LE NUOVE SCHIAVITÙ DEL XXI SECOLO - Prima parte: La terza attività illegale più redditizia del mondo - Dati e cifre della grandezza del problema - Funzionamento globale della domanda e dell’offerta: tabelle

domenica, 1 agosto 2004

LA TERZA ATTIVITÀ ILLEGALE PIÙ REDDITIZIA DEL MONDO

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - È un mondo contraddittorio quello che, da una parte si batte sempre di più in favore di valori come la libertà e l’uguaglianza, e dall’altra nega gli stessi valori a migliaia di persone. Il traffico di esseri umani, e di donne in particolare, è un fenomeno che, purtroppo, sta raggiungendo dimensioni drammatiche Si tratta di un commercio estremamente redditizio, che comporta pochi rischi per chi l’organizza, in cui operano grandi multinazionali con connessioni in tutto il mondo; una piaga che si è ampliata e diffusa, specialmente nell’ultima decennio.
Lo scorso 8 marzo 2004, Giornata internazionale della Donna, nella Commissione sullo Stato della Donna, celebrata nella sede delle Nazioni Unite a New York dal 1° al 12 marzo, Marilyn Ann Martone, membro della delegazione della Santa Sede, nel suo intervento ha lanciato un duro monito contro questo fenomeno: “Non possiamo non condannare la cultura edonista e commerciale, così estesa, che promuove lo sfruttamento sistematico delle ragazze e delle donne. Il traffico di donne e bambini deve finire. Il contributo delle donne nei processi decisionali per combattere questo vergognoso traffico può essere decisivo, dal momento che sono le principali vittime di questi crimini”.
Una forma contemporanea di schiavitù, un vero e proprio dramma che, talvolta, acquisisce tinte quasi inumane, come nel caso di una bambina thailandese venduta dai propri genitori. Venuta a sapere della situazione della figlia, destinata a soddisfare otto clienti al giorno in un bordello di Bangkok (invece della vicina città che le era stata promessa), la mamma piange e si lamenta per il poco guadagno realizzato dalla vendita della figlia, che ora svolge un lavoro così redditizio, e pensa solo che avrebbe dovuto chiedere 10.000 bath (205 €) invece che 5.000 (102 €).
Si tratta di un commercio che avviene in tutto il mondo con un’impunità quasi assoluta e, in molti casi, con sanzioni anche molto meno severe di quelle stabilite per il traffico di droga. La totale assenza di misure contro la prostituzione che si registra nella maggioranza dei paesi, ne ha permesso la crescita incontrollata. Dal Terzo Mondo arrivano ogni giorno giovani donne, ingannate, spesso minorenni, che fuggono dalla guerra, dalla miseria o da altre situazioni di povertà, per popolare le strade ed i bordelli dei cosiddetti paesi sviluppati. Sono la carne da macello di un commercio sommerso che muove miliardi di euro l’anno, che sfuggono al fisco, e che solitamente va unito al traffico di droga e ad altre attività illegali. L’ ONU lo ha definito come la terza attività illegale più redditizia del mondo; capace di generare guadagni che si avvicinano ai 12 miliardi di dollari l’anno (le prime due sono il traffico di armi e di droga).
