AMERICA/COLOMBIA - Il vescovo di Tibú: Il Catatumbo, nella morsa del conflitto tra guerriglie, “merita riconciliazione e pace”

mercoledì, 25 aprile 2018 gruppi armati   pace   riconciliazione   aree di crisi   vescovi  

Tibú (Agenzia Fides) - “Il rumore della guerra ha più impatto del clamore di un popolo”. Questa la denuncia di mons. Omar Sánchez Cubillos, vescovo di Tibú (nord della Colombia), in una dichiarazione video pervenuta all'Agenzia Fides. Commentando un comunicato della diocesi, il prelato ha rivelato la situazione di ampie aree della regione amazzonica del Catatumbo, al confine con Venezuela, la cui popolazione è la principale vittima delle contese territoriali tra fazioni dell'ELN (Esercito di Liberazione Nazionale, che ufficialmente è in stato di cessate il fuoco, in attesa di riprendere i colloqui di pace col governo) e dell'EPL (Esercito Popolare di Liberazione) e i rispettivi gruppi dissidenti.
Dopo gli accordi di pace con le FARC e la loro smobilitazione, infatti, il Catatumbo è diventato terra di nessuno contesa tra ELN e EPL che, dopo continue confrontazioni, sono di fatto in guerra tra loro. Lunedì è stato diffuso dalla stampa locale un video nel quale appaiono sei giovanissimi membri dell'ELN che sarebbero stati sequestrati dalla dissidenza dell'EPL, mentre il giorno prima l'EPL ufficiale aveva comunicato all'opinione pubblica la propria disponibilità al dialogo. Il vescovo afferma che la mobilitazione armata senza data di scadenza decisa dall'EPL il 15 aprile ha come conseguenza un confinamento dei civili, vittime della violenza e del terrore infuso dai guerriglieri ad ogni loro movimento. “Costatiamo che chi domina il territorio con le armi determina chi vi entra, chi vi esce, chi può lavorare, chi vive e chi muore”, accusa. La guerra ha un limite, ammonisce mons. Sánchez, chiedendo ai gruppi ribelli di attenersi al diritto umanitario internazionale, che protegge la popolazione, e avverte circa la crisi economica che si avvicina se non si corre ai ripari, con la rottura dei processi sociali che cominciavano a permettere il progresso della zona.
Allo Stato, il vescovo chiede urgentemente una maggior presenza, che possa arginare anche l'imminente sfollamento dei civili, parlando di una possibile crisi umanitaria alle porte. “Come Stato - e come Chiesa, per quello che ci compete - dobbiamo aiutare le comunità a dotarsi di meccanismi di protezione chiari ed efficienti. Lo stiamo facendo, come diocesi, nelle scuole e in alcuni villaggi”. Poi puntualizzando che i sacerdoti continueranno ad accompagnare le comunità, chiede preghiere al popolo colombiano, incoraggiando agli abitanti della diocesi, a trarre insegnamenti da questa crisi, “perché il Catatumbo merita riconciliazione e pace”.
Il comunicato stampa denunciava anche la disinformazione dei media a riguardo. Organismi come le Nazioni Unite e l'Organizzazione degli Stati Americani confermano che non si sono verificati scontri armati e tuttavia, “la violenza simbolica si è strutturata e diffusa attraverso l'imposizione di norme e le minacce ai cittadini”. Inoltre si sono riscontrate carenze nella sussistenza. L'ONU parla di almeno 144.000 persone che hanno sofferto gravi restrizioni nell'accesso a servizi e beni di prima necessità o limiti di mobilità, di 2.819 sfollati e di 44.829 bambini impossibilitati ad andare a scuola. Minorenni, anziani, giovani, gestanti e comunità indigene sono i settori più colpiti. “Le strategie utilizzate in questo scenario di controllo”, avverte il comunicato, “attaccano lo stato emotivo e psicosociale di persone e comunità, e le avvolge nel silenzio, alimentato dalla sensazione di paura ed angoscia”. (SM) (Agenzia Fides 25.04.2018)


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