ASIA/PAKISTAN - Dialogo con i talebani? Marcia della pace tinta di bianco per dire “no” all’estremismo

venerdì, 21 febbraio 2014

Faisalabad (Agenzia Fides) – Il Pakistan deve svegliarsi e considerare seriamente la minaccia rappresentata dalla militanza talebana, formulando una strategia adeguata per garantire una pace duratura. Il dialogo deve procedere di pari passo con una linea operativa chiara delle forze di sicurezza per fermare la violenza: è quanto hanno chiesto i partecipanti ad una “Marcia per la Pace”, nell’ambito della campagna “Bandiera Bianca”, lanciata da un’ampia rete di associazioni della società civile pakistana. I manifestanti, appartenenti a tutte le fedi religiose presenti nel paese, hanno stigmatizzato la “inazione dello stato e delle sue istituzioni”, che non sono riusciti finora a garantire la sicurezza dei cittadini. Come riferito a Fides, l’evento, tenutosi nei giorni scorsi a Faisalabad, è stato organizzato, da associazioni come “Peace and Human Development” (PHD), “National Minorities Alliance of Pakistan”, “Association of Women for Awareness & Motivation” (Awam).
La campagna “Bandiera bianca” invita tutti cittadini e le istituzioni a issare bandiere bianche su case, uffici e veicoli come segno di protesta pacifica contro l'estremismo e la militanza. Al corteo hanno partecipato persone di diverse comunità, provenienza e religione, studenti, avvocati, rappresentanti di sindacati, partiti politici, organizzazioni non governative, associazioni religiose. Tutti indossavano cappucci bianchi o portavano bandiere bianche, in segno del desiderio di pace.
Suneel Malik, direttore di PHD, riferisce a Fides: “Il dialogo tra governo e i talebani è stato finora confuso e inconcludente. Una soluzione completa e soddisfacente per affrontare la questioni della militanza talebana si troverà solo quando tutti gli insorti saranno inclusi in una piattaforma di negoziato”. Un attivista politico, Robin Daniel dichiara: “Lo stato, tenendo colloqui diretti con i talebani, sembra averli riconosciuti come entità legittima. I militanti vogliono trascinare il Pakistan all’età della pietra e vogliono imporre la legge del terrore in Pakistan”.
La direttrice della associazione femminile “Awam”, Nazia Sardar, ha detto: “La cittadinanza è stanca di sentir parlare di colloqui di pace con i talebani: finora sette accordi diversi con vari gruppi militanti non hanno prodotto risultati concreti”.
Naseem Anthony, attivista per i diritti umani, tra i promotori della campagna, rimarca: “Il dialogo dovrebbe andare di pari passo con l’azione sul campo: si dialoga con i gruppi disposti a parlamentare, mentre si lancia una violenta repressione contro i militanti che non entrano in un processo di dialogo e continuano a perpetrare atti di terrorismo”.
Anche per Shazia George “per essere ammessi ai negoziati, i talebani dovrebbero, come pre-condizione, deporre le armi, aderire alla Costituzione del Pakistan, accettare i diritti delle donne e delle minoranze religiose”. L’attivista politico Ashar Iqbal aggiunge: “Il dialogo con i gruppi militanti va tenuto entro i parametri della Costituzione. Colloqui di pace non possono avere luogo accanto ad atti di terrorismo. La violenza non può restare impunita”. Il coordinatore di un’altra associazione, Iftikhar Ahmed, ha rimarcato che “la vera battaglia è cambiare la mentalità militante diffusa nella società, fornendo opportunità alle persone”. (PA) (Agenzia Fides 21/2/2014)


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