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Città del Vaticano (Agenzia Fides) - «La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati. Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo». Papa Leone ha citato il suo predecessore Benedetto XVI, per suggerire la missione che la Chiesa può abbracciare solo se con docilità si lascia continuamente animare e ravvivare dall’operare dello Spirito Santo. Lo ha fatto oggi, domenica 8 giugno, Solennità di Pentecoste in cui Papa Prevost ha presieduto la liturgia eucaristica celebrata sul sagrato della Basilica di San Pietro davanti a una moltitudine di almeno 80 mila romani e pellegrini giunti nell’Urbe in questi giorni per partecipare al Giubileo dei movimenti, delle associazioni e delle nuove comunità.
Nell’omelia, Papa Leone si è soffermato sulle diverse frontiere che l’azione dello Spirito aiuta a attraversare e a cancellare.
L’esperienza a cui guardare - suggerisce il Vescovo di Roma - è sempre quella degli Apostoli, nelle cui vite lo Spirito opera «qualcosa di straordinario». Dopo la morte in croce di Gesù «si erano rinchiusi nella paura e nella tristezza». Poi incontrano Gesù risorto, e ricevono il dono dello Spirito Santo, che «vince la loro paura, spezza le catene interiori, lenisce le ferite, li unge di forza e dona loro il coraggio di uscire incontro a tutti ad annunciare le opere di Dio»
Lo Spirito Santo - ha ricordato il Pontefice - «apre le frontiere anzitutto dentro di noi». È «il Dono che dischiude la nostra vita all’amore», che «scioglie le nostre durezze, le nostre chiusure, gli egoismi, le paure che ci bloccano, i narcisismi che ci fanno ruotare solo intorno a noi stessi».
Lo Spirito «apre le frontiere anche nelle nostre relazioni. Infatti, Gesù dice che questo Dono è l’amore tra Lui e il Padre che viene a prendere dimora in noi. E quando l’amore di Dio abita in noi, diventiamo capaci di aprirci ai fratelli, di vincere le nostre rigidità, di superare la paura nei confronti di chi è diverso, di educare le passioni che si agitano dentro di noi», compresi i pericoli nascosti che inquinano le relazioni. «Penso anche, con molto dolore - ha aggiunto il Papa - a quando una relazione viene infestata dalla volontà di dominare sull’altro, un atteggiamento che spesso sfocia nella violenza, come purtroppo dimostrano i numerosi e recenti casi di femminicidio».
Lo Spirito Spirito - ha proseguito il Successore di Pietro - «apre le frontiere anche tra i popoli. A Pentecoste gli Apostoli parlano le lingue di coloro che incontrano e il caos di Babele viene finalmente pacificato dall’armonia generata dallo Spirito. Le differenze, quando il Soffio divino unisce i nostri cuori e ci fa vedere nell’altro il volto di un fratello, non diventano occasione di divisione e di conflitto, ma un patrimonio comune da cui tutti possiamo attingere, e che ci mette tutti in cammino, insieme, nella fraternità».
Invece «oggi nel mondo» ha rimarcato Papa Leone, citando Papa Francesco «c’è tanta discordia, tanta divisione. Siamo tutti collegati eppure ci troviamo scollegati tra di noi, anestetizzati dall’indifferenza e oppressi dalla solitudine». E di tutto questo «sono tragico segno le guerre che agitano il nostro pianeta. Invochiamo lo Spirito dell’amore e della pace» ha proseguito il Pontefice «perché apra le frontiere, abbatta i muri, dissolva l’odio e ci aiuti a vivere da figli dell’unico Padre che è nei cieli».
Sempre in piazza San Pietro, nella serata di Sabato 7 giugno, Papa Leone XIV aveva presieduto la veglia di Pentecoste con decine di migliaia di appartenenti a movimenti, associazioni e nuove comunità accorsi a Roma per prendere parte al loro evento giubilare. «L’evangelizzazione – ha detto loro il Pontefice nell’omelia pronunciata durante la Veglia - non è una conquista umana del mondo, ma l’infinita grazia che si diffonde da vite cambiate dal Regno di Dio. È la via delle Beatitudini, una strada che percorriamo insieme, affamati e assetati di giustizia, poveri di spirito, misericordiosi, miti, puri di cuore, operatori di pace». E “Per seguire Gesù su questa via da Lui scelta - ha aggiunto Leone XIV -non occorrono sostenitori potenti, compromessi mondani, strategie emozionali. L’evangelizzazione è opera di Dio e, se talvolta passa attraverso le nostre persone, è per i legami che rende possibili. Siate dunque legati profondamente a ciascuna delle Chiese particolari e delle comunità parrocchiali dove alimentate e spendete i vostri carismi».
La mattina di venerdì 6 giugno, Papa Leone aveva incontrato nella Sala Clementina i “moderatori” desse Associazioni di fedeli, dei Movimenti ecclesiali e delle nuove comunità che avevano partecipato all’incontro annuale organizzato per lodo dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Nel discorso pronunciato in quell’occasione, Papa Leone, tra le altre cose, ha ricordato che «La vita cristiana non si vive nell’isolamento, come se fosse un’avventura intellettuale o sentimentale, confinata nella nostra mente e nel nostro cuore. Si vive con gli altri, in un gruppo, in una comunità, perché Cristo risorto si rende presente fra i discepoli riuniti nel suo nome».
Rivolto ai “moderatori di Associazioni, Movimenti e nuove Comunità, Papa Leone ha ricordato anche che «Tutto nella Chiesa si comprende in riferimento alla grazia: l’istituzione esiste perché sia sempre offerta la grazia, i carismi sono suscitati perché questa grazia sia accolta e porti frutto. Senza i carismi - ha aggiunto il Pontefice - c’è il rischio che la grazia di Cristo, offerta in abbondanza, non trovi il terreno buono per riceverla! Ecco perché Dio suscita i carismi, perché questi risveglino nei cuori il desiderio dell’incontro con Cristo, la sete della vita divina che Lui ci offre, in una parola, la grazia» (GV) (Agenzia Fides 8/6/2025)