AMERICA/STATI UNITI - “Abbiamo una lunga storia di accoglienza…”: la Chiesa sui provvedimenti per gli immigrati

venerdì, 21 novembre 2014

Washington (Agenzia Fides) – Il Vescovo ausiliare di Seattle e Presidente della Commissione per le migrazioni della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America (USCCB), Sua Ecc. Mons. Eusebio Elizondo, ha accolto con soddisfazione la notizia che l'amministrazione Obama ha deciso di rinviare i rimpatri di molti immigrati privi di documenti e delle loro famiglie.
"Abbiamo una lunga storia di accoglienza e di aiuto ai poveri, agli emarginati, agli immigrati e alle persone svantaggiate - ha detto Mons. Elizondo -. Ogni giorno la Chiesa cattolica negli Stati Uniti e tutte le sue strutture di servizio sociale, ospedali, scuole e parrocchie, sono testimoni delle conseguenze umane della separazione delle famiglie, quando i genitori vengono espulsi e separati dai loro figli o i coniugi separati l'uno dall'altro. Ormai tutti sanno che abbiamo chiesto all'amministrazione di fare tutto quello che è nel suo legittimo potere, per portare sollievo e giustizia ai nostri fratelli e sorelle immigrati. Come Pastori, accogliamo con favore tutti gli sforzi all'interno di questi limiti a tutela delle persone e per proteggere e riunire le famiglie e i bambini vulnerabili".
Nella nota inviata all’Agenzia Fides, l'Arcivescovo di Louisville, Sua Ecc. Mons. Joseph E. Kurtz, Presidente della USCCB, ha dichiarato: "C'è urgente necessità pastorale di una visione più umana degli immigrati e di stabilire un procedimento legale che rispetti la dignità di ogni persona, tuteli i diritti umani e sostenga quanto stabilisce la legge".
Secondo le ultime notizie diffuse dalle agenzie, ieri sera il Presidente Obama ha annunciato la firma delle misure esecutive con cui potranno essere regolarizzati circa 5 milioni di immigrati senza documenti. "Non è un’amnistia di massa. Si tratta di responsabilità e di misure di buon senso” ha detto il Presidente presentando il decreto, che esclude dai rimpatri forzati chi vive negli Usa da 5 anni o ha figli nati lì, garantendo il permesso di soggiorno e il lavoro. (CE) (Agenzia Fides, 21/11/2014)


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