ASIA/GIORDANIA - IL DRAMMA NEL DRAMMA DEI LAVORATORI STRANIERI CHE FUGGONO DALL’IRAQ IN GUERRA. PARLA LAURA BOLDRINI, PORTAVOCE DELL’ALTO COMMISSARIATO ONU PER I RIFUGIATI

giovedì, 3 aprile 2003

Amman (Agenzia Fides)- “Non vi sono iracheni nei nostri campi profughi allestiti in Giordania” dice all’Agenzia Fides Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che si trova nel campo giordano di Ruwayshed, alla frontiera con l’Iraq.
La dottoressa Boldrini ha accettato di rispondere ad alcune domande dell’Agenzia Fides.
Chi sono i profughi che state attualmente assistendo? Quante persone sono passate nei vostri campi?
Qui a Ruwayshed che è gestito dalla Mezzaluna Rossa (l’equivalente per i paesi islamici della Croce Rossa) e dallo IOM l’International Organization for Migration (vedi Fides 27 marzo 2003), vi sono stranieri che lavorano in Iraq. Si tratta soprattutto di egiziani, sudanesi, somali e palestinesi che da anni lavoravano in Iraq ed adesso hanno perso tutto. Alcuni di loro hanno sposato cittadini iracheni e hanno dovuto separarsi dalla loro famiglia. Si tratta di un dramma nel dramma più vasto della guerra. Tra loro vi sono palestinesi che non hanno regolari passaporti ma solo documenti di identità che non sono riconosciuti da tutti i paesi arabi. Vi sono anche studenti somali che temono di dover ricominciare gli studi in un altro paese, perché non sanno se potranno tornare in Iraq quando la guerra sarà finita.
Finora sono passati per il campo di Ruwayshed circa mille persone, molte delle quali sono state rimpatriate nei paesi di origine. Rimane il problema dei palestinesi senza documenti e dei sudanesi e dei somali che non possono tornare nei loro paesi che si trovano in guerra. Stiamo cercano di far accogliere queste persone in altri paesi.

A sua avviso quali sono i motivi per i quali non vi sono profughi di nazionalità irachena? È la politica del regime che terrorizza la popolazione? Quanto il timore delle bombe americane sulle strade può influire sulla decisione di non partire?
In effetti finora è rimasto vuoto l’altro campo gestito direttamente dall’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, e che è destinato ad accogliere i profughi di nazionalità irachena. Da quello che ci raccontano i profughi arrivati finora sembra che il regime iracheno ha minacciato pesanti sanzioni per chi cerca di fuggire dal paese, come la perdita della nazionalità e dei propri beni. Un’altra ragione del basso numero di profughi iracheni è data dall’alto costo del viaggio, oltre 400 dollari per arrivare in Giordania. Il popolo iracheno si è molto impoverito dopo anni di sanzioni che hanno messo in ginocchio la povera gente.
Dai racconti dei profughi arrivati qui ieri, non vi sono particolari ostacoli a raggiungere la frontiera con la Giordania partendo da Baghdad. Ci hanno raccontato di aver incontrato un solo posto di blocco lungo la strada e di non aver notato alcuna attività militare americana.
Secondo lei potranno arrivare in massa profughi iracheni?
È proprio difficile fare previsioni in questo momento. Tutto dipende dall’andamento della guerra e dai suoi tempi. In ogni caso noi abbiamo predisposto il necessario per far fronte ad arrivi in massa. Abbiamo al momento già pronti aiuti per 300mila persone e abbiamo allestiti campi profughi oltre che in Giordania, anche in Siria e Iran. (L.M.) (Agenzia Fides 3/4/2003 righe 45 parole 537)


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