AFRICA/EGITTO - Il Gran Mufti Shawki Allam: "Non c’è alcuna obiezione alla costruzione di chiese col denaro dei musulmani"

sabato, 18 luglio 2020

CoptsToday

Il Cairo (Agenzia Fides) – La giurisprudenza di matrice islamica non contiene alcuna obiezione legale alla possibilità di costruire chiese utilizzando denaro appartenente a musulmani. Tale rilevante osservazione, gravida di possibili applicazioni rispetto a situazioni di potenziale conflitto settario in molti Paesi a maggioranza musulmana, merita attenzione anche per l’autorevolezza della fonte: a ribadirla è stato di recente lo Sheikh Shawki Ibrahim Abdel-Karim Allam, attuale Gran Mufti d’Egitto, durante il suo intervento ad un programma televisivo condotto dal giornalista Hamdi Rizk.
Il Gran Mufti egiziano, nel suo intervento, ha indicato l’Egitto come il Paese a maggioranza musulmana dove si impiegano maggiori risorse pubbliche nella costruzione di luoghi di culto cristiani, indicando questo dato come una manifestazione della forte coesione sociale nazionale. Shawki Allam (nella foto insieme al Patriarca copto ortodosso Tawadros) ha fatto riferimento agli insegnamenti di Mohammad che, anche quando giustifica campagne di autodifesa militare, comanda di non distruggere luoghi di culto e di non uccidere monaci. Il Gran Mufti egiziano è intervenuto anche in merito alla riconversione in Moschea della antica Basilica di Hagia Sofia a Istanbul disposta dalle autorità turche. Al riguardo, lo Sheikh Shawki Allam ha affermato che è illecito convertire in moschea una chiesa, dichiarando che nella storia dell’Egitto nessun luogo di culto cristiano è stato trasformato in luogo di culto musulmano.
La carica del Gran Mufti d’Egitto è subordinata al Ministero della Giustizia. Il titolare di tale carica presiede la “Casa della Fatwa” (Dar al Ifta al Misryah), comitato consultivo legale su questioni giuridiche islamiche. A giugno, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 10/6/2020), proprio la “Casa della Fatwa” egiziana si era spinta a definire la stessa conquista ottomana di Costantinopoli come una “occupazione”, bollando come evento sciagurato anche la trasformazione in Moschea della Basilica di Haghia Sophia. Anche tale pronunciamento aveva confermato la forte dimensione geopolitica assunta dalla vicenda della riapertura al culto islamico del complesso monumentale di Ayasofya, fortemente perseguita dall’attuale leadership politica turca, anche come atto simbolico per riaffermare la propria matrice identitaria e la propria sovranità, contrastata dagli organismi politici e religiosi egiziani, nell’attuale frangente storico segnato dal duro scontro in atto tra Egitto e Turchia anche sullo scenario libico. (GV) (Agenzia Fides 18/7/2020)


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