ASIA/SRI LANKA - Difesa della libertà religiosa e dei diritti umani: dopo l’attacco alla chiesa cattolica di “Holy Cross”, nella diocesi di Anuradhapura, la posizione dei Vescovi dello Sri Lanka contro le leggi anti-conversioni

giovedì, 21 luglio 2005

Colombo (Agenzia Fides) - E’ una sfida di civiltà, in difesa delle libertà fondamentali dell’uomo, quella portata avanti negli ultimi due anni dalla Conferenza Episcopale dello Sri Lanka, riguardo alle leggi sulle conversioni religiose, su cui il Parlamento dell’isola dovrebbe pronunciarsi.
Dopo una lunga scia di aggressioni da parte di gruppi fondamentalisti buddisti, iniziatori della campagna “anti-conversioni” a livello politico e poi sociale, la questione si è riproposta in seguito al grave incidente avvenuto sabato 16 luglio: un gruppo di fanatici buddisti ha saccheggiato e distrutto la chiesa cattolica di “Holy Cross” a Pulasthigama, nella diocesi di Anuradhapura, seminando il terrore nella comunità cattolica locale.
I Vescovi cattolici hanno ricordato le radici di questo problema, che hanno fatto maturare nella comunità buddista, in larga maggioranza in Sri Lanka, la determinazione di un disegno di legge “anti-conversioni”. Negli ultimi trent’anni c’è stata nel paese una proliferazione di sette cristiane di denominazione protestante che hanno irritato la maggioranza della popolazione che è buddista. Così, in opposizione a questo fenomeno, è cresciuto il fondamentalismo buddista. Oggi gruppi estremisti buddisti accusano tutti i cristiani, senza distinzioni, di fare proselitismo e di convertire persone con mezzi illeciti. Lo scorso anno, sono stati eletti in Parlamento nove monaci buddisti, proprio per sostenere una legislazione contro le conversioni non etiche.
Nel 2004 scorso era stato proposto in Parlamento, su iniziativa di un gruppo ristretto di parlamentari, un “Documento anti-conversioni” che aveva suscitato la preoccupazione di tutti i leader cristiani. Grazie all’ausilio di eminenti avvocati, le Chiese cristiane hanno fatto ricorso alla Corte Suprema, denunciandone l’incostituzionalità. La Corte ha accolto il ricorso, affermando che alcune clausole contravvengono alla Costituzione e sono contro le libertà fondamentali e i diritti umani. Se quelle clausole non saranno eliminate, servirebbe un maggioranza di due terzi in Parlamento e un referendum popolare per approvare il Documento, perché ciò significherebbe modificare la Costituzione.
Oggi la libertà religiosa in Sri Lanka è minacciata da due disegni di legge, che attendono l'esame del Parlamento: il “Bill on Prohibition of Forcible Conversion” e l’ “Act for the Protection of Religious Freedom”.
Il “Bill on Prohibition of Forcible Conversion”, proposto dal Jathika Hela Urumaya (JHU), partito composto da monaci buddisti, è il documento presentato nel 2004. Prevede che ogni individuo deve informare della sua conversione le autorità locali entro un periodo stabilito e che “nessuno convertirà o cercherà di convertire persone da una religione all’altra con la forza o con mezzi fraudolenti”. Per chi infrange la legge la pena può arrivare fino a 7 anni di prigione e a una multa di 500 mila rupie (oltre 5.000 dollari).
Un’altra legge è in attesa dell’esame del Parlamento: l’“Act for the Protection of Religious Freedom”. Proposto dal Ministro per gli Affari buddisti, Ratnasiri Wickremanayake, il disegno di legge mira a vietare ogni tipo di conversione. La pena prevista è di 7 anni di detenzione e un’ingente multa. La legge, inoltre, istituisce un sistema giudiziario indipendente controllato da monaci buddisti, il “Sanghadhikarana” (Corte buddista) che dovrebbe giudicare le cause avanzate dagli abitanti dei villaggi senza far riferimento a polizia o a tribunali statali.
I Vescovi ribadiscono di essere anch’essi fortemente contrari alle “conversioni non etiche”, condannano i mezzi fraudolenti o quanti fanno proselitismo con l’inganno o il denaro. D’altro canto, ricordano che la conversione autentica riguarda il rapporto fra l’uomo e Dio e che nessuna legge può intaccare la suprema libertà di coscienza.
La Chiesa crede che questi problemi non si risolvano attraverso una legge che restringe le libertà ma con il dialogo e applicando le leggi esistenti. I Vescovi hanno quindi proposto di istituire un Consiglio interreligioso, nominato dal Parlamento, per esaminare la questione. La proposta è sostenuta anche dalla più importante Commissione Buddista dello Sri Lanka.
Secondo fonti di Fides nella Chiesa locale, attraverso questa legge, il governo sta cercando di guadagnarsi i favori della maggioranza buddista. Il voto in Parlamento è palese, dunque, se si arriverà al voto, è altamente probabile che venga approvato.
La legge dello stato prevede un tempo di sette giorni, da quando il provvedimento è inserito nell’agenda dei lavori parlamentari, per poter inoltrare ricorso ala Corte Suprema. La Chiesa srilankese ha riferito a Fides che intende avvalersi di questa possibilità.
Anche Papa Benedetto XVI, nella recente visita ad limina dei Vescovi dello Sri lanka, nel maggio scorso, ha espresso preoccupazione per la legge anticonversione.
(PA) (Agenzia Fides 21/07/2005 Righe: 42 Parole: 489)


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