AFRICA/KENYA - “No al ritorno forzato dei rifugiati nei loro Paesi di origine”; i Vescovi si oppongono alla chiusura dei campi di Kakuma e Daadab

mercoledì, 14 aprile 2021 rifugiati   vescovi   coronavirus  

DFID/Pete Lewis

Secretary of State Andrew Mitchell visits the Dadaab refugee camp in northern Kenya, 16 July 2011.

Nairobi (Agenzia Fides) - "Il governo dovrebbe riconsiderare la propria posizione e trattare tutti i rifugiati con cura e attenzione, specialmente durante questo periodo di pandemia di Covid-19, quando l'umanità si trova ad affrontare gravi sfide economiche e psicologiche" afferma la Conferenza Episcopale del Kenya (KCCB) nel chiedere al governo di Nairobi di non chiudere i campi profughi di Kakuma e Daadab.
Nella dichiarazione, pervenuta all’Agenzia Fides, firmata da Sua Ecc. Mons. Philip Anyolo, Arcivescovo di Kisumu e Presidente di KCCB, i Vescovi cattolici keniani esprimono la loro preoccupazione per il rimpatrio involontario dei rifugiati. "Nel campo di Daadab i somali sono la maggioranza; secondo il diritto internazionale i rifugiati possono tornare nel loro Paese una volta che sia ristabilito un governo democratico che rispetti i diritti umani e lo Stato di diritto”.
A causa della pandemia di Covid-19, “questi nostri fratelli e sorelle che vivono nel campo sono diventati più vulnerabili ", afferma la Conferenza Episcopale del Kenya, che chiede l’adozione di misure sanitarie per garantire la protezione degli oltre 400.000 rifugiati accolti nei campi di Dadaab e Kakuma.
Per risolvere la questione i Vescovi chiedono al governo di dialogare con le parti interessate per trovare una soluzione duratura per i rifugiati, e allo stesso tempo offrire supporto a coloro che decidono di tornare volontariamente nel loro Paese di origine.
Il campo profughi di Kakuma nel nord-ovest del Kenya è stato istituito nel 1992. In origine ospitava rifugiati dal Sudan, cui si sono aggiunti etiopi e somali. Dadaab, nel centro-est, è stato a lungo il più grande campo profughi del mondo, ed è in realtà costituito da un insieme di campi. È. I primi tre campi sono stati creati all'inizio degli anni 90. Altri campi si sono poi aggiunti a partire dal 2011, a causa della crisi alimentare nel Corno d'Africa.
Oltre che da Somalia, Sudan ed Etiopia i due campi accolgono rifugiati provenienti anche da Tanzania, Uganda, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo.
Citando infiltrazioni terroristiche in queste strutture nel novembre 2016 il governo di Nairobi aveva annunciato l’intenzione di chiuderle, senza mettere in pratica la decisione, già allora vivamente contestata dai Vescovi (vedi Fides 19/5/2016 e 2/7/2016).
Il 24 marzo di quest’anno però il segretario di gabinetto degli interni Fred Matiang'i ha annunciato l'intenzione del governo di chiudere i campi di Dadaab e Kakuma, concedendo all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) due settimane per presentare un piano in tal senso.
“L'UNHCR è preoccupato per l'impatto che questa decisione avrebbe sulla protezione dei rifugiati in Kenya, anche nel contesto della pandemia Covid-19 in corso. Continueremo il nostro dialogo con le autorità keniote su questo tema” ha affermato l'UNHCR. L’8 aprile l’Alta Corte del Kenya ha comunque sospeso temporaneamente la decisione del governo di chiudere le due strutture
(L.M.) (Agenzia Fides 14/4/2021)


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