AFRICA/SOMALIA - “La sola opzione militare è insufficiente: occorre un deciso sforzo politico” dice a Fides il Vescovo di Gibuti

giovedì, 23 febbraio 2012

Mogadiscio (Agenzia Fides) - “Come avvenuto in precedenti occasioni, le speranze di alcuni sono alte. Io stesso spero che dalla Conferenza di Londra esca qualcosa di positivo. È vero però che, dopo tante conferenze fallite, c’è il rischio che anche questa diventi l’ennesima conferenza senza risultati” dice Sua Ecc. Mons. Giorgio Bertin, Vescovo di Gibuti e Amministratore Apostolico di Mogadiscio, in un colloquio con l’Agenzia Fides sull’apertura di oggi, 23 febbraio, della Conferenza internazionale di Londra sulla Somalia, alla quale prenderanno parte circa 50 tra Stati e organizzazioni internazionali. Tra i partecipanti vi sono l’ONU (rappresentata dal suo Segretario Generale, Ban Ki-moon), l’Unione Africana, l’Unione Europea, gli Stati Uniti, oltre a diversi Paesi africani, europei e mediorientali.
“Spero almeno che nell’ambito della comunità internazionale emergano convergenze di idee e di sforzi per collaborare con il popolo somalo e con i suoi rappresentanti. Anche se è sempre stato difficile trovare dei rappresentanti ‘genuini’ della popolazione somala. Quelli che si trovano a Londra penso che lo siano solo in parte” afferma Mons. Bertin.
Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato l’aumento degli effettivi dell’AMISOM (la forza militare dell’Unione Africana) da 12.000 a 17.731 uomini, mentre le truppe etiopiche che appoggiano quelle del governo somalo di transizione hanno annunciato la conquista della città di Baidoa, che era in mano agli Shabab.
Chiediamo a Mons. Bertin se non pensa che stia prevalendo l’opzione militare nel cercare di dare una risposta alla crisi somala. “Spero che l’opzione militare non sia la scelta prioritaria, come non si può pensare di risolvere la carestia con il solo intervento umanitario” risponde il Vescovo. “In questi ultimi mesi ho insistito sul fatto che non bisogna abbandonare la Somalia in mano alle sole organizzazioni umanitarie, anche quando queste sono animate dagli scopi più nobili, se no si perpetua la situazione di dipendenza. Occorre invece lasciare un largo spazio a diplomatici e politici perché giochino il loro ruolo. Pur non escludendolo, non vorrei che l’aspetto militare diventasse prioritario rispetto agli altri. A mio parere privilegiando l’ intervento militare non si risolverà molto.
Intendiamoci, l’aspetto sicurezza deve avere la giusta attenzione così come deve continuare l’aiuto umanitario, ma per far uscire la Somalia dalla sua crisi che dura da decenni occorre privilegiare la politica e la diplomazia” conclude Mons. Bertin. (L.M.) (Agenzia Fides 23/2/2012)


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