ASIA/EMIRATI ARABI - Il Vescovo Hinder: anche i nostri cristiani guardano al viaggio del Papa in Iraq. E i musulmani elogiano il suo coraggio

venerdì, 5 marzo 2021 medio oriente   chiese orientali   papa francesco   migranti   lavoro   martiri  

Abu Dhabi (Agenzia Fides) – Oggi Papa Francesco ha iniziato il viaggio in Iraq, e proprio ieri, il 4 marzo, cadevano i cinque anni esatti dalla strage in cui a Aden, nello Yemen, vennero uccise quattro suore di Madre Teresa, assieme a una dozzina di impiegati prevalentemente musulmani. A far notare la singolare coincidenza è il Vescovo Paul Hinder, ofmCap, Vicario apostolico dell’Arabia meridionale. Mentre si realizza la prima visita di un Papa nella terra da cui è partito Abramo, Padre di tutti i credenti, quella storia di martirio e di sofferenza condivisa tra cristiani e musulmani richiama analoghe vicende che hanno segnato anche di recente le Chiese dell’Iraq e il popolo iracheno. “Il frutto del loro martirio” riconosce il Vicario apostolico, “non si misura con le statistiche. Rimangono però per noi un segno provocante di un amore che va aldilà del sentimentalismo, e può condurre a condividere la stessa sorte di Gesù crocifisso. Quelle suore sapevano del rischio ma non hanno preso la via della fuga. Sono sicuro che il loro martirio porterà dei frutti”.
Il viaggio di Papa Francesco in un vicino Paese arabo – riferisce a Fides il Vescovo Hinder – suscita emozione e attese singolari nella variegata comunità cattolica del Vicariato: “i nostri fedeli seguono con interesse e curiosità la visita di Papa Francesco in Iraq. Questo – aggiunge il Vicario apostolico - vale soprattutto per i cristiani iracheni che vivono nel Paese. Ci sono due scuole a Dubai e a Sharjah, tenute dalle suore irachene di Maria Immacolata. Tra gli altri, in maggioranza indiani e filippini, sono soprattutto i nostri fedeli di lingua araba provenienti dai Paesi del Medio Oriente, incluso l’Egitto, che guardano all’Iraq durante questi giorni. Molti di loro hanno legami se non con l’Iraq almeno con gente che è vissuta in Mesopotamia o ancora ci vive. Anche i musulmani mostrano il loro interesse. Uno di loro mi ha espresso esplicitamente la sua ammirazione per il coraggio del Papa di visitare l’Iraq in questo momento critico”.
Poco più di due anni fa, il 4 febbraio 2019, Papa Francesco e il grande Imam di al Azhar, lo Sheikh Ahmed al Tayyeb, firmarono proprio a Abu Dhabi il Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la Convivenza comune. Da allora, la riscoperta del legame fraterno che unisce tutti i figli di Dio è stata proposta da Papa Francesco – anche nell’Enciclica “Fratelli Tutti” - come punto di partenza per affrontare insieme le i conflitti e le emergenze globali che feriscono e affaticano le vite dei popoli. Anche il viaggio papale in Iraq, primo Paese a maggioranza sciita visitato da Papa Francesco, ha come motto la frase evangelica “Voi siete tutti fratelli” e come parola chiave la Fratellanza. Il futuro dirà se d’ora in avanti anche istituzioni e circoli dell’islam sciita si coinvolgeranno nel cammino di condivisione iniziato a Abu Dhabi – a cui finora hanno aderito soggetti dell’islam sunnita – o se prevarranno diffidenze e obiezioni condizionate anche della contrapposizioni geopolitiche. “Sappiamo bene” riconosce a tal proposito il Vescovo Hinder “che anche nel mondo musulmano ci sono dei discordie, e non soltanto tra sunniti e sciiti. Sfortunatamente questi contrasti sono approfonditi da ragioni ideologiche e soprattutto politiche. Ma il fatto che c’è un abisso tra Riyad e Teheran non vuol dire che un dialogo tra i rappresentanti religiosi non sia più praticabile. In questo campo