ASIA/INDIA - Giustizia per i cristiani massacrati in Orissa

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Orissa Church

Alcuni dei sopravvissuti ai massacri in ORissa

New Delhi (Agenzia Fides) - A otto anni dai massacri anticristiani che sconvolsero lo stato indiano di Orissa, iniziati il 25 agosto 2008, le vittime non hanno ancora ottenuto giustizia: come osserva a Fides l'intellettuale cattolico indiano John Dayal, ex presidente nazionale della "All India Catholic Union", "la recente morte dell'Arcivescovo emerito Raphael Cheenath, pastore in Orissa, coincide con i giorni in cui ricordiamo il martirio del più grande gruppo di cristiani in India da molti secoli". La Chiesa cattolica indiana, per parte sua, già dallo scorso anno celebra il 30 agosto la “Giornata dei martiri” e intende avviare la causa di beatificazione per riconoscere il martirio delle vittime.
"In una ondata di violenza mirata sui dalit e comunità tribali nel distretto di Kandhamal, i militanti fondamentalisti indù penetrarono nell'entroterra uccidendo in modo indiscriminato. Sfruttarono l'impunità garantita dallo Stato e la possibile complicità della polizia e altri apparati di governo. Il defunto Arcivescovo ha lottato per la giustizia durante la sua vita, ma molti crimini hanno ancora bisogno di indagini. La ricerca della giustizia prosegue", ricorda Dayal.
Il 25 agosto del 2008, la violenza sulla comunità cristiana di Kandhamal ha portato alla morte di circa 100 cristiani, anche se il governo parla ufficialmente di 38 mvittime. Si stima che circa 5.600 case sono state saccheggiate e bruciate, mentre circa 300 chiese e altri luoghi di culto sono stati distrutti. Oltre 50mila fedeli fuggirono nei boschi e hanno iniziato una vita da profughi per sopravvivere alla pulizia etnica.
Molti dei sopravvissuti alla violenza devono ancora ricevere giustizia. Il 2 agosto la Corte Suprema dell'India ha ordinato al governo dello Stato dell'Orissa di riesaminare 315 casi di violenza, tutti casi segnalati alla polizia ma non adeguatamente indagati.
L'Ong Christian Solidarity Worldwide, in una nota invata a Fides, afferma: "La decisione della Corte Suprema di riaprire 315 casi è un primo passo : chiediamo al governo statale e federale di garantire che gli autori di quei crimini siano arrestati e paghino per le loro azioni. Quello che è successo a Kandhamal non deve essere dimenticato; dovremo persistere nel chiedere di affrontare l'ingiustizia". (PA) (Agenzia Fides 25/8/2016)


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