DOSSIER FIDES - 150° ANNIVERSARIO DEL DOGMA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE,PRIMA PARTE:La Genesi del Dogma nei primi secoli del Cristianesimo

lunedì, 9 agosto 2004

- LA GENESI DEL DOGMA NEI PRIMI SECOLI DEL CRISTIANESIMO

Pur nella difficoltà di reperire fonti documentarie relative alla fede popolare poco incline a testimonianze scritte ma ricca di atteggiamenti di fede, abbiamo testimonianze indirette di alcuni teologi.
Una delle prime testimonianze sulla “straordinaria santità” di Maria è reperibile nel Protovangelo di Giacomo, un apocrifo del II secolo, il quale narra il concepimento verginale di Anna, madre di Maria. Tale dato, non attendibile storicamente e rifiutato da Epifanio e Bernardo, rivela, come sostiene Laurentin nel volume Maria nella storia della salvezza, “una grande coscienza della santità perfetta e originale di Maria nella sua stessa concezione”.
Altra connotazione tipica dei primi secoli del Cristianesimo nella dottrina dell’Immacolata Concezione è il parallelismo tra Eva e Maria, secondo una duplice relazione di somiglianza e di opposizione. Sulla base della prima, come Eva fu plasmata senza macchia dalle mani di Dio, similmente Maria doveva essere creata da Dio, Immacolata. Per opposizione, Colei che doveva essere la restauratrice delle rovine di Eva, non poteva essere travolta dal peccato.
Tale parallelo è ripreso in maniera molto pertinente ed efficace anche dal concilio Vaticano II, nella costituzione Lumen Gentium, 56: “Il Padre delle misericordie ha voluto che l'accettazione da parte della predestinata madre precedesse l'Incarnazione, perché così, come una donna aveva contribuito a dare la morte, una donna contribuisse a dare la vita.
Ciò vale in modo straordinario della madre di Gesù, la quale ha dato al mondo la vita stessa che tutto rinnova e da Dio è stata arricchita di doni consoni a tanto ufficio. Nessuna meraviglia quindi se presso i santi Padri invalse l'uso di chiamare la madre di Dio la tutta santa e immune da ogni macchia di peccato, quasi plasmata dallo Spirito Santo e resa nuova creatura. Adornata fin dal primo istante della sua concezione dagli splendori di una santità del tutto singolare, la Vergine di Nazaret è salutata dall'angelo dell'Annunciazione, che parla per ordine di Dio, quale « piena di grazia » (cfr. Lc 1,28) e al celeste messaggero essa risponde « Ecco l'ancella del Signore: si faccia in me secondo la tua parola » (Lc 1,38). Così Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù, e abbracciando con tutto l'animo, senza che alcun peccato la trattenesse, la volontà divina di salvezza, consacrò totalmente se stessa quale ancella del Signore alla persona e all'opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione in dipendenza da Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente. (…) Come dice Sant'Ireneo, essa «con la sua obbedienza divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano ». Onde non pochi antichi Padri nella loro predicazione volentieri affermano con Ireneo che « il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede» e, fatto il paragone con Eva, chiamano Maria «madre dei viventi e affermano spesso: « la morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria ».
Ippolito parlando del Salvatore lo definisce: “Un’arca fatta con legni (la Vergine) non soggetti alla putrefazione della colpa.”
Dal IV secolo la dottrina dell’Immacolata Concezione divenne più esplicita.
Efrem il Siro pose sullo stesso piano la purezza di Maria a quella di Cristo asserendo che tale purezza è privilegio unico tanto dell’uno quanto dell’altra: “Tu soltanto, o Signore, e la tua Madre siete belli sotto ogni aspetto; poiché non v’è in te macchia alcuna, o Signore, né macchia alcuna v’è nella Madre tua.”
Nel secolo V, Procolo sostenne un intervento speciale di Dio nella creazione della futura Madre di Dio, perché fosse una creatura nuova, formata “da un’argilla monda” come Adamo prima del peccato.
Teodoto d’Ancira oppone Maria ad Eva dichiarando che sebbene “la Vergine sia inclusa nel sesso muliebre, fu tuttavia esclusa dalla nequizia di quel sesso; fu una Vergine innocente, senza macchia, senza colpa, intemerata, santa di anima e di corpo, come un giglio che sboccia tra le spine.”
Sant’Agostino interviene in due occasioni polemiche nel dibattito sull’Immacolata Concezione: nella prima, la più incisiva e importante, in risposta a Pelagio afferma che tutti i giusti del Vecchio Testamento, durante la loro vita, avevano peccato “eccetto la Vergine Maria, riguardo alla quale, per l’onore del Signore, quando si tratta di peccati, non voglio avere questione alcuna, perché sappiamo che, che per aver meritato di concepire e dare alla luce Colui che chiaramente consta non aver avuto alcun peccato, le fu conferita più Grazia che non occorresse per vincere da qualsiasi parte il peccato.”
Questo testo fu stimato tanto degno della dimostrazione immacolista da confluire nel testo della bolla Ineffabilis Deus.
L’altro testo, tratto dal Contra Iulianum, è una risposta a Giuliano il quale obiettava al fatto che per Agostino, data l’universalità del peccato originale, anche Maria era assoggettata al potere di Satana. Agostino a queste osservazioni risponde: “… non assegniamo Maria al diavolo per la condizione del nascere, ma per questo: perché la stessa condizione del nascere è risolta dalla grazia del rinascere”. Questa affermazione su Maria fa chiaramente comprendere come per Agostino l’assenza in Maria del peccato originale, sia effetto della grazia di Dio.
La decisività del popolo cristiano nella maturazione dell’aspetto teologico dell’Immacolata Concezione è testimoniata in maniera determinante a partire dal IX secolo quando da un lato si celebra con la consueta fede la festa dell’Immacolata Concezione, dall’altra si grida allo scandalo quando i predicatori negano il privilegio mariano o si asserisce la presenza del peccato originale in Maria.(Agenzia Fides 9/8/2004)


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