AFRICA/ETIOPIA - Donne malate di Aids: l'assistenza dei missionari

giovedì, 23 novembre 2017

CH

Addis Abeba (Agenzia Fides) – “Finalmente è arrivato l’autobus che avevamo chiesto per trasportare le donne malate di Aids o che ospitiamo nella nostra casa Galilea”. Lo racconta a Fides padre Christopher Hartley, missionario spagnolo che dal 2008 vive a Gode, tra Etiopia e Somalia. “Abbiamo sempre avuto bisogno di un mezzo di trasporto adeguato per portare mattina e sera donne sieropositive e malate insieme ai loro figli piccoli nella casa della nostra missione costruita grazie al "Proyecto Tamara" avviato a Gode nel 2015 per assistere queste donne e i loro figli (vedi Fides 30/10/2015)”, continua il missionario.
“Durante la costruzione dell’edificio della missione - spiega - la Chiesa si è sempre fatta vedere presente nella comunità locale recandosi in visita alla popolazione. Spesso andavamo a trovare gli ammalati e così abbiamo deciso di rispondere alle necessità di quanti non hanno niente e nessuno che si occupi dei loro fabbisogni basilari. Giocando con i bambini e parlando con le loro mamme siamo riusciti ad entrare in contatto con i membri della comunità più vulnerabile e abbiamo subito iniziato a portare bambine e donne malate all’ospedale locale”, .
“Inoltre - continua p. Christopher - essendo la maggior parte affette da Aids abbiamo iniziato a portarle all’Ospedale Regionale per le cure. Da quel momento, l’ospedale ha richiesto la nostra collaborazione per identificare i malati sieropositivi che avevano lasciato le cure. Ne è risultato un memorandum d’intesa tra la Chiesa e l’Ospedale Regionale, con il sostegno del nostro Vicario Apostolico, Mons. Angelo Pagano, frate cappuccino” aggiunge il missionario.
“Molte delle donne che abbiamo contattato lavorano nei postriboli di Gode come cameriere, donne delle pulizie, prostitute. Spesso hanno meno di 25 anni, figli piccoli e senza alcun mezzo di sussistenza se non quello che guadagnano nel postribolo sotto l’autorità della ‘matrona’ della casa. Non si prostituiscono per scelta ma per estrema necessità. Pensano di non avere altra scelta e non considerano affatto il pericolo di Aids e altre malattie.”
Il missionario prosegue: “Abbiamo deciso di acquistare l’autobus perché nella zona non esiste un servizio di trasporti e gli abitanti possono raggiungere la missione solo a bordo di moto-taxi molto costosi. Il nostro autobus ci darà ora la possibilità di portare alla casa Galilea un maggior numero di donne e bambini in qualunque momento rendendo tutto più efficiente. Inoltre, permetterà al personale coinvolto di essere presente con le donne e i bambini che assistono alla formazione e all’asilo. Allo stesso modo ci permetterà di avviare la scuola primaria per i figli più grandi e anche per quelli che vivono troppo lontano dalle scuole della città. Accompagniamo le donne e i loro bambini (se sono ammalati) all’ospedale o alla clinica medica, agli appuntamenti per il trattamento HIV, sosteniamo i costi di tutte le analisi mediche di cui hanno bisogno perché diversamente non potrebbero permettersele".
A causa delle grandi distanze i bambini non possono andare a scuola né disporre di assistenza medica: per questo missionari e volontari programmano di aprire due classi di educazione Infantile (con circa 25-30 bambini ognuna), come complemento alle "classi di manualità" già iniziate con le donne. "L’obiettivo è servire tra 50-60 bambini e bambine, alcuni dei quali figli delle donne che frequentano i corsi di manualità mentre altri appartengono alle comunità limitrofe", conclude il sacerdote. (CH/AP) (23/11/2017 Agenzia Fides)


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