AFRICA/BURUNDI - I frutti, i fallimenti, le ferite, i nuovi inizi. L’Arcivescovo Nahimana racconta 125 anni di Vangelo in Burundi

venerdì, 17 marzo 2023 chiese locali  


di Luca Mainoldi
Gitega (Agenzia Fides) – “La famiglia è stata fin dall’inizio della nostra evangelizzazione la prima cellula della Chiesa burundese” dice Bonaventure Nahimana, Arcivescovo di Gitega e Presidente della Conférence des Evêques Catholiques du Burundi (CECAB), in un’intervista all’Agenzia Fides.

La Chiesa celebra i 125 anni dell’evangelizzazione del Burundi. Quali sono i frutti spirituali in questo lasso di tempo?

I 125 anni di evangelizzazione del Burundi sono un momento di ringraziamento perché ne vediamo i frutti. Abbiamo 8 diocesi con quasi 300 parrocchie, con abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose. Vi sono inoltre numerose opere sociali della Chiesa: scuole, centri sanitari, luoghi di aggregazione sociale (foyers sociaux). Auspichiamo che questo Giubileo possa segnare una nuova tappa della nostra evangelizzazione ed è per questo che lo abbiamo incentrato sulla famiglia cristiana, che è la Chiesa domestica e il primo ambito di evangelizzazione. Questo perché fin dall’inizio della Chiesa in Burundi le famiglie hanno partecipato molto all’opera di annunciare il Vangelo. I genitori appena battezzati mandavano i figli a seguire il catechismo, li facevano battezzare e insegnavano loro le preghiere.
Per questo abbiamo voluto che dalla comunità di base, passando per la parrocchia, la diocesi e quindi allargando lo sguardo al livello nazionale, si prenda n considerazione la condizione e la missione della famiglia. Organizzeremo degli incontri per le famiglie a livello parrocchiale e diocesano che si concluderanno a maggio in un forum nazionale a Bujumbura, al quale sono invitate rappresentanze del Ruanda e delle diocesi congolesi confinanti

Quali altre iniziative avete per celebrare il Giubileo?

Per quanto riguarda le altre iniziative giubilari è previsto dei pellegrinaggi alla prima parrocchia burundese, quella di Muyaga. Ma visto che non tutti potranno parteciparvi abbiamo previsto che questi pellegrinaggi possano svolgersi nelle prime cinque chiese del Burundi in modo che la gente possa comprendere come la fede è arrivata nel nostro Paese e in seguito si è diffusa in tutta la regione. Vogliamo costruire dei monumenti per ricordare il primo insediamento della Chiesa in Burundi a partire da Muyaga, quindi Gitega, che è stata la prima diocesi oltre che sede della seconda parrocchia burundese, e poi Bujumbura, perché nell’attuale capitale vi sono stati i primi tentativi di annuncio del Vangelo, che non sono però andati a buon esito. Pellegrinaggi e iniziative si svolgeranno anche a Rumonge, dove c’è stata la prima presenza missionaria nel 1879, che è finita male perché i missionari, che erano i Padri Bianchi, sono stati assassinati, il 4 maggio 1881. A seguito di questo martirio i missionari sono stati costretti ad abbondare il Burundi per una ventina d’anni. I Padri Bianchi uccisi a Rumonge facevano parte della prima carovana del Cardinale Charles Lavigerie, che si era divisa in due gruppi. Il primo si era diretto verso il Lago Vittoria, in Uganda, e l’altro verso il Lago Tanganika e precisamente a Rumonge che sta sulle sue rive.
Quindi i frutti che auspichiamo avere dal Giubileo sono in primo luogo il rinnovamento della fede cristiana. Ricordarci da dove è venuta la nostra fede a vederla ravvivare attraverso le famiglie. Perché fin dall’inizio la fede si è trasmessa di famiglia in famiglia e all’interno di queste; i genitori prendono sul serio la loro responsabilità di educatori cristiani dei figli. Auspichiamo poi di veder iniziare una nuova tappa dell’evangelizzazione del nostro Paese attraverso l’apertura missionaria. Il Burundi ha ricevuto molto dai missionari. Ora la Chiesa del Burundi ha dei preti, dei religiosi e delle religiose inviati in diversi Paesi. Abbiamo quasi 100 preti Fidei Donum inviati a Chiese d’Europa, d’America e anche d’Africa. Per esempio l’arcidiocesi di Gitega ha inviato preti in Camerun e in Ciad. Abbiamo anche preti in Europa (Spagna, Francia, Austria, Germania e in misura minore in Italia. Anche le congregazioni religiose d’origine burundese sono presenti in altri Paesi. Sono frutti visibili dell’aspetto missionario dell’evangelizzazione.