In un toccante documento dell’Unione delle Congregazioni Religiose Femminili della Chiesa Cattolica del 2002, è stata pubblicata la testimonianza di un prosseneta europeo che, cinicamente, affermava: “La donna procura un guadagno superiore a quello della droga o delle armi. Questi articoli si possono vendere una sola volta, la donna, invece, può essere rivenduta finché muore di AIDS, impazzisce o si uccide..” Una “industria” dunque, che consuma fisicamente ed emozionalmente le sue vittime.
In nessun’altra situazione i diritti inalienabili dell’essere umano si vedono così calpestati come quando la donna diventa - pura e semplice - merce di consumo per il piacere di alcuni. La donna diventa capitale finanziario per le associazioni criminali, un oggetto, strumento di soddisfazione di ogni genere di egoismo e perversione del cliente, vittima privata della sua dignità, con cui si traffica nella clandestinità. Dopo un’esperienza del genere, è davvero difficile ricostruire, in queste donne, una vera identità.
Quando parliamo di questo fenomeno dobbiamo distinguere fra i termini prostituzione, come fenomeno sociale e attività; prostituta, riferito alla persona che cade nella rete per una qualsiasi ragione, e prostituita, cioè, la persona che viene costretta a prostituirsi. È a quest’ultima a cui, principalmente, ci riferiremo.
Il nuovo Protocollo dell’ONU (2000) per prevenire, reprimere e sanzionare la tratta di persone, specialmente di donne e bambini, che integra la Convenzione delle Nazioni Unite contro la Delinquenza Organizzata Transnazionale, definisce, nel suo articolo n.3 (a) la tratta di persone come “la captazione, il trasporto, l’accoglienza o la ricezione di persone, facendo ricorso alla minaccia, all’uso della forza o ad altre forme di coazione, al rapimento, alla frode, all’inganno, all’abuso di potere o di una situazione di vulnerabilità, o alla concessione o al ricevimento di pagamenti o benefici, per ottenere il consenso di una persona che abbia autorità su di un'altra ai fini dello sfruttamento di quest’ultima. Il termine sfruttamento si intenderà riferito, quanto meno, allo sfruttamento della prostituzione altrui o ad altre forme di sfruttamento sessuale, ai servizi o lavori forzati, alla schiavitù o alle pratiche analoghe, alla servitù o all’ espianto di organi”.
Il fenomeno del traffico di essere umani ha visto un grande sviluppo specialmente negli ultimi due decenni. Agli inizi degli anni Ottanta, migliaia di donne straniere arrivarono in Europa in cerca di lavoro e migliori condizioni di vita. Ma, nella loro condizione di illegalità, povertà e vulnerabilità, caddero ben presto nelle mani di organizzazioni criminali dedite all’industria del sesso. Negli anni Novanta il fenomeno ha acquisito proporzioni enormi e da allora non ha mai smesso di aumentare, come sono aumentate enormemente anche le mafie e le organizzazioni che si dedicano a questa attività, dati i grandi guadagni che produce.
Naturalmente la forma, l’incidenza e le manifestazioni variano da regione a regione. Le modalità del traffico dall’Africa verso l’Europa sono diverse da quelle che si registrano all’interno dell’America Latina, del Sudest Asiatico o del Subcontinente Indiano. Ciò nonostante, il risultato finale rimane invariato: le donne e le bambine finiscono disperatamente imprigionate nella schiavitù sessuale senza molte possibilità di sfuggire a questa situazione.


