VATICANO - Progettare e costruire il tempio di Dio. Un contributo della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa a cura di Sua Ecc. Mons. Mauro Piacenza. “La custodia eucaristica”

venerdì, 21 aprile 2006

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - La parola “tabernacolo” compare a metà del XII secolo per designare la tenda (tabernaculum) di stoffa preziosa che ricopriva le pissidi. Il termine è ricco di richiami biblici, evocando il “santuario” di Dio nel deserto (cfr Es 33, 7), il Verbo che “pose la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1, 14) e la “dimora” di Dio con gli uomini nella Gerusalemme celeste (cfr Ap 21, 3).
La conservazione dell’Eucaristia si è sempre praticata nella Chiesa, per i malati e per il viatico ai moribondi (Concilio di Nicea, 325) e le modalità di tale “riserva” sono state varie. Le teche contenenti le sacre specie, ad esempio, erano depositate in edicole incassate nel muro laterale del presbiterio o della sacristia (armarium, sacrarium), in seguito utilizzate per la conservazione degli oli santi. L’Eucaristia poteva essere conservata anche sopra l’altare in pissidi a forma di coppa (ciborium), di scrigno o di colomba, appesi mediante catenelle al baldacchino e coperti da un drappo (tabernaculum). A questi si aggiunsero, nei secoli XV-XVI, le torri eucaristiche che, oltre alla custodia, permettevano la continua visione della pisside, testimoniando già un culto eucaristico, che aveva avuto impulso decisivo dalla festa del Corpus Domini (1264).
Il culto dell’Eucaristia nella Chiesa cattolica si accentuò provvidenzialmente a seguito della negazione della transustanziazione e della presenza reale da parte dei Protestanti, con ripercussioni anche nell’assetto architettonico delle chiese, ad opera di vescovi come M. Giberti a Verona e C. Borromeo a Milano. Dall’epoca tridentina il tabernacolo acquisì la forma e la posizione che mantenne per molti secoli: un tempietto, solido e fisso, al centro dell’altare, chiuso da una robusta porta. Abitualmente era rivestito all’interno da stoffe preziose e all’esterno da un velo bianco o dei colori liturgici (conopeo). Era anche sovrastato da una croce, per significare la relazione con la Santa Messa e il sacrificio di Cristo, sottolineata pure dalla vicinanza con la mensa dell’altare. Nel quadro della pietà eucaristica, il tabernacolo assunse pure la funzione di supporto per l’ostensorio durante l’esposizione eucaristica.
Anche nelle chiese attuali è importante stabilire architettonicamente fra l’altare e il tabernacolo quel legame che esiste fra la celebrazione e l’adorazione eucaristica; tuttavia non è più possibile la collocazione sulla mensa, perché nasconderebbe le specie e i gesti del celebrante e inoltre, l’Eucaristia sarebbe già presente sull’altare prima della celebrazione.
Riguardo poi alla collocazione del tabernacolo, le norme suggeriscono o lo stesso presbiterio o una “cappella adatta all’adorazione e alla preghiera privata dei fedeli, unita strutturalmente con la chiesa e ben visibile ai fedeli” (OGMR 315). È evidente che nel primo caso si hanno in mente chiese già esistenti, in cui non è opportuno smantellare l’antico altare maggiore, o chiese di piccole dimensioni, mentre, nel secondo, si contempla il caso di nuove chiese o di edifici antichi, dove sia possibile un congruo adeguamento.
Molti tabernacoli moderni presentano un supporto a colonna, ispirato probabilmente alle torri eucaristiche medievali. Questa forma potrebbe suggerire l’albero della vita (cfr Gen 2, 9 e Ap 22, 2), la colonna di fuoco nel deserto (cfr Es 13, 21) o una di quelle colonne che si intaglia la Sapienza come simbolo di solidità (cfr Pr 9, 1); la torre suggerisce il legame fra il cielo e la terra e la solidità del materiale la presenza del Signore stabile e fedele (cfr Sal 61, 4). Bisogna prestare attenzione a che lo spazio sacro e i suoi arredi non solo siano funzionali, ma esprimano nella loro fattura ciò che significano.
A ciò contribuiscono certamente anche le immagini, sia nell’ambiente (vetrate, muri) sia nella struttura (porticina e sostegno). Il Lezionario e il Messale offrono infinite ispirazioni agli artisti: la conoscenza del mistero cristiano nelle sue fonti (Sacra Scrittura, Liturgia, Catechismo), così come la tradizione artistica cristiana, a cui si aggiunge la preghiera, secondo la grande tradizione degli iconografi sacri, uniti al talento, sono gli elementi fondamentali perché possa nuovamente fiorire un’arte a servizio della liturgia, che sappia parlare all’uomo di oggi. + Mauro Piacenza, Presidente della Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa. (Agenzia Fides 21/4/2006, righe 49, parole 679)


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