VATICANO - Riconosciuto il martirio di Mons. Claverie e di altri 18 religiosi e religiose uccisi in Algeria

sabato, 27 gennaio 2018 martiri  

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Il Santo Padre Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto che riconosce il martirio del Vescovo di Oran, Pierre Claverie, e di 18 compagni, sacerdoti e religiosi morti negli anni 1994-96 in Algeria. Oltre al Vescovo Claverie sono: Fra Henri Vergès, Sr. Paul-Hélène Saint-Raymond, Sr. Esther Paniagua Alonso, Sr. Caridad Alvarez Martin, P. Jean Chevillard, P. Jean Dieulangard, P. Charles Deckers, P. Christian Chessel, Jeanne Littlejohn Sr. Angèle-Marie, Denise Leclercq Sr. Bibiane, Sr. Odette Prévost, P. Christian de Chergé, P. Luc Dochier, P. Christophe Lebreton, P. Michel Fleury, P. Bruno Lemarchand, P. Paul Favre-Miville e P.Célestin Ringeard.
“La nostra Chiesa è nella gioia!” scrivono Mons. Paul Desfarges, Arcivescovo di Algeri, Mons. Jean-Paul Vesco, Vescovo di Oran, Mons. John MacWilliam, Vescovo di Laghouat e Mons. Jean-Marie Jehl, Amministratore di Constantine, riuniti nella CERNA (Conferenza Episcopale Regionale del Nord Africa) nel messaggio pervenuto all’Agenzia Fides che annuncia la beatificazione. “Ci viene data la grazia di poter ricordare i nostri diciannove fratelli e sorelle come martiri, cioè, secondo il significato della parola stessa, testimoni del più grande amore, quello di dare la propria vita per quelli che si amano. Dinanzi al pericolo di una morte che era onnipresente nel paese, hanno fatto la scelta, a rischio della loro vita, di vivere fino alla fine i legami di fratellanza e amicizia che avevano intessuto con i loro fratelli e sorelle algerini attraverso l’amore. I legami di fraternità e amicizia sono stati più forti della paura della morte”.
“Sono i testimoni di una fraternità senza confini, di un amore che non fa differenze” proseguono i Vescovi, sottolineando che “la loro morte evidenzia il martirio di molti algerini, musulmani, cercatori di senso che, artigiani della pace, perseguitati per la giustizia, uomini e donne dal cuore retto, sono rimasti fedeli fino alla morte durante questo decennio oscuro che ha insanguinato l'Algeria”. Uniscono quindi nello stesso tributo, tutti “i fratelli e sorelle algerini, sono migliaia, che non hanno avuto paura di rischiare la propria vita per rimanere fedeli alla loro fede in Dio, al loro paese, e alla loro coscienza. Tra questi ricordiamo i 99 imam che hanno perso la vita per essersi rifiutati di giustificare la violenza”.
Ognuno dei prossimi beati aveva scelto di rimanere fedele a coloro che la vita di quartiere, i servizi condivisi, avevano fatto diventare il loro prossimo, prosegue il testo. “La loro morte ha rivelato che le loro vite erano al servizio di tutti: i poveri, le donne in difficoltà, i disabili, i giovani, tutti musulmani… I più angosciati, al momento della loro tragica morte, furono i loro amici e vicini musulmani, che si vergognavano si usasse il nome dell'Islam per commettere tali atti”.
“Ma oggi non guardiamo al passato - esortano i Vescovi -. Queste beatificazioni sono una luce per il nostro presente e per il futuro. Dicono che l'odio non è la risposta giusta all’odio, che non c'è un'inevitabile spirale di violenza. Vogliono essere un passo verso il perdono e la pace per tutti gli uomini, a partire dall'Algeria ma al di là dei confini dell'Algeria. Sono parole profetiche per il nostro mondo, per tutti quelli che credono e lavorano per vivere insieme. E ce ne sono molti qui nel nostro paese e in tutto il mondo, di tutte le nazionalità e di tutte le religioni. Questo è il significato profondo di questa decisione di Papa Francesco”.
Nella parte conclusiva del messaggio, i Vescovi ricordano che questi fratelli e sorelle “sono modelli sul sentiero della santità ordinaria, non sono eroi, non sono morti per un'idea o una causa. Erano semplicemente membri della piccola Chiesa cattolica in Algeria che, sebbene composta principalmente da stranieri e spesso considerata essa stessa straniera, viveva le naturali conseguenze della sua scelta di essere parte integrante di questo paese. Era chiaro a ciascuno dei suoi membri che quando ami qualcuno non lo lasci al momento della prova. Questo è il miracolo quotidiano dell’ amicizia e della fraternità. Molti di noi li hanno conosciuti e hanno vissuto con loro. Oggi la loro vita appartiene a tutti. Ora ci accompagnano come pellegrini di amicizia e fraternità universale”. (SL) (Agenzia Fides 27/1/2018)


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