DATI E CIFRE DELLA GRANDEZZA DEL PROBLEMA

Negli ultimi venti anni la prostituzione ed il traffico di persone ai fini dello sfruttamento sessuale hanno raggiunto proporzioni allarmanti in tutto il mondo. Alcuni dati potrebbero fornirci un’idea sulla grandezza del problema, ma si tratta di una situazione in cui risulta difficile dare delle cifre esatte, anche perché, nella maggioranza dei Paesi, non ci sono delle statistiche e ciò è dovuto principalmente a:
- natura clandestina e illegale di questo tipo di traffico
- assenza, in molti paesi, di una legislazione contro la tratta delle persone
- rinuncia delle vittime a rivelare le loro esperienze alle autorità
- poca priorità che i governi concedono alla raccolta dei dati e all’investigazione.


Le Nazioni Unite, nel loro rapporto del settembre 2002, calcolano in 4.000.000 le donne che ogni anno sono vendute ai fini della prostituzione, della schiavitù o del matrimonio, e in 2.000.000 il numero di bambine, tra i 5 e i 15 anni, che vengono introdotte nel commercio sessuale. Di questi 4 milioni di donne, circa mezzo milione arrivano annualmente in Europa occidentale. Approssimativamente 200.000 donne nepalesi raggiungono l’India ogni anno in relazione con il commercio del sesso. Si calcola che, negli ultimi trent’anni, oltre 30.000.000 di asiatiche siano cadute nelle mani di queste organizzazioni, e che circa 10.000 moldave, ucraine e rumene operino nel commercio sessuale in Bosnia, che almeno 8.000 nigeriane lavorino nelle strade italiane, e che altre 5.000 albanesi, moldave e ucraine siano state introdotte in Italia e costrette a prostituirsi.
In Tailandia, Myanmar e Cambogia i bambini vengono reclutati per finire, spesso, prostituiti nei bordelli per il turismo internazionale del sesso. In Brasile, Venezuela e Colombia i trafficanti rapiscono per strada le giovani ragazze per introdurle nei bordelli dei centri minerari dell’Amazzonia. Nei bordelli delle Filippine è facile trovare bambini di età compresa fra gli 8 e i 10 anni, che presentano bruciature di sigaretta sul corpo e mutilazioni sessuali.
I gruppi familiari del crimine sono noti come la Camorra italiana, le Triadi cinesi, la Mafia russa e la Yakuza giapponese. La Camorra italiana opera in Italia, Spagna, Germania, Brasile ed altre zone dell’America Latina. Si calcola che la Mafia russa sia composta da 5.000 gruppi criminali organizzati di cui, almeno 200, operano ed hanno collegamenti in trenta paesi differenti. (Fonte: Guida per il nuovo protocollo delle Nazioni Unite riguardo al traffico di persone)

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) calcola in 700.000 il numero delle donne che ogni anno giungono in Europa occidentale collegate al traffico di persone ai fini dello sfruttamento sessuale. Due terzi di queste provengono dai paesi dell’Est. In Germania sono straniere il 75% delle prostitute, a Milano l’80%, e così nella maggior parte delle città europee.
- Il maggior numero delle vittime proviene dall’Asia; 225.000 l’anno dal Sudest ed oltre 150.000 dall’Asia meridionale.
- L’ex Unione Sovietica è diventata il più grande dei nuovi fornitori, con un traffico di oltre 100.000 persone l’anno destinate alla prostituzione e allo sfruttamento sessuale.
- Nell’Europa dell’ Est, il traffico coinvolge annualmente circa 75.000 persone, forse anche di più.
- Nell’America Latina le cifre parlano di un numero compreso tra le 200.000 e le 500.000 donne l’anno, che per lo più vengono introdotte negli Stati Uniti e in Europa.
- Probabilmente, altre 50.000 donne l’anno provengono dal continente africano.

Considerando ora la situazione nei vari continenti in base ad alcuni dati disponibili si ottengono le seguenti statistiche:

ASIA MERIDIONALE

In Bangladesh 25.000 donne lasciano ogni anno il Paese. Secondo i dati di uno studio condotto nel marzo del 2001, di queste donne, un numero compreso tra 10.000 e 15.000 sono vittime del traffico di persone in India, altre 4.000 vengono introdotte nel Pakistan, ed il resto finisce nei paesi del Medio Oriente. Dei 74 milioni di donne dell’Asia meridionale che si ritengono scomparse, si sospetta che 20 milioni si trovino trattenute nei bordelli dell’India; un 25% di loro sono minorenni (l’India detiene il primato del più alto numero di prostitute minorenni). Le donne del Nepal e del Bangladesh finiscono, principalmente, nelle metropoli di Bombay, Nuova Delhi e Calcutta.
Si calcola che all’incirca fra 100.000 e 200.000 donne e bambine del Nepal siano state condotte nel centro e nel nord dell’India, nei paesi dell’Asia meridionale ed in Medio Oriente. Secondo dati ormai noti, questo traffico mobilita ogni anno fra 5.000 e 7.000 donne e bambine del Nepal che sono condotte in India. Il Pakistan è uno dei paesi che accoglie il maggior numero di donne del Bangladesh, vittime del traffico di persone. Soltanto negli ultimi dieci anni, si calcola che in questo paese siano state coinvolte circa 200.000 donne in età compresa tra i 12 ed i 30 anni. I rifugiati e coloro che hanno richiesto asilo politico nell’Afghanistan, per lo più donne e bambini, sono diventati facile preda per i trafficanti del Pakistan, dove tra i 200 ed i 400 emigranti vengono rapiti ogni mese. L’ECPAT (per terminare con la prostituzione, la pornografia ed il traffico infantile), calcola che 20.000 bambini/e si prostituiscono in Pakistan.

