AFRICA/SUDAFRICA - Le bidonville chiuse "rischiano di esplodere": effetti sociali della lotta al covid-19

venerdì, 3 aprile 2020 coronavirus   solidarietà   missionari   ordini religiosi   baraccopoli   povertà   sanità  

Pretoria (Agenzia Fides) - I casi sono poco più di un migliaio e i morti si contano sulla punta di una mano, ma in Sudafrica il Covid-19 fa ugualmente paura. "l virus - spiega all'Agenzia Fides Pablo Velasquez, missionario scalabriniano a Johannesburg - preoccupa molto. Ciò che spaventa però è il diffondersi dell'epidemia, ma anche la possibile reazione sociale alla quarantena".
I decreti del presidente Cyril Ramaphosa impongono la chiusura delle attività economiche e l’obbligo di rimanere in casa. Per la classe media e quella più ricca, ciò non è un problema. "Le fasce benestanti della popolazione - continua padre Pablo - hanno risorse economiche e garanzie occupazionali che li tutelano e li aiutano a rispettare le direttive. Non è così per le fasce più povere".
Gli abitanti degli slum delle grandi città sudafricane vivono grazie all’economia informale: piccolo commercio, servizi domestici, ecc. Non hanno alcuna tutela. "Per loro - continua padre Pablo - perdere giorni di lavoro significa non guadagnare nulla e quindi non avere risorse per acquistare il cibo per la famiglia. Per questo i provvedimenti non sono stati accolti con entusiasmo nelle township". La chiusura delle bidonville può poi peggiorare il contagio. Le condizioni di vita sono molto dure. Famiglie di cinque, sei persone vivono spesso in una piccola stanza, uno vicino all’altro. La diffusione del virus diventa così più semplice.
Particolarmente drammatica è la condizione degli immigrati che rappresentano il 7,5% della popolazione. "In questa fase di lockdown – osserva padre Filippo Ferraro, missionario scalabriniano a Città del Capo - i migranti hanno difficoltà a rinnovare i permessi di soggiorno e così rischiano di finire nell’illegalità. Non solo, non possono lavorare e quindi non hanno soldi per poter mangiare".
Così, mentre la polizia pattuglia i quartieri residenziali, intorno alle grandi baraccopoli sono stati inviati i militari in assetto da guerra. "Chiudere una township – spiega padre Filippo – è come chiudere una caldaia in ebollizione: se non la fai sfogare, rischia di esplodere".
In questo contesto, il sistema sanitario non pare pronto a far fronte a un’epidemia su vasta scala. "Il sistema locale - conclude padre Filippo - è simile a quello statunitense, dove le cure migliori sono assicurate solo a chi può permettersele economicamente. Quindi la maggior parte della popolazione povera è costretta a rivolgersi alle poche strutture pubbliche. Ma queste sono già allo stremo. Il rischio è che non ci siano presidi sufficienti per contenere il diffondersi del virus". (EC) (Agenzia Fides 3/4/2020)


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