ASIA/INDIA - Pena di morte per gli stupratori: la Chiesa frena

martedì, 5 febbraio 2013

New Delhi (Agenzia Fides) – “Lo stupro è una vergogna nazionale, ma la Chiesa non può approvare la pena di morte per i colpevoli delle violenze, perché difende la sacralità della vita”: con tali parole, espresse in un colloquio con l’Agenzia Fides, S. Ecc. Mons. Agnelo Rufino Gracias, Vescovo ausiliare di Bombay, riporta la posizione della Chiesa indiana dopo il decreto legge emesso dal governo. Il testo prevede la pena di morte per gli stupratori nei casi in cui la vittima muore o finisce in stato vegetativo persistente, ma anche per i recidivi, che ripetono il reato di “violenza sessuale aggravata”. Il provvedimento verrà sottoposto al Parlamento, che ha sei mesi per ratificarlo.
Mons. Gracias illustra a Fides la posizione della Chiesa indiana: “Un decreto di tal genere è stato presentato sull’onda emotiva, dopo il caso della 23enne indiana Nirbhaya, violentata e uccisa un mese fa. Crediamo occorra una riflessione più pacata e speriamo che in Parlamento questo accada. Siamo ben consapevoli che lo stupro è un vergogna nazionale, che condanniamo con forza. Siamo tenaci promotori della giustizia per le vittime e di una adeguata punizione dei colpevoli. Ma la pena capitale non è la soluzione. Crediamo che in molti casi basterebbe applicare con zelo la legislazione vigente”. Per combattere a monte la piaga dello stupro nella società indiana, il Vescovo nota: “Come Chiesa stiamo cercando di contribuire, nel nostro piccolo, a combattere questa terribile pratica. Prima di tutto promuovendo il rispetto della dignità della donna e le pari opportunità. In secondo luogo, con un lavoro capillare nell’istruzione, campo da cui partire per cambiare una mentalità, e diffondendo una cultura basata sul valore e sul rispetto di ogni vita umana”.
Come riferito a Fides, alcuni attivisti hanno criticato il decreto del governo per aver ignorato i casi in cui a essere accusato di stupro è il personale delle forze di polizia o delle forze armate. Il governo ha spiegato che tale decreto non può avere effetto retroattivo, dunque le disposizioni non possono essere applicate al caso di Nirbhaya. (PA) (Agenzia Fides 5/2/2013)


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