Lo Sri Lanka è una delle mete preferite per i turisti del sesso, al punto di essere noto come il “paradiso della pedofilia”. Nei suoi bordelli 10.000 bambini/e fra i 6 ed i 14 anni sono vittime del traffico interno e vivono in uno stato di vera e propria schiavitù. Delle donne che sono state fatte uscire dal paese, 17.000 lavorano come prostitute nel Kuwait. La Caritas dello Sri Lanka indica che approssimativamente 450.000 donne sono emigrate verso i paesi dell’Asia occidentale a metà della decade degli anni 90.

SUDEST ASIATICO

Dai dati in possesso, i trafficanti hanno fatto uscire circa 300.000 donne dalla Cambogia per lavorare nei vicini paesi dell’Asia, specie Tailandia, Malesia e Taiwan. In Cambogia ci sono 50.000-55.000 prostitute di cui il 40% approssimativamente donne vietnamite, la maggior parte delle restanti donne e bambine sono state rapite dalle zone rurali. Il Congresso Mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei bambini, rende noto che circa 20.000 minorenni esercitano la prostituzione in Cambogia.
Il governo del Laos calcola che oltre 15.000 giovani della provincia di Savannakhet cercano lavoro in Tailandia. Circa 20.000-30.000 donne e bambine del Myanmar, vittime del traffico di persone, lavorano già nei bordelli della Thailandia. Fra gennaio e luglio 2001, oltre 92.000 emigranti illegali della Birmania sono stati arrestati e deportati.
I dati raccolti da Gabriella, una ONG filippina, rivelano che circa 600.000 donne si prostituiscono nelle Filippine, e che 50.000-60.000 bambini fanno altrettanto.
Altre informazioni dicono che il 60-80%, cioè 6 su 8 cittadini filippini che lavorano all’estero, sono donne, impiegate nel servizio domestico o nel mondo del divertimento e dello spettacolo. Nei primi dieci mesi del 1998, 640.054 filippini hanno abbandonato il loro paese per lavorare all’estero, il che rappresenta un incremento pari al 3,5% rispetto all’anno precedente. Molti di loro non hanno documenti e risulta difficile calcolare quanti finiscano vittime del traffico di persone. In Corea del Sud ci sono 80.000 emigrati filippini privi di documenti, ed altri 130.000 in situazione di illegalità. Nel Giappone, dove le donne filippine finiscono spesso per lavorare nei locali di divertimento, ci sono circa 35.200 emigrati illegali.
Secondo l’UNICEF, in Indonesia ci sono fra i 40.000 ed i 70.000 bambini, per lo più femmine, nelle mani delle reti della prostituzione. Questo stesso fenomeno conduce anche le donne dell’Indonesia verso differenti parti del mondo. Dai dati in nostro possesso, 58.000 emigrati ad Hong Kong ed altri 4.600 in Malesia esercitano la prostituzione.
La Tailandia è un paese di origine, transito e destinazione. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), il traffico di persone introduce fra le 200.000 e le 300.000 donne l’anno in Tailandia che provengono, per lo più, da Cambogia, Myanmar e Laos, ma anche da altri paesi. I rapporti del governo della Tailandia riguardo il traffico di persone rivelano che 60.000 bambini/e sono stati venduti per essere prostituiti. Un altro rapporto calcola che fra le 100.000 e le 200.000 donne tailandesi lavorano nei bordelli e locali notturni di altri paesi.
Nel Vietnam, dal 1991 circa 10.400 donne sono state vendute agli uomini della Cina come mogli richieste per posta, e molte di loro sono state costrette a prostituirsi. La “Coalizione contro il Traffico di Donne nel Pacifico” afferma che il loro numero si aggira fra le 60.000 e le 200.000, e che il 6,3% ha meno di 16 anni.

