AMERICA/NICARAGUA - Due anni fa l'inizio della crisi: centinaia di morti e detenuti, repressione, persecuzioni

martedì, 21 aprile 2020 diritti umani   politica   aree di crisi   libertà   democrazia  

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328 morti, 2 anni senza giustizia

Managua (Agenzia Fides) – “Quanta barbarie! E' accaduto quanto temevo e che non sarebbe dovuto accadere. C'è già almeno uno studente ucciso all’Università. Si parla di altri. Provo molto dolore! Diciamo No alla repressione" fu l’accorato appello di Mons. Silvio José Baez, Vescovo ausiliare di Managua, alle autorità del Nicaragua quando, due anni fa, i giovani erano scesi per le strade per protestare contro la riforma della previdenza sociale (vedi Fides 20/04/2018).
“L’insurrezione pacifica", come è stata definita dai social network del Nicaragua, è iniziata a metà aprile 2018, quando il governo nicaraguense respinse l'aiuto che il Costa Rica aveva offerto per spegnere l’incendio che ha bruciato più di cinquemila ettari della foresta di Indio Maíz, nel sud del paese. A un gruppo di almeno 40 vigili del fuoco costaricani, con squadre speciali per combattere le fiamme, venne impedito di attraversare il confine. Da questo fatto nacque una vivace protesta degli studenti universitari nicaraguensi, impegnati per l'ambiente. Il rifiuto degli aiuti, la mancanza di informazioni ufficiali e la risposta evasiva del governo, mobilitarono centinaia di giovani che, convocati dai social network, manifestarono davanti all’università e nelle strade della capitale, Managua.
La risposta del governo fu violenta, con l’ordine di disperdere i manifestanti con l'intervento della polizia antisommossa. La reazione dei giovani “autoconvocati” attraverso i social network non si fece aspettare: fotografare tutto, registrare tutta la violenza e condividerla con quanti ancora non sapevano ciò che era accaduto. In poche ore tutti i nicaraguensi avevano sui telefoni cellulari foto e video di come un gruppo di ragazzi aveva avuto il coraggio di sfidare il potere di Ortega.
Due giorni dopo aver bloccato i giovani ambientalisti, il Presidente Ortega pubblicò sulla Gazzetta ufficiale un decreto che riformava il sistema di sicurezza sociale in Nicaragua, per salvare l'Istituto Nicaraguense di Previdenza Sociale (INSS), sull'orlo del fallimento dopo 10 anni di cattiva amministrazione dei fondi versati. La riforma non era stata concordata con il settore privato, che immediatamente prese le distanze da Ortega dopo 11 anni di sostegno al regime. Il 18 aprile 2018 un gruppo di giovani e pensionati organizzarono una marcia nel quartiere Camino de Oriente, a Managua, per protestare contro la riforma. La protesta venne sedata in modo violento dalla polizia. Le immagini degli anziani pensionati con ferite alla testa infiammarono il paese. Due giorni dopo questi scontri, anche gli studenti delle università pubbliche, controllate da Ortega, avviarono una protesta. Anche qui la risposta è stata la repressione.
L’Agenzia Fides ha seguito lo sviluppo della crisi in Nicaragua con testimonianze e informazioni locali: i giovani universitari, attraverso i social media, hanno testimoniato al mondo ciò che accadeva. Missionari, parroci e Vescovi li hanno accolti dentro le chiese per sottrarli all’aggressione delle forze del governo e agli arresti.
Secondo dati della Commissione interamericana sui diritti umani (CIDH), nel primo anno della crisi, ci sono stati 325 morti; mentre le agenzie nicaraguensi parlano di 568, Ortega ne riconosce 199 e ci sono ancora un numero sconosciuto di prigionieri politici.
Dopo 2 anni la situazione non è migliorata, secondo la stampa internazionale e le istituzioni nicaraguensi: è vero che non ci sono morti e manifestazioni per strada, ma questo non significa che tutto sia regolare, perché come segnala la Commissione Internazionale per i Diritti Umani, attualmente sono chiusi tutti gli spazi democratici: le libertà pubbliche dei cittadini sono sospese o limitate, quindi non si può manifestare pubblicamente. Se il singolo cittadino non riesce a esprimere la propria discordanza con il governo, adesso sono gli organismi internazionali a esprimere la mancanza di rispetto dei diritti umani della popolazione nicaraguense.
La Chiesa cattolica nei suoi numerosi interventi, ha costantemente denunciato la perseverante repressione dei leader dell'opposizione o dei gruppi di giovani impegnati con le associazioni per la giustizia (vedi Fides 18/05/2019). Mentre nei primi mesi la repressione di vedeva per le strade, adesso la gente è minacciata, perseguitata e sorvegliata, perfino ai giornalisti è impedito di svolgere il loro lavoro (vedi Fides 21/06/2019).
Mons. Rolando Alvarez, Vescovo della Diocesi di Matagalpa, durante la celebrazione di domenica scorsa, Domenica della Divina Misericordia, nella Cattedrale di San Pedro, ha detto: "Il Nicaragua vive una doppia crisi, quella che ci trasciniamo da due anni e adesso, quella pandemica. Ma il Signore Della divina Misericordia toglierà la pietra dal nostro sepolcro, per uscire e vivere con giustizia e dignità".
(CE) (Agenzia Fides 21/04/2020)


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