ASIA/AFGHANISTAN - La preghiera come strumento di pace in uno scenario di nuove tensioni

giovedì, 26 settembre 2019 preghiera   evangelizzazione  

Padre Scalese in preghiera davanti alla cappella nell'Ambasciata italiana a Kabul

Kabul (Agenzia Fides) - “Negli ultimi secoli hanno provato a convincerci che la religione fosse una delle principali cause di divisione e di mancanza di pace, e che quindi bisognasse metterla da parte. Dove potremo andare a cercare la pace, allora? Nella politica? Nelle ideologie? Nell’economia? Essa è possibile solo nel Regno di Dio, un regno in cui sono giunto arrivando come pellegrino di pace in Afghanistan, un paese in guerra da quarant’anni”. E’ la testimonianza espressa in una inviata all’Agenzia Fides da padre Giovanni Scalese sacerdote Barnabita, responsabile della Missio sui iuris afgana.
Nel paese asiatico, dove l’Islam è religione di Stato e la conversione ad altre fedi è inquadrabile con il reato di apostasia, la presenza cattolica deve limitarsi allo svolgimento di azioni caritative e all’assistenza spirituale della comunità internazionale. Ma, spiega p. Scalese, l’impegno dei cattolici in Afghanistan è soprattutto quello di pregare senza sosta per la pace: “Due anni fa, il 13 ottobre 2017, alla fine del centenario delle apparizioni di Fatima, abbiamo consacrato l'Afghanistan al Cuore Immacolato di Maria. Quest'anno, nella domenica delle Palme, abbiamo piantato, di fronte alla chiesa della Missione, l'Ulivo della Pace, proveniente da Nazareth, il luogo in cui dove la Parola di Dio si è fatta carne e il Principe della pace ha messo le sue radici tra noi. A luglio scorso, infine, sono andato personalmente in pellegrinaggio presso il Santuario mariano nazionale di Oziornoje, in Kazakistan, per invocare la Regina della pace affinché possa operare in Afghanistan, in Asia e in tutto il mondo”.
Intanto, dopo il fallimento dei dialoghi di pace tra Stati Uniti e movimento talebano, il paese sta vivendo una nuova escalation di violenza. Tra gli ultimi episodi, un raid compiuto domenica 22 settembre da forze speciali afgane, col supporto di aerei statunitensi, sui nascondigli dei talebani, ha provocato la morte di almeno 40 civili riuniti per festeggiare un matrimonio.
In Afghanistan, la presenza cattolica fu ammessa a inizio Novecento come semplice assistenza spirituale all’interno dell’Ambasciata italiana a Kabul e fu poi elevata a “Missio sui iuris” nel 2002 da Giovanni Paolo II. Oggi la missione continua ad aver base nella struttura diplomatica ed è affidata al Barnabita padre Giovanni Scalese. Nella capitale afghana sono presenti anche le suore Madre Teresa di Calcutta e l’Associazione intercongregazionale Pro Bambini di Kabul. (LF) (Agenzia Fides 26/9/2019)


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