ASIA ORIENTALE

In Giappone il 90% delle 150.000 prostitute presenti nel paese sono state reclutate in altre parti del mondo. Nel 2000 la Cina prese ufficialmente seri provvedimenti per contrastare il traffico di persone e liberò 110.000 donne e 3.000 bambini, ma rimane ancora un numero considerevole di donne vendute come spose (si calcola che circa 50.000 donne siano state vendute per matrimoni imposti).
Fra i dati di cui si dispone riguardo al traffico di persone nella Corea del Sud, ne spicca uno, diffuso anche dalla televisione commerciale di Kazaj, secondo il quale circa 2.000 donne del Kazakistan lavorano nell’industria del sesso in Corea del Sud. Un rapporto di aprile 2002 indica che fra gennaio e marzo dello stesso anno sono entrate nel paese fino a 6.000 donne russe. Nel gennaio 2000 la polizia ha arrestato e condannato i membri di una organizzazione locale di consulenti del lavoro e proprietari di bar della Corea del Sud; quello stesso anno, l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (IOM) ha aiutato delle donne peruviane che vi furono trovate.

ASIA OCCIDENTALE

Dalla caduta dell’Unione Sovietica, nel 1991, gli Emirati Arabi Uniti (UAE) sono stati il paese di destinazione per oltre 500.000 persone, la maggior parte delle quali donne provenienti dall’Unione Sovietica.
Ogni anno 2.000-3.000 donne vengono condotte in Israele. Pur non conoscendo le cifre esatte, si calcola che negli ultimi 10 anni il traffico di persone vi abbia introdotto circa 10.000 donne e che, ogni giorno, avvengano nel paese fino a 25.000 transazioni riguardanti il mondo della prostituzione.

EUROPA DELL’ EST

I rapporti dell’Intelligence e del Servizio di Sicurezza della Moldavia, affermano che oltre 600.000 cittadini del paese lavorano illegalmente al di là dei propri confini. Fra le 70.000 e le 80.000 persone di questa popolazione di emigrati sono donne, molte delle quali intrappolate nella prostituzione. Ogni giorno 50 o 60 nuove donne cadono nelle mani dei trafficanti del sesso.
Nel 1999, La Strada, una ONG che lavora contro il traffico di donne, rendeva noto che 420.000 donne ucraine sono state vendute alle reti della prostituzione nell’ultima decade. Ogni mese circa 1.000 giovani escono da ognuna delle città dell’Ucraina per cercare lavoro all’estero. Il numero delle mogli richieste per posta è in aumento, e raggiunge le 2.000 l’anno.
La Strada calcola anche che fra le 1.200 e le 10.000 donne bulgare siano prostitute in Polonia, oltre a quelle che provengono dai differenti Paesi dell’Europa dell’Est e delle ex Repubbliche Sovietiche. Circa 15.000 prostitute che lavorano in Polonia sono straniere. Un rapporto dell’Organizzazione dei Diritti Umani riporta che 10.000 donne bulgare sono state costrette a prostituirsi. Il 70% delle prostitute che esercitano a Dubai (Emirati Arabi Uniti), provengono dalla Bulgaria. Le reti di trafficanti introducono annualmente oltre 2.000 donne lituane nei paesi dell’Europa occidentale.
Nei Balcani, si calcola che un numero compreso tra le 175.000 e le 500.000 giovani donne, siano state costrette a lavorare come prostitute.
Negli ultimi due anni, la polizia di frontiera russa ha intercettato 5.000 donne che cercavano di abbandonare il paese con documenti falsi. Le principali mete che si proponevano di raggiungere erano la Turchia, l’Italia, la Germania, la Bulgaria e la Finlandia.
L’Europa centrale ed i Balcani, il Kosovo, la Bosnia Erzegovina sono i principali paesi d’arrivo, mentre l’Albania è, fondamentalmente, un paese di origine. Nell’Albania le vittime sono sempre più giovani, ed il loro numero è in crescita. Si calcola che, attualmente, esistano circa 30.000 donne albanesi che si prostituiscono per le strade in Europa. In un paese dove la popolazione raggiunge appena i 3.000.000 di persone, questa cifra rappresenta quasi l’1% della popolazione.