non credo a progressi repentini” premette con realismo il Vicario apostolico “ma sono io stesso testimone di uno sviluppo promittente nel dialogo inter-religioso. Ciò che ho visto e sperimentato nei 17 anni vissuti in Arabia mi conferma che con pazienza e fiducia è possibile di avvicinarsi e di progredire assieme. La visita di Papa Francesco nel 2019” ricorda il Vescovo Hinder “fu un segno forte e ben visto anche dai musulmani della zona. I rapporti con le autorità sono segnati da un rispetto reciproco crescente. La pandemia he messo il freno agli incontri in presenza, ma i contatti continuano con i mezzi virtuali disponibili”.
I profili delle comunità cristiane presenti in Iraq e nella Penisola arabica sono diversi. I Cristiani dei Paesi della Penisola sono lavoratori immigrati, venuti in cerca di occupazione. Quelle presenti in Iraq sono comunità cristiane autoctone, assottigliatesi negli ultimi anni a causa dei flussi migratori. Non di meno, i Vescovo Hinder mostra di condividere le considerazioni espresse dal Patriarca caldeo Louis Raphael Sako nella recente intervista rilasciata a Fides (vedi Fides 3/3/2021), nella quale il Cardinale iracheno ha ribadito che il Papa non è andato in Iraq per “rafforzare i cristiani” nel vortice dei conflitti settari, e ha respinto anche le teorie di chi sostiene che solo gli aiuti dall’esterno – di tipo economici, militari o di altro tipo) possono salvare le comunità cristiane mediorientali dall’estinzione. “Anche se le condizioni politiche, sociali, economiche e religiose giocano un ruolo importante per cristiani e non-cristiani” sottolinea il Vicario apostolico “bisogna riconoscere che la permanenza dei cristiani in una regione non è solo un prodotto di condizioni favorevoli, ma è soprattutto il frutto della grazia che opera nei cuori dei fedeli. L’abbiamo visto durante la storia in tanti Paesi del mondo. E lo stesso accade in Iraq. Non dimentichiamo mai che la fede in Cristo è prima di tutto un dono dello Spirito Santo che soffia dove vuole, anche e soprattutto in condizioni difficili. Dobbiamo prendere congedo dalla mania di guardare solo le statistiche e i numeri. Ci sono in Iraq cristiani che sono testimoni del Signore crocifisso e risorto e rimangono così un segno di vita che supera tutte le tragedie”. Riguardo alla situazione delle comunità cristiane nella Penisola arabica, il Vescovo Hinder conferma le conseguenze negative che la pandemia da Covid-19 ha prodotto sulle attività lavorative degli immigrati cristiani e sulla stessa vita ecclesiale: “E’ ancora presto per fare un bilancio“ avverte il Vicario apostolico “ma già si nota una diminuzione numerica dei migranti e quindi anche delle nostre comunità cristiane. Ciò che pesa forse il più è l’insicurezza che molto spesso si abbina all’isolamento dovuto alle restrizioni. Il fatto che le chiese sono rimaste chiuse per molti mesi e in parte continuano ancora a essere chiuse è un peso per tanti che frequentano la casa del Signore come luogo di consolazione nelle paure e nelle sofferenze. Mi fa piangere il vedere gente che prega fuori dalle mura della chiesa, perché non ci è permesso siamo permessi di mantenere aperto il comprensorio parrocchiale. Poi grazie a Dio ci sono quei segni di solidarietà aperta e discreta verso i fedeli che si trovano in difficoltà. Molto si fa virtualmente. Però non ho mai sentito così importante il fatto di avere un contatto reale con le persone come adesso, nel tempo in cui tale contatto è molto limitato. E percepisco che tanti condividono questa mia stessa esperienza. (GV) (Agenzia Fides 5/3/2021)


Condividi:
medio oriente


chiese orientali


papa francesco


migranti


lavoro


martiri