VATICANO - “L’ospedale è stata la cattedra più ricca di questo Papa, un campione, un esempio di forza”. Sua Eccellenza mons. José Luis Redrado Marchite, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale Sanitaria, a Fides.

lunedì, 4 aprile 2005

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Ho avuto la fortuna di incontrare Papa Giovanni Paolo II tante volte nel corso dei 19 anni trascorsi in veste di Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale Sanitaria”. Così Sua Eccellenza mons. José Luis Redrado Marchite rimarca a Fides l’importanza che questo Papa ha avuto anche e soprattutto nel settore sanitario. “Nel corso di tutti gli incontri avuti - continua il vescovo - abbiamo parlato proprio del mondo degli ammalati. Ho notato un iter in questo Papa verso gli ammalati, ho visto un testimone soprattutto in questi ultimi momenti, ho visto la forza di Dio operare nella virilità e ho visto la mano di Dio operare nel corpo affaticato. E’ stato un iter logico in questo Papa, un Papa che viene da lontano ma che viene anche dalla sofferenza già in famiglia quando cresce orfano nella società del suo tempo e deve fare tanti sacrifici alternando il lavoro con il sacerdozio. Come sacerdote è stato attratto nel suo ministero da tre grandi amori che ha coltivato fino alla fine: la famiglia i giovani e gli ammalati.
L’ospedale è stata la cattedra più ricca che ha fatto questo Papa. Vederlo malato tra gli ammalati ci ha insegnato più di tutti gli scritti o i viaggi. Alla fine di questo viaggio della sua vita ci lascia la testimonianza di un uomo che ha vissuto la sofferenza proprio nella sua vita e che ha sempre detto parole di conforto a tutti gli ammalati. Non ha mai nascosto la sofferenza, ha affrontato quella realtà di cui noi abbiamo paura, la morte, che lui ha guardato pronto per la realtà finale.
Si è parlato molto di tutto quello che ha fatto nel sociale e un po’ meno di quanto ha fatto per il mondo dei malati, quasi a voler nascondere le malattie e la sofferenza che lui invece ha sempre voluto affrontare direttamente. La fotografia più significativa di questo Papa è, secondo me, quella che lo ritrae nel letto del Policlinico Gemelli, malato tra gli ammalati. Recentemente anche io ho vissuto personalmente questa esperienza, sono stato in rianimazione per malaria per tutto il mese di marzo scorso e quando riuscivo a vedere il Papa in tv mi sentivo molto vicino a lui. Insieme alla sua testimonianza di vita, Giovanni Paolo II ha lasciato alla Chiesa tre grandi eredità sanitarie: la Lettera Apostolica Salvifici Doloris del 1984 sul senso cristiano della sofferenza, proprio dopo che nel 1981 aveva subito l’attentato; il motu proprio Dolentium Hominum dove istituisce una commissione al servizio della Pastorale della salute che poi si trasformerà nell’ultimo dicastero che questo Papa ha istituito, quello della Pastorale per la Salute, l’11 febbraio 1985. Altra grande eredità è la Giornata Mondiale del malato, istituita il 13 maggio 1992, proprio in seguito ad una conversazione nata proprio a tavola con il Santo Padre. Questo per dimostrare ulteriormente l’interesse del Papa nei confronti dei malati. Con questi strumenti che ci ha lasciato ha voluto potenziare la sollecitudine della Chiesa a favore dell’uomo che soffre e animare questo esercito di buoni samaritani al servizio degli ammalati, proprio come ha fatto Gesù. Quando una Chiesa si allontana dagli ammalati si allontana da Cristo, mentre la Chiesa di Cristo è quella che ha al centro la debolezza dell’umanità. Quando vogliamo incoraggiare i vescovi diciamo che per vedere crescere la comunità basta mettere gli ammalati al centro della pastorale”. (AP) (4/4/2005 Agenzia Fides; Righe:42; Parole: 589)


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