EUROPA OCCIDENTALE

Nell’ambito del traffico di persone, tutti i paesi dell’Europa occidentale sono meta di donne che provengono da ogni parte del mondo. Secondo alcuni rapporti, 120.000 donne ogni anno raggiungono l’Europa occidentale, provenienti prevalentemente dall’Europa centrale, dall’Europa dell’Est e dalla Federazione Russa. Soltanto le albanesi che si riversano per le strade d’Europa sono 30.000
La maggioranza delle donne uscite illegalmente dall’Africa, addirittura 50.000, proviene dalla Nigeria. Nella quasi totalità dei casi lavorano in Europa, specialmente in Italia, dove sembra che ce ne siano 30.000 che già si prostituiscono. Altre donne e bambine introdotte nell’Europa occidentale provengono da Ghana, Marocco, Benin e Tunisia.
Secondo un portavoce dell’ONU, circa 75.000 brasiliane sono entrate illegalmente in Europa, in particolare nel Regno Unito, attraverso il Portogallo. Soltanto nei Paesi Bassi sono 5.000 le donne colombiane costrette a prostituirsi, mentre il 50% del totale delle prostitute nelle città di Amsterdam, Rotterdam e Utrecht proviene dalla Repubblica di Santo Domingo. In Spagna sono circa 300.000 le persone che lavorano nella prostituzione, per gran parte immigrati illegali. In Italia esistono 50.000-70.000 donne costrette a prostituirsi che provengono dall’Europa dell’Est o da Paesi in via di sviluppo, di cui il 40% minorenni (14-18 anni). La quota più alta di donne proviene dall’Africa e rappresenta oltre il 50%.

AFRICA

L’incremento del traffico di persone in Africa suscita, per l’OIM, sempre più preoccupazione. Dai dati in nostro possesso emerge che circa 500.000 persone l’anno sono vittime di questo traffico in Africa. In una riunione dell’UISG tenutasi nel maggio del 2001 è emerso che, se questa cifra si mantiene costante, fra venti anni si parlerà di 10 milioni di donne coinvolte. La percentuale più alta, come si è già visto, corrisponde alle donne nigeriane.
Il Servizio d’Immigrazione del Ghana (GSI) ha calcolato che tra il 1998 ed il 2000 il traffico di persone aveva fatto uscire dal paese 3.582 donne. Nel 1999 un numero di donne etiopi compreso fra 12.000 e 20.000 lavorava in Libano nel servizio domestico in condizioni davvero precarie.
Dati del governo degli Stati Uniti mostrano che negli ultimi anni 14.000 donne e bambini del Sudan sono stati trasferiti illegalmente dal sud verso il nord e l’ovest del paese.
Il traffico di bambini in Africa è diventato, da alcuni anni, un problema comune in tante regioni. L’UNICEF calcola infatti che oltre 200.000 bambini sono caduti nelle reti del contrabbando internazionale nell’Africa centrale ed occidentale. E’ noto che in Angola esistono 10.000 “bambini di strada” e che gran parte di loro sono stati costretti a prostituirsi. Uno studio condotto dal governo dello Zambia nel 2000 affermava che nel paese una cifra totale di bambini, in età compresa tra i 5 ed i 17 anni, che potrebbe raggiungere le 563.000 unità, partecipava a qualche forma di lavoro domestico o si prostituiva.
Riferendosi alle centinaia di minorenni rapiti nell’Uganda e nel Sudan ad opera del cosiddetto “Esercito di Resistenza del Signore” (LRA), Mary Robinson, ex Alto Commissario per i Diritti Umani, disse che un’alta percentuale dei 6.000 scomparsi erano costretti a servire i ribelli come soldati, portatori o oggetti sessuali.
Nella Guinea Equatoriale un numero di bambini tra i 10 ed i 14 anni, che potrebbe raggiungere le 18.000 unità, sono stati rapiti e fatti uscire illegalmente da Benin, Burkina Faso, Ghana, Mali, Mauritania, Nigeria e Togo. Nel Ghana, secondo alcuni rapporti, ci potrebbero essere fino a 49.000 bambini, tra i 10 ed i 14 anni, economicamente produttivi.

