AFRICA/ANGOLA - Il Natale nel nord-est dell’Angola: a Fides una testimonianza esclusiva di un missionario

giovedì, 23 dicembre 2004

Luanda (Agenzia Fides)- Come si vive il Natale in Angola a 2 anni dalla fine della guerra civile durata 25 anni? Fides lo ha chiesto a un missionario che opera nella Lunda Norte nel nord-est dell’Angola che ha inviato questa testimonianza: “14 anni di guerra di liberazione e i consecutivi 27 di guerra civile sono un processo di acculturazione brutale e radicale per qualsiasi società umana, a maggior ragione per il nord-est dell'Angola, popolata dai lunda-chokwe, per secoli vissuti fieramente attaccati alle proprie tradizioni e alla propria storia.
La guerra ha costretto la popolazione, nella sua quasi totalità rurale, a rifugiarsi nelle città, cambiando completamente abitudini di vita. Non ritmavano più la vita e l'esistenza l'iniziazione, i riti di passaggio, le feste tradizionali, ma la paura di imboscate e rappresaglie, la violenza che snaturava tutte le relazioni umane, la ricerca disperata di cibo per la sopravvivenza, la precarietà della situazione di sfollato.
Il Natale è entrato così nel bagaglio culturale dei lunda-chokwe, illusione di un modo di vita urbanizzato, modernizzato, globalizzato, veicolato dai cittadini, dalle note della radio e dalle immagini della televisione. Il Natale della modernità ha sostituito le feste tradizionali, non come festa religiosa, ma soprattutto come occasione per evadere da una realtà desolante, per affogare nell'abbondanza di un banchetto memorabile paure e frustrazioni di tutto un anno. E quando nelle nostre chiese del nord-est si fa un po' di catechesi sul significato religioso del Natale, ci si scontra pure con le perplessità, il complesso di inferiorità dello sparuto gregge dei cattolici, sempre bersaglio delle accuse delle sette, sincretiste, pentecostali, fondamentaliste: dove è scritto nella Bibbia che Gesù è nato il 25 dicembre? Perché la Chiesa cattolica inventa ricorrenze e celebrazioni che non hanno fondamento nella Parola di Dio, e inducono i credenti all'idolatria?
I nostri cattolici è solo ora che conoscono la Messa di Mezzanotte, la messa suggestiva dell'annuncio della nascita del Salvatore. Negli anni di guerra il coprifuoco impediva qualsiasi attività e assembramento dopo il tramonto. Ma tutto questo non impedisce a Dio di parlare al cuore dei credenti, per mezzo della festa del Natale. C'è la consapevolezza tra i cristiani della nostra regione che il Natale è la celebrazione di un evento che ha cambiato radicalmente la storia del proprio popolo. La nascita di Gesù merita di essere ricordata e celebrata, perché la vita della gente non è più la stessa dopo che lo ha conosciuto e seguito. Gesù ha portato la luce della parola di Dio a un popolo che camminava nelle tenebre. Si può essere fieri e orgogliosi della propria storia, della propria particolarità culturale, ma davanti alla persona e alla parola di Gesù ci si accorge della propria povertà, dei limiti della propria umanità, delle proprie concezioni, delle proprie credenze.
La gente ha coscienza che certe forme della tradizione, del proprio patrimonio culturale e esistenziale, sono un’oppressione, sono un ostacolo a una vita serena, realizzata: la stregoneria, la vendetta, il tribalismo, le pratiche magiche. Gesù insegna ad avere il coraggio di liberarsi da tutto ciò, di ripensare la propria cultura e la propria esistenza senza più fare riferimento a questi elementi tradizionali. Il Natale, la nascita di Gesù è la celebrazione di una nuova nascita del popolo lunda-chokwe. L'uomo che accetta l'evento di un Dio fattosi bambino, fa l'esperienza nuova di capire chi è quel Dio, Zambi, di cui sono pieni i proverbi, i canti tradizionali, ma che resta poco più di una parola misteriosa. Gesù ci svela che Dio è una persona di cui avere fiducia, che non tradisce le aspettative, che non abbandona mai chi si affida a lui, che ci accompagna nel nostro sforzo di costruire una nuova umanità”. (L.M.) (Agenzia Fides 23/12/2004 righe 45 parole 630)


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