ASIA/PAKISTAN - Petizione per eliminare la pena di morte dalla legge di blasfemia

giovedì, 7 marzo 2013

Hong Kong (Agenzia Fides) – Eliminare la pena di morte dalla legge di blasfemia e ritirare le accuse a carico di Sherry Rehman: è quanto chiede una petizione lanciata dall’Asian Human Rights Commission (AHRC), Organizzazione non governativa con sede a Hong Kong, che ha avviato una raccolta di firme, ben presto appoggiata da altre associazioni ed enti della società civile, in Pakistan e in atri paesi in Asia e nel mondo.
Come riferisce a Fides una nota della AHRC, spunto per l’iniziativa è stata la decisione della Corte Suprema del Pakistan di dichiarare “ammissibili” le accuse di blasfemia a carico di Sherry Rehman, ambasciatore del Pakistan negli Usa, ex parlamentare del Pakistan People’s Party che aveva presentato in passato un proposta di revisione della legge di blasfemia (vedi Fides 19/1/2013). Secondo l’AHRC, la Corte Suprema lo ha fatto “per guadagnare popolarità fra i gruppi fondamentalisti islamici”.
Il fatto è grave e allarmante, nota l’Ong, perché in tal modo si dà spazio anche nelle più alte sedi istituzionali agli abusi della legge sulla blasfemia. Inoltre la Corte Suprema – avallando le accuse e quindi un processo a carico della Rehman solo perchè questa aveva espresso critiche verso la legge in un dibattito televisivo – si presta a “sopprimere la libertà di espressione nel paese”.
La nota inviata a Fides dalla AHRC si chiede “se la Corte Suprema sia stata in qualche modo spinta contro l'ambasciatore Rehman o se si tratta di una crociata personale”. Per questo si lancia la petizione che chiede al nuovo Parlamento pakistano, che sarà eletto nei prossimi mesi, di eliminare la pena di morte dalle legge di blasfemia. D’altro canto la petizione chiede alla Corte Suprema di ritirare l'accusa di blasfemia contro Sherry Rehman.
“L'uso della blasfemia è diventata una pratica per limitare la libertà di espressione e di pensiero della società, ed ora è utilizzata dalla magistratura per negare alla popolazione il diritto di discutere questioni relative all’abuso delle leggi da parte dei fondamentalisti”, conclude la nota. (PA) (Agenzia Fides 7/3/2013)


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