AFRICA/ALGERIA - La canonizzazione di Charles de Foucauld e la missione delle “Chiese della Visitazione”

martedì, 14 dicembre 2021 chiese locali   missione   santi   santità   islam  

Costantina (Agenzia Fides) – Charles de Foucauld sarà proclamato santo a Roma il prossimo 15 maggio. Ma nelle terre in cui fratel Charles di Gesù ha dato la propria vita e ha per anni elevato e adorato nel deserto l’ostia consacrata, la sua santità già accompagna e irriga giorno dopo giorno, per vie misteriose e silenziose, il vissuto e il cammino delle multiformi comunità cristiane disseminate nel Maghreb.
In Algeria, il Paese dove Foucauld visse buona parte della sua imparagonabile avventura spirituale e dove fu ucciso il 1° dicembre 1916, vescovi e esponenti delle diverse comunità ecclesiali presenti nel Paese hanno cominciato a confrontarsi sul modo di scandire localmente il cammino verso la cerimonia di canonizzazione. «Un programma è in via di sviluppo», confida all’Agenzia Fides Nicolas Lhernould, 46 anni, del dicembre 2019 Vescovo di Costantina. C’è già pronto un libretto in francese e arabo con la vita e gli spunti principali della spiritualità del futuro santo, e anche una mostra itinerante realizzata nel 2016, in occasione del centenario della sua morte, ora in esposizione nella basilica Notre Dame d'Afrique a Algeri, che sarà utilizzata di nuovo per far conoscere la sua storia e la sua spiritualità. Si sta valutando anche la possibilità di pellegrinaggi locali delle nostre comunità sui luoghi dove fratel Charles ha vissuto. Saranno pellegrinaggi “familiari” di piccoli gruppi, non pellegrinaggi moltitudinari. In sintonia con il tratto di discrezione e di piccolezza che connota la nostra esperienza ecclesiale».
L’annunciata canonizzazione di Charles de Foucauld - fa notare il Vescovo Lhernoud - «si inserisce in una serie di avvenimenti e ricorrenze che toccano il nostro presente e la nostra memoria ecclesiale. Stiamo ancora commemorando i 25 anni della scomparsa del cardinale Léon-Étienne Duval, che fu Arcivescovo di Algeri dal 1954 al 1988 e guidò la Chiesa algerina negli anni cruciali della decolonizzazione e dell’indipendenza. Per noi è carico di suggestione anche il recente riconoscimento delle virtù eroiche di Magdeleine di Gesù, che nel 1939 fondò le Piccole Sorelle di Gesù a Touggourt, nel Sahara algerino, sui passi di Charles de Foucauld. E poi c’è l'attualità dei martiri e dei santi di queste terre, da Sant’Agostino fino a Pierre Claverie, Vescovo di Orano ucciso nel 1996, e i suoi 18 compagni, tra i quali i 7 monaci di Tibhirine, beatificati nel 2018 sulla 'spianata della convivenza' del santuario di Santa Cruz a Orano».
Per i cattolici in Algeria, il cammino verso la canonizzazione di Charles de Foucauld e le altre congiunture richiamate dal Vescovo Nicolas rappresentano soprattutto occasioni preziose per riscoprire la propria vocazione a essere “Chiesa di Nazareth, della relazione e dell'incontro”, riassaporando la propria gratuita familiarità con i trent’anni di “vita nascosta” vissuti da Gesù prima di iniziare la sua missione pubblica. «La situazione in cui viviamo» spiega il Vescovo di Costantina – rende sempre più chiaro che siamo chiamati non a “fare” noi, ma a lasciarci ospitare. Siamo qui prima di tutto per essere accolti. E Gesù nel Vangelo secondo Matteo dice: “Chi accoglie voi, accoglie me”». Per questo uno dei racconti evangelici a cui si guarda con più commozione è quello della Visitazione, con la Madonna che va con prontezza a visitare Elisabetta. Le due donne portano i figli nel proprio grembo, e solo il loro incontro e le parole di Elisabetta fanno “sprigionare” il Magnificat dalle labbra di Maria. «La nostra esperienza» accenna il Vescovo Lhernould «ha qualcosa di analogo. Siamo toccati ogni giorno dalla vita degli amici musulmani, che il più delle volte non sanno neppure cos’è il Vangelo, ma è proprio in quell’incontro che dalle nostre vite si può sprigionare il nostro “Magnificat”».
