AFRICA/UGANDA - “No alla legalizzazione dell’aborto attraverso la ratifica del Protocollo di Maputo” scrivono i Vescovi ugandesi

giovedì, 26 gennaio 2006

Kampala (Agenzia Fides)- I Vescovi dell’Uganda esprimono la loro forte opposizione alle norma sul diritto all’aborto contenute nel Protocollo sui Diritti delle Donne in Africa (conosciuto anche come Protocollo di Maputo) adottato dalla seconda Sessione ordinaria dell’Unione Africa a Maputo l’11 luglio 2003. Il Protocollo di Maputo non è stato ancora ratificato dal Parlamento ugandese. Per questo motivo la Conferenza Episcopale Ugandese ha pubblicato, il 19 gennaio, una “Lettera aperta al governo e al popolo dell’Uganda sulla ratifica del Protocollo della Carta dei Diritti degli Individui e dei Popoli: sui diritti delle donne in Africa”.
La norma del Protocollo che ha suscitato l’opposizione della Chiesa cattolica è quella contenuta nell’articolo 14 al paragrafo 2c che stabilisce di “proteggere i diritti riproduttivi delle donne autorizzando l’aborto medico nei casi di stupro, incesto, e quando la continuazione della gravidanza mette in pericolo la salute fisica e mentale della madre o la vita della madre o del feto”.
“Finora, 16 Paesi africani hanno ratificato il Protocollo” scrivono i Vescovi. “Ci domandiamo quanti cittadini di questi Paesi sono consapevoli della decisione dei loro legislatori. Ci chiediamo se gli stessi cittadini africani sono consapevoli che l’Unione Africana, con questo Protocollo, ha introdotto il primo strumento dei diritti umani che afferma espressamente il diritto della donna di abortire in specifiche circostanze. Mai prima un protocollo internazionale si è spinto così in avanti! Crediamo fermamente che il popolo africano non desiderano questo”.
“Siamo sicuri che il popolo dell’Uganda non desidererà mai una cosa del genere” affermano i Vescovi. “Per questo motivo abbiamo ritenuto essenziale di portare la questione alla pubblica attenzione. L’Uganda ha firmato il Protocollo, ma non lo ha ancora ratificato. Questo significa, che il Protocollo non è in vigore in Uganda e non avrà valore legale fino a quando non sarà ratificato e confermato”.
“L’aborto è sempre una sconfitta dell’umanità” ribadiscono i responsabili della Chiesa cattolica in Uganda. “Le situazione di forte sofferenza menzionato nel testo del Protocollo non possono dare origine al diritto di sopprimere una vita innocente. Questo si applica ancora meno a un non bene definito “pericolo per la salute fisica e mentale della madre o la vita della madre o del feto”, che di fatto, apre la porta all’aborto su richiesta”.
I Vescovi indicano la strada per evitare che le donne si trovino nelle condizioni menzionate dall’articolo 14.2c del Protocollo di Maputo. “Siamo convinti che solo un consistente e sincero programma di educazione a una corretta e totalmente umana pratica della sessualità può fermare la diffusione di questo tipo di comportamenti che porta a stupri, incesti, e infine alle “gravidanze indesiderate”.
“Incoraggiamo tutti gli uomini e le donne di buona volontà di domandare ai candidati che chiedono il nostro voto nel periodo elettorale quale saranno le loro intenzioni sulla legalizzazione dell’aborto in Uganda e sulla ratifica del Protocollo di Maputo” affermano i Vescovi. “Incoraggiamo tutti gli uomini e le donne che condividono le nostre preoccupazioni di condizionare specificamente il loro voto all’assicurazione e all’impegno del candidato di non approvare entrambi”.
Finora 38 Paesi africani hanno firmato il Protocollo di Maputo; di questi 16 lo hanno ratificato, 3 (Libia, Rwanda, Senegal) esprimendo riserve sull’articolo 14.2(c). (L.M.) (Agenzia Fides 26/1/2006 righe 46 parole 545)


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