ASIA/PAKISTAN - La Corte della sharia al governo: per il reato di blasfemia la pena giusta è solo la morte

martedì, 10 dicembre 2013

Islamabad (Agenzia Fides) – La Corte Federale per la sharia, tribunale islamico del Pakistan, ha emesso una ordinanza in cui si invita il governo a modificare le pene previste per il reato di blasfemia, oggi punibile con il carcere, fino all’ergastolo o con la pena capitale. Secondo la Corte, occorre rimuovere la possibilità di comminare il carcere o l’ergastolo e prevedere unicamente la punizione con la pena di morte. La Corte ha dato al governo due mesi per adeguare l’ordinamento giuridico nazionale.
La disposizione, data da un collegio di cinque giudici, si basa su una sentenza del 1990: già allora la Corte aveva chiarito che per la legge sulla blasfemia la pena di morte era l’unica punizione adeguata, in quanto il vilipendio del Profeta o dell’islam è “un reato intollerabile”. La Corte ha dunque chiesto l’immediata attuazione del provvedimento
La sentenza ha creato scalpore e scompiglio soprattutto nella comunità cristiana in Pakistan e, secondo fonti di Fides, imbarazzo nelle istituzioni e nel governo del premier Nawaz Sharif, che appartiene alla Lega Musulmana del Pakistan.
Nei giorni scorsi la Commissione “Giustizia e pace” dei Vescovi del Pakistan aveva diffuso dati preoccupanti sul netto incremento nelle denunce e nei casi di blasfemia contro i cristiani in Pakistan: quattro casi di blasfemia contro i cristiani sono stati registrati nel giro di un mese (vedi Fides 28/11/2013). L’incidenza, si afferma, è quattro volte superiore rispetto alla media mensile registrata nel corso degli ultimi due anni. Le accuse sono spesso palesemente false, poiché la blasfemia viene utilizzata come “strumento di vendetta” in controversie private. Fra i cristiani condannati a morte per blasfemia vi è anche la donna cristiana Asia Bibi, in carcere da oltre 4 anni. (PA) (Agenzia Fides 10/12/2013)


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