ASIA/INDIA - “IL FANATISMO NON HA FUTURO IN INDIA” DICE MONS. TELESPHORE TOPPO, PRESIDENTE DEI VESCOVI LATINI IN INDIA

giovedì, 26 giugno 2003

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Il fanatismo religioso non ha futuro in India. Sono ottimista: l’India è un grande paese con una millenaria tradizione di tolleranza. Il fanatismo nasconde questioni di natura politica, sociale, economica”. Lo ha detto in un colloquio con l’Agenzia Fides mons. Telesphore Toppo, Arcivescovo di Ranchi, stato di Jharkhand, nell’India Orientale, e Presidente della Conferenza dei Vescovi Latini dell’India (CCBI), giunto in Vaticano per la visita ad limina.
Intervenendo nel dibattito in corso in India dopo l’approvazione della legge anti-conversione in alcuni stati della federazione, che ha suscitato reazioni diverse fra intellettuali, mass media, gruppi difensori dei diritti umani, l’Arcivescovo ha detto all’Agenzia Fides: “I gruppi fondamentalisti hanno il loro programma, ma noi dobbiamo continuare per la nostra strada, sui sentieri del dialogo. E’ importante educare la nostra comunità all’apertura e al dialogo, perchè tutti vedano chi siamo noi cristiani e cosa vogliamo. Alcuni ci definiscono ‘stranieri’ ma noi siamo indiani ed esercitiamo liberamente un diritto sancito dalla Costituzione indiana che garantisce libertà di coscienza e di religione”.
Mons. Toppo spiega cosa nasconde il fanatismo religioso: “I fondamentalisti indù hanno una loro visione dell’India (secondo l’ideologia dell’hindutva, l’India deve avere un’unica cultura, lingua e religione, ndr): per questo hanno ucciso il Mahatma Ghandi. Hanno lavorato sistematicamente dagli inizi del secolo scorso, con una propaganda di odio verso musulmani e cristiani. Ma dietro questo fanatismo religioso vi sono questioni politiche, sociali, economiche. In India vi sono 100 milioni di fuoricasta, i dalit, e 70 milioni di tribali, gli adivasi. Per secoli questi gruppi hanno vissuto nell’oppressione e nell’esclusione sociale. Per questo accolgono volentieri il messaggio liberante del Vangelo. Determinati gruppi fondamentalisti temono che dalit e adivasi diventino cristiani, e considerano ciò una minaccia capace di sovvertire il sistema delle caste e alterare la composizione religiosa del paese, che vede all’incirca l’80% di cittadini indù, il 12,5% musulmani, il 2,6% cristiani. Per evitare tutto ciò, i gruppi fondamentalisti intendono trasformare l’India in un paese indù e vorrebbero presentarsi a dalit e tribali come loro garanti e difensori, dopo averli emarginati per secoli. Oggi, grazie all’evangelizzazione, allo sviluppo e alla promozione umana operata dai cristiani, i tribali sono alfabetizzati, conoscono e rivendicano i loro diritti. Questa dovrebbe essere una preoccupazione del governo, ma spesso non lo è. Il fanatismo – aggiunge – non ha futuro. Imploderà in sè perchè cerca di bloccare il progresso e lo sviluppo umano della popolazione”.
In un contesto multiculturale e multireligioso “il dialogo è per noi una priorità pastorale, una strada maestra”, continua l’Arcivescovo. “Lo sono anche i rapporti ecumenici, specialmente con le numerose denominazioni protestanti, in quanto per ogni problema politico, sociale, morale tutti identificano i cristiani come unico corpo”.
Su 30 milioni di cristiani, i cattolici sono 16 milioni, suddivisi in tre comunità di rito diverso: siromalabarese, siromalankarese, latino. “Questa è una sfida per noi: le tre comunità devono offrire una testimonianza di unità, attraverso una spiritualità di comunione che già esiste ma che occorre approfondire e vivere. Evangelizzazione e testimonianza camminano di pari passo. Ce lo ha ricordato il Papa nella visita ad limina, esperienza di comunione con la Chiesa universale da cui usciamo rafforzati”.
Mons. Toppo conclude: “Sono ottimista per il futuro dei cristiani in India, come lo era Madre Teresa, come lo è oggi il Santo Padre. L’India è un grande paese, con spirito tollerante che la maggioranza della popolazione conserva”.
(PA) (Agenzia Fides 26/6/2003 lines 49 words 586)


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