ASIA/PAKISTAN - I diritti delle minoranze: una sfida per il nuovo governo

mercoledì, 24 luglio 2013

Londra (Agenzia Fides) – I diritti delle minoranze religiose sono una sfida per l’azione futura del nuovo governo, eletto in Pakistan nel maggio scorso, e potrebbero rivelarsi un punto cruciale nello sviluppo della democrazia e dello stato di diritto nel paese. E’ quanto afferma, in una nota inviata all’Agenzia Fides, l’organizzazione non governativa “Minority Rights” (MR), con sede a Londra, che pubblica ogni anno un rapporto sulla condizione delle minoranze etniche, religiose, culturali nel mondo. Nella nota inviata a Fides si auspica che, dopo “la prima transizione democratica del potere nella storia del paese”, il nuovo governo di Nawaz Sharif dia un’importanza e attenzione speciale “al trattamento delle minoranze e la libertà religiosa in generale”, per poter governare un “reale cambiamento del Pakistan”.
Una prima questione sollevata è quella della rappresentanza politica. “I non musulmani – chiarisce la nota – possono attualmente ottenere seggi nelle elezioni generali, ma sono solo i 10 seggi riservati alle minoranze nell'Assemblea Nazionale, assegnati sulla base di una selezione piuttosto che di una elezione”. Il risultato, si afferma, “è tutt’altro che soddisfacente”. La presenza di cristiani o indù nella Assemblea Nazionale “è stata storicamente minima”. Tuttavia, prosegue l’Ong, “la situazione di altri gruppi minoritari è anche peggiore”: non solo i circa quattro milioni Ahmadi sono esclusi dal voto nelle elezioni, ma gli elettori musulmani firmano una dichiarazione sul retro della scheda di voto, respingendo il fondatore della Comunità musulmana ahmadi come un falso profeta. Nawaz Sharif ha già parlato di l'importanza dei diritti delle minoranze in Pakistan, osservando che “il termine ‘minoranza’ non si dovrebbe usare in quanto dà una impressione negativa”. Tuttavia, prosegue la nota di “Minority Rights”, il dibattito sull'uso della terminologia è puramente formale, ma restano le questioni sostanziali riguardanti tali gruppi in tutto il paese.
Un altro capitolo sensibile è la “legge sulla blasfemia” che, prosegue il testo inviato a Fides, negli ultimi anni “ha registrato un aumento della violenza settaria contro le minoranze religiose”. “Il più controverso” – si spiega – è l'articolo 295-C del Codice penale pakistano, che impone all'ergastolo o la pena di morte per chiunque profana il nome del Profeta Maometto. La nota ricorda gli abusi sulla legge, dato che la maggior parte dei casi di blasfemia derivano da false accuse, per questioni relative alla proprietà o per altre vendette personali. MR ricorda che “quando il Sharif era Primo ministro, nel 1991, si rifiutò di presentare ricorso contro la decisione del ‘Tribunale federale della Sharia’, che aveva stabilito la pena di morte come sanzione per blasfemia”.
Un altro ambito di discriminazione negli ultimi anni è la pratica preoccupante dei matrimoni forzati e le conversioni religiose forzate di persone provenienti da minoranze religiose. MR, dopo una attenta ricerca sul campo per capire le cause del fenomeno, può affermare che tali conversioni prevalentemente avvengono nelle province del Punjab e di Sindh e possono essere correlati alla “violenza di genere”.
Un punto molto importante da sottoporre al governo, spiega la nota di MR, è quello dell'intolleranza verso le minoranze religiose promossa nei libri di testo scolastici. Alcuni di questi insegnano ai bambini delle scuole che i non-musulmani sono nemici dell'islam o sono inferiori. “Poco è stato realizzato dal precedente governo per affrontare tale questione”, che ora tocca al nuovo governo affrontare. La “intolleranza istituzionalizzata”, insegnata nelle scuole – conclude l’analisi di MR – si riflette e si traduce nel clima difficile che si vive nella odierna società pakistana. (PA) (Agenzia Fides 24/7/2013)


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