ASIA/SRI LANKA - CRISTIANI UNITI: NO ALLA PENA DI MORTE!

martedì, 8 aprile 2003

Colombo (Agenzia Fides) – “No alla reintroduzione della pena di morte in Sri Lanka”: è questa la posizione assunta dalla comunità cattolica e protestante in Sri Lanka, alla vigilia di un dibattito parlamentare che dovrà discutere se reintrodurre nel paese la pena capitale come arma per combattere il crescente fenomeno della criminalità. In Sri Lanka l’ultima persona è stata giustiziata nel 1976. Da allora la pena di morte era stata sospesa e commutata in ergastolo, pur non essendo stata abolita del tutto.
L’Arcivescovo di Colombo, Mons. Oswald Gomis, Presidente della Conferenza Episcopale dello Sri Lanka, in un comunicato diffuso il 6 aprile, ha espresso ferma opposizione alla pena capitale che, ha ricordato “continua ancora ad essere applicata in nome della giustizia”.
Sostenendo le ragioni degli abolizionisti, Mons. Gomis ha sottolineato che nessun paese può vantarsi “di avere un sistema giudiziario così perfetto da garantire che non vengano messi a morte innocenti in nome della giustizia”. L’Arcivescovo, pur riconoscendo i problemi dell’aumento della criminalità, ha insistito che la pena capitale non è una soluzione giusta perchè essa non agisce da deterrente. “Il crimine va considerato conseguenza di un disagio sociale: per affrontarlo non occorrono soltanto misure punitive, che mortificano quanti commettono reati e minano la loro autostima; ma bisogna mettere in atto anche un’azione correttiva, che miri a rinnovare le relazioni dell’uomo con la società e recuperare la sua dignità umana”.
All’inizio di aprile i Vescovi cattolici si sono incontrati con i Vescovi protestanti del Consiglio Nazionale delle Chiese, raggiungendo un accordo sulla ferma opposizione alla pena capitale, chiedendo piuttosto “un rafforzamento del misure di sicurezza pubblica e una più efficace opera di prevenzione della malavita”. Come riporta l’agenzia Ucanews, i leader religiosi concordano nell’affermare che anche le comunità cristiane devono proporre misure correttive tendenti a reintegrare i detenuti nel tessuto sociale e lavorare per un sistema i giustizia sociale che aiuti a ridurre la criminalità. Questo programma, affermano i leader cristiani, richiede una duplice strategia: da un lato la società intera deve assumersi una comune responsabilità dei soggetti che violano le regole di convivenza civile, cercando di rimediarvi come comunità. In secondo luogo lo Stato deve promuovere un sistema giudiziario e penale più equo e imparziale, rispettoso della dignità di tutti.
(PA) Agenzia Fides 8/4/2002 lines 33 Words 386)


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