lenzuola a mano...” In realtà, la semplicità della risposta nasconde quello che può essere definito il fulcro del carisma di questa congregazione, che dopo 53 anni dalla sua fondazione conta oggi 4.500 religiose sparse in 123 paesi di Europa, Asia, Africa, America. A proposito del loro carisma, suor Simona, Superiora delle Missionarie della Carità della Provincia di Roma, mi ha spiegato che: “le missionarie della Carità fanno 4 voti: povertà, obbedienza, castità e servizio gratuito ai più poveri dei poveri. Non siamo chiamate ad essere solamente efficienti, ma in tutto quello che facciamo desideriamo saziare la sete di Cristo nella Croce al servizio dei poveri. Il nostro voto è di povertà e non di efficienza economica, così se è vero che se usassimo lavatrici o altre macchine moderne saremmo ancora più efficienti - ma le nostre mani sarebbero diverse - è altrettanto vero che questa potrebbe essere una tentazione. Tutta la nostra esistenza gira intorno all’amore per Gesù verso i poveri, perché la nostra Fondatrice ci ha insegnato che in loro c’è Gesù. Facciamo ai poveri quello che faremmo a Gesù. Questo è il principio che guida tutta la nostra esistenza e trasforma le nostre giornate in un continuo incontro con Cristo: dare l’Eucaristia, visitare i più poveri dei poveri, dar loro da mangiare e vestirli, lavare i vestiti e le lenzuola a mano, prendersi cura degli orfani e dei lebbrosi si trasforma in una grande gioia, perchè facciamo tutto questo per Gesù”.
Il carisma di queste Missionarie non passa inosservato ai loro assistiti. Tommaso Pompei è un esempio. Italiano, 43 anni, è stato abbandonato dalla famiglia ed è disoccupato. Tommaso ha un cancro ai polmoni e non ha dove andare, da tre mesi vive nella Casa di Accoglienza. Parlando delle religiose dice: “Quello che mi piace di queste suore è la loro umanità, la loro dolcezza e la loro forza di volontà, mi piace tutto quello che fanno dalle 5 della mattina, oltre a pregare e accudire noi. Mi piace il rispetto che hanno per noi, ci considerano come dei figli”. Nadi Abdi Magid è un altro esempio. Marocchino, di religione musulmana, ha 47 anni, è arrivato a Roma nel 1993 in cerca di migliori condizioni di vita. E’ separato dalla sua famiglia, disoccupato e soffre d’asma. Non avendo dove andare, vive anche lui nella Casa di Accoglienza da otto mesi. Parla delle suore con commozione: “le religiose di Madre Teresa sono oggi l’unica famiglia che ho. Quando ero in ospedale mi venivano a trovare, lavavano i miei vestiti. Le ammiro e le rispetto, non solo per quello che fanno per me ma anche per quello che fanno per tutti. Sono sempre tra i sofferenti e gli anziani, ma con il sorriso. Lavano, puliscono, medicano le ferite... sempre con il sorriso. Sembra che queste suore vivano in paradiso, e credo che tutte loro andranno in paradiso”.
Un altro aspetto importante dell’eredità spirituale di Madre Teresa può essere compreso quando le trenta religiose che vivono nel convento di Roma a San Gregorio al Celio si riuniscono per pregare e mangiare. Europee, nord americane, asiatiche e africane: cuori e culture diversi sembrano formare una sola famiglia. “E’ lo Spirito Santo a creare questa unione. Inoltre, il desiderio di vivere per uno stesso ideale, quello di saziare la sete di Cristo nell’amore verso i poveri, ci unisce”, ha detto suor Simona. “Indossiamo tutte lo stesso abito, il sari confezionato dai lebbrosi. Le donne che possono permetterselo in India spendono molto per farsi fare sari con tessuti pregiati. I nostri sono pregiati non per il tessuto ma per chi li fa, lebbrosi che a volte non hanno neanche le dita della mano. Per questo sono per noi qualcosa di sacro e un simbolo del nostro impegno” ha aggiunto.
Le 4.500 Missionarie della Carità sparse in tutto il mondo hanno un programma quotidiano molto ben dettagliato: si riuniscono alle 5 della mattina in cappella per pregare e fare meditazione. Alle 6 puliscono il convento in assoluto silenzio e alle 6,30 ritornano nella cappella per la celebrazione della Santa Messa. Poi prendono un caffè e dalle 8 alle 12 si dedicano a quelle che chiamano “opere apostoliche” nelle case di accoglienza per i poveri, i lebbrosari, gli orfanotrofi, gli asili e gli ospedali. Alle 12 rientrano tutte in convento per il pranzo, mangiano lo stesso cibo che offrono ai loro poveri, e alle 12,30 fanno trenta minuti di preghiera, poi riposano una mezz’ora. Alle 15 si riuniscono nuovamente in cappella per l’adorazione fino alle 16,30, quando ritornano al loro lavoro di apostolato. Alle 19,30 cenano, pregano 20 minuti, si riposano 30 minuti e alle 21 si riuniscono nella cappella per la preghiera della sera, concludendo così la giornata. “Siamo chiamate ad essere contemplative in mezzo al mondo. Per questo abbiamo bisogno di pregare”, spiega suor Simona. “La preghiera è una condizione per mantenere il cuore puro con cui possiamo vedere Gesù nei poveri”.
La Congregazione delle Missionarie della Carità è stata fondata il 7 ottobre 1950 da Madre Teresa di Calcutta che il 19 ottobre 2003 viene beatificata da Papa Giovanni Paolo II. (M.R.) (Agenzia Fides 18/10/2003 - Righe 86; Parole 1.330)


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