ASIA/IRAQ - Patriarca Sako: il cammino sinodale avviato da Papa Francesco faccia tesoro dell’esperienza delle Chiese d’Oriente

giovedì, 1 luglio 2021 chiesa cattolica   sinodalità   sinodo dei vescovi   chiese orientali   ecumenismo  

Incontro ecumenico di Bari, 7 luglio 2018

Baghdad (Agenzia Fides) – Nel percorso avviato da Papa Francesco per favorire in tutta la Chiesa cattolica una riscoperta della “sinodalità” ecclesiale, sarà opportuno e conveniente «beneficiare dell’esperienza delle antiche Chiese orientali», le compagini ecclesiali di origine apostolica nelle quali il Sinodo si configura come una «struttura canonica permanente attestata fin dai primi secoli». L’appello, carico di suggestioni, arriva dal Patriarca caldeo Louis Raphael Sako, Primate di una delle più consistenti Chiese cattoliche orientali.
In un intervento disseminato di richiami storici e teologici e annotazioni pastorali, il Cardinale iracheno inserisce anche spunti e proposte concrete come personale contributo alla riflessione ecclesiale avviata in vista della prossima Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica, che nell’ottobre del 2023 sarà convocata a Roma sul tema «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione». Tra le altre cose, il Patriarca Sako propone l’istituzione di una sorta di “Sinodo permanente” per ciascun Continente, formato da un numero ristretto di Vescovi provenienti dalla stessa area continentale.
Nel suo contributo, diffuso attraverso i canali ufficiali del Patriarcato caldeo, il porporato iracheno rimarca che la riscoperta della sinodalità non tocca soltanto aspetti tecnico-organizzativi relativi alla gestione degli organismi ecclesiali, ma attinge alla natura stessa della Chiesa. Riproponendo criteri ecclesiologici riscoperti dal Concilio Vaticano II, e alludendo al significato della parola di radice greca “Sinodo” (“camminare insieme”, “cammino comune”), Louis Raphael Sako ricorda che «la Chiesa per sua natura è sinodale». Essa non consiste in un mero «complesso di organismi dicasteriali, ma è in primo luogo “il regno di Cristo già presente in mistero” (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, n. 3), presenza del Risorto fra coloro che credono in Lui. Cristo è la base della Chiesa, è il suo capo, incessantemente la sostenta e per essa diffonde su tutti la verità e la grazia. La Sua presenza è garantita dallo Spirito Santo effuso il giorno di Pentecoste alla Chiesa nascente, che “la provvede di diversi doni gerarchici e carismatici, con i quali la dirige” (Lumen gentium, n. 4). L’evangelista Giovanni ci rammenta che “lo Spirito […] guiderà alla verità tutta intera” (Gv. 16,13)”.
Nel suo cammino lungo la storia, «la Chiesa sviluppa relazioni, partecipazione e comunione», incarnandosi «nelle diverse realtà umane e locali, nonostante le difficoltà. Per questo «la Chiesa non può restare immobile e cristallizzata; essa deve restare libera e muoversi come lo Spirito che soffia “dove vuole” (Gv. 3,8), rinnovandosi e camminando. È commovente vedere che i testi evangelici ci mostrano Cristo e gli Apostoli in camminano. Anche la Chiesa cammina e non si ferma». Anche per questo – aggiunge il Patriarca caldeo - «L’invito di Papa Francesco è un vero segno», e il Sinodo del 2023 «potrà essere l’occasione per riflettere concretamente su orientamenti pastorali, programmi teologici e progetti amministrativi, partendo dalle concrete situazioni nella quale vive ed opera la Chiesa».
Nel cammino della storia – evidenzia il Patriarca della Chiesa caldea – proprio le Chiese d’Oriente, comprese quelle che non hanno mai perso o hanno riaffermato la piena comunione con la Chiesa di Roma, hanno custodito e coltivato nel tempo una maggior familiarità con le dinamiche proprie della sinodalità ecclesiale, e con le strutture canoniche da esse ispirate. «Il Sinodo delle Chiese orientali» ricorda il patriarca Sako «è una struttura canonica permanente attestata sin dai primi secoli», e «il Codice dei canoni delle Chiese orientali distingue tra il Sinodo permanente di una Chiesa patriarcale ed il Sinodo generale dei suoi Vescovi». Mentre il Sinodo permanente «è composto dal Patriarca e da quattro Vescovi nominati per un mandato di cinque anni (can. 115 § 1)», il Sinodo generale di tutti i Vescovi della Chiesa patriarcale «è convocato una volta l’anno o quando se ne avverta il bisogno». Le Chiese orientali – prosegue il Primate della Chiesa caldea - svolgono i lavori del Sinodo «in virtù della giurisdizione-autorità del Patriarca sulla propria Chiesa sui iuris, nella quale è Capo e Padre. Il sinodo è parimenti segno della condivisa responsabilità dei Vescovi col proprio Patriarca». Il Sinodo salda i legami delle singole diocesi-eparchie «fra loro e con la Sede patriarcale e la Sede di san Pietro, rispettando la diversità nell’unità». Le strutture sinodali non sono solo organismi decorativi utilizzati per distribuire titoli e compiacere le ambizioni di chi soffre della sindrome di “auto-occupazione ecclesiastica”, ma incidono concretamente nel vissuto delle comunità ecclesiali, «promulgando disposizioni ed assumendo decisioni per la retta amministrazione della Chiesa, individuando i candidati appropriati all’episcopato, salvaguardando il patrimonio liturgico del proprio rito, orientando i metodi pastorali ed educativi volti al bene dei fedeli ed in sintonia coi cambiamenti culturali e sociali. Si tratta di un impegno di “rinnovamento e riforma” posto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo». Unità – rimarca il Cardinale iracheno – non significa omologazione, e occorre riconoscere che il mondo e la società sono in continua evoluzione. Anche per questo conviene riscoprire la sinodalità anche come «un tratto distintivo del cammino di tutta la Chiesa universale. Col successore di Pietro» prosegue il Patriarca Sako «la Chiesa agisce collegialmente, nonostante la grande varietà che compone la Chiesa cattolica, proprio al fine di costituire e formare la Comunità cristiana con sapienza e cura, con particolare attenzione alle future generazioni e permettere ad ogni fedele di vivere la propria fede hic et nunc, diffondendo ovunque amore e speranza».
Al fine di rendere più “visibile” la sinodalità nella Chiesa, il Patriarca caldeo avanza due proposte concrete: in analogia alla struttura del “Sinodo permanente” configurata nelle Chiese d’Oriente, il cardinale Sako auspica «che ogni continente possa disporre di una sorta di Sinodo permanente costituito da un numero ridotto di Vescovi provenienti da quell’area geografica. La Curia romana» aggiunge Sako - è un pregevole sostegno, ma la burocrazia risulta a volte defatigante e comporta tempi lunghi». Nel contempo, il Patriarca caldeo ritiene utile «concedere maggiore autorità alle Conferenze episcopali, affinché esse possano affrontare le sfide impegnative cui sono sottoposte quotidianamente». Tutto ciò – conclude il Patriarca, ricordando il vincolo di comunione gerarchica con il Vescovo di Roma che rappresenta il tratto distintivo imprescindibile di ogni autentica esperienza ecclesiale cattolica «potrà essere utile solo agendo in sintonia col Santo Padre e ricordando costantemente il legame che ci unisce col Successore di Pietro». (GV) (Agenzia Fides 1/7/2021)


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