Può dare qualche dettaglio sull'opera delle congregazioni religiose nate nel vostro Paese?

Vi sono diverse congregazioni religiose nate in Burundi e che sono presenti in altri Paesi. La prima è la congregazione delle Soeurs Bene Tereziya che è stata fondata nel 1931 dal primo Vicario Apostolico del Burundi, Mons. Julien-Louis-Edouard-Marie Gorju, è ora di diritto pontificio, ed è presente in Tanzania, Ciad, Italia, Francia. La seconda congregazione è quella dei Frères Bene-Yozefu, e poi c'è quella delle Soeurs Bene Mariya, ed altre ancora. Sotto questo profilo la Chiesa in Burundi è stata benedetta dal Signore

Come in Ruanda anche in Burundi lo Stato è intervenuto per porre regole alle “nuove religioni”. Ma si nota pure un ritorno dei fedeli alla Chiesa cattolica dopo un’esperienze in una di queste sette…

Prima di tutto c’è una forte sete da parte dei fedeli cattolici di abbeverarsi alla Parola di Dio. Dieci anni fa è uscita la prima edizione della Bibbia in Kirundi, la lingua locale, stampata in 10.000 copie. Si pensava che fossero più che sufficienti. Da allora sono uscite sette edizioni e finora non si riesce a soddisfare la domanda, a testimonianza che i fedeli hanno bisogno di approfondire la Parola di Dio e la formazione cristiana. I laici chiedono di essere formati perché possano a loro volta impegnarsi nell’evangelizzazione. Sono segni positivi ma è pure una sfida perché dobbiamo trovare i formatori e i mezzi per farlo. Allo stesso tempo vediamo che diversi cattolici che erano confluiti nelle sette ritornano alla Chiesa. E questo è un ulteriore impegno per i formatori, specie per i catechisti che ringraziamo molto.
Fin dall’inizio il loro ruolo è stato essenziale. Sono i catechisti che accolgono le persone, le preparano a ricevere sacramenti e che accompagnano le famiglie.

Come è strutturata la Chiesa in Burundi sul territorio?

La famiglia è il primo nucleo della Chiesa, e è chiamata a essere scuola di preghiera e di annuncio del Vangelo. Dieci famiglie che abitano sulla stessa collina formano una comunità di base, che si riunisce uno o due volte la settimana per condividere la Parola di Dio. In ogni comunità di base vi sono dei servizi come la Caritas, la commissione per la catechesi, quella liturgica. Insomma al livello più di base tutti i servizi sono rappresentati. Si chiede a ciascun partecipante alla comunità di base di vivere la propria fede aiutandosi a vicenda e di essere prossimi gli uni agli altri. In questo modo la singola comunità di base può farsi carico dei suoi poveri, perché si sa chi è in difficoltà, chi non ha da mangiare. Poi abbiamo quello che chiamiamo la “Succursale”, formata da un certo numero di comunità di base. Queste ultime si riuniscono in una cappella per pregare, mentre la “Succursale” ha una chiesa per la celebrazione della Parola domenicale presieduta da un catechista. A livello di “Succursale” operano le associazioni e i movimenti laicali come l’Azione Cattolica e gli Scout. Si tratta di una “filiale” della parrocchia che è formata da 4 o più “Succursali” ed è diretta da uno o più sacerdoti.

Questa struttura territoriale ha permesso alla Chiesa di curare le ferite della guerra civile?

È una buona domanda. Sì, è proprio nelle comunità di base che le persone possono conoscersi, parlare, ascoltarsi e confrontarsi sui problemi che vivono. Vi sono delle comunità di base dove effettivamente le persone si sono riconciliate. Per esempio sulla problematica dell’accoglienza dei rifugiati che ritornano in Burundi. Nei villaggi da dove erano scappati si chiede, tramite le comunità di base, di preparare ad accoglierli e poi ad aiutarli a integrarsi nella vita sociale. Nelle diverse commissioni “Giustizia e Pace” presenti nella rete ecclesiale vi sono persone incaricate di risolvere pacificamente i conflitti. (Agenzia Fides 17/3/2023)


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