La percezione di essere «Chiese della Visitazione» era già affiorata nella Lettera pastorale “Servitori della Speranza”, diffusa nel 2014 dai Vescovi cattolici del Maghreb come contributo condiviso per aiutare tutti a leggere i “segni dei tempi”. Le preziose intuizioni profetiche disseminate in quel documento attingevano a un sensus Ecclesiae raro e potente, tutto nutrito dal riconoscimento grato di non essere né i primi attori né i proprietari dell’opera apostolica. Nella condizione in cui vivono le comunità cristiane dei Paesi del Maghreb – si rimarcava nel documento – non serve agitarsi per creare occasioni artificiali di incontro con gli altri, né affannarsi a cercare giustificazioni artificiose al proprio “esserci”. A fornire l’ordito del possibile incontro coi fratelli musulmani è la vita stessa: «Avvenimenti familiari e sociali, feste religiose, circostanze di ogni sorta sono altrettante occasioni offerte per conoscerci meglio, aiutarci a vicenda, incontrarci». I Vescovi del Maghreb scrivevano anche che «Ci piace leggere nel racconto della Visitazione il paradigma della missione. Lontana da ogni conquista, la missione è una Visitazione. Come nel racconto della Visitazione, lo Spirito Santo è l’artefice dell'incontro, aprendoci al rendimento di grazie per i frutti ricevuti, frutti sempre sorprendenti».
Nel documento del 2014, anche la sollecita e operativa predilezione ecclesiale rivolta a tutti i poveri in quelle società a maggioranza musulmana, a prescindere dalle differenze religiose e culturali, appariva spogliata da ogni residuo di assistenzialismo: «Del vivere questa Buona Notizia annunciata ai poveri, e quindi il messaggio prioritario del Vangelo» si leggeva in quel testo «noi facciamo motivo di orgoglio. Poveri noi stessi in tutto, viviamo di speranza attinta dal cuore stesso di Cristo». «Negli ultimi anni – confida il Vescovo Nicolas Lhernould – si avverte con ancora maggior intensità il tratto di una carità operosa al servizio delle persone, mano nella mano con i musulmani, in un’esperienza concreta di fratellanza. Questa è la testimonianza che possiamo e vogliamo dare. Una condivisione che ha radici antiche. Lo stesso Charles de Foucauld confessò in una lettera scritta a Louis Massignon, il 1° aprile 1916, otto mesi prima dalla sua morte, quasi un testamento finale: «Non c'è parola del Vangelo, credo, che abbia fatto un'impressione più profonda su di me e abbia trasformato la mia vita più di questa: “tutto cio che avete fatto a uno di questi piccoli, l'avete fatto a me”».
A Natale del 2005, il Papa Benedetto XVI scriveva nella sua lettera enciclica "Deus Caritas Est" : «L'amore è gratuito; non viene esercitato per raggiungere altri scopi. [...] Chi esercita la carità in nome della Chiesa non cercherà mai di imporre agli altri la fede della Chiesa. Egli sa che l'amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare. Il cristiano sa quando è tempo di parlare di Dio e quando è giusto tacere di Lui e lasciar parlare solamente l'amore. Egli sa che Dio è amore (cf. 1 Gv 4,8) e si rende presente proprio nei momenti in cui nient'altro viene fatto fuorché amare» (n.31c). Già nel luglio 1904, dal sud di Béni Abbès, Charles de Foucauld scriveva a Marie de Bondy, sua cugina: «Gli indigeni ci accolgono bene. [...]. Quando sapranno distinguere i soldati dai preti e vedere in noi dei servi di Dio, ministri di pace e di carità, fratelli universali ? Non lo so. Se io faccio il mio dovere, Gesù effonderà grazie abbondanti, ed essi comprenderanno». (GV) (Agenzia Fides 14/12/2021)


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