AMERICA LATINA

Alcuni esperti assicurano che, ogni anno, il traffico di persone fa uscire dall’America Latina un numero di donne che oscilla fra le 200.000 e le 500.000, per introdurle negli Stati Uniti ed in Europa.
Nella Repubblica di Santo Domingo 50.000 donne si prostituiscono per soddisfare la domanda di un milione e mezzo di turisti del sesso che, ogni anno, visitano il paese. I dati dell’Organizzazione Internazionale per l’Emigrazione (IOM) evidenziano che 70.000 dominicane lavorano nell’industria del sesso fuori dal loro paese. Molte di loro sono state costrette a prostituirsi dalle mafie dedite al traffico di emigranti che le avvicinano con la falsa promessa di un posto di lavoro, per poi condurle clandestinamente in nazioni come Spagna, Paesi Bassi, Italia, Germania, Svizzera, Argentina o nei Caraibi.
In Brasile ci sono almeno 100.000 bambini che vivono e lavorano per strada e che finiscono sottomessi ad ogni sorta di abusi, compreso lo sfruttamento sessuale. Un’altra variante del traffico di persone è quella che avviene con l’invio di bambine dalle zone urbane emarginate alle regioni minerarie dell’Amazzonia, dove gli uomini, che lavorano e vivono lì da soli, le sfruttano sessualmente. In Messico ogni mese circa 100 bambine ed adolescenti cadono nelle mani delle reti della prostituzione infantile, delle mafie o dei sindacati del crimine organizzato, e si calcola che 3.000 donne messicane si prostituiscono in Giappone dopo essere state reclutate dalle reti di trafficanti di quel paese.
Approssimativamente 10 colombiane cadono ogni giorno nel giro della prostituzione e sono fatte uscire clandestinamente del paese ogni 10 giorni. Attualmente circa 500.000 donne e bambini si trovano fuori del paese, vittime dello sfruttamento sessuale e del lavoro. L’aggravarsi dei conflitti interni rende maggiore il numero di donne e bambini in situazione di vulnerabilità, che diventano quindi facili prede per il traffico di persone nel tentativo di abbandonare il paese e di trovare condizioni migliori di vita.
L’Organizzazione Panamericana della Salute, in un dossier pubblicato sul “Traffico di donne e bambini ai fini dello sfruttamento sessuale nelle Americhe” indica che almeno 35.000 donne colombiane (Interpol), 50.000 della Repubblica Dominicana (CIA) e 75.000 del Brasile lavorano nell’industria del sesso, principalmente in Europa.
L’organizzazione privata di aiuto ai minori Casa Alianza, segnala che in Costarica, nella sola città di San José, ci sono 3.000 donne e bambine prostitute, dato che si tratta di una delle mete scelte per il turismo sessuale. Ogni anno vi si recano migliaia di turisti, per lo più nordamericani.
Nel Venezuela ci sono oltre 40.000 bambini che si prostituiscono. Circa 24.000 minori sono stati trasferiti illegalmente dalla Bolivia verso il nord del Cile, l’Argentina e il Brasile.
Soltanto a Quito (Ecuador) circa 2.000 bambine, in età compresa tra gli 11 ed i 16 anni, offrono giornalmente i loro corpi al miglior offerente.

STATI UNITI E CANADA

Gli Stati Uniti sono stati scelti come punto di arrivo dal traffico di donne e bambine straniere ai fini dello sfruttamento sessuale; il problema lì è quindi in considerevole crescita. Secondo una stima della CIA, ogni anno si introducono illegalmente nel paese tra le 50.000 e le 100.000 donne. Nell’ultimo decennio sono arrivate così negli Stati Uniti 750.000 donne. L’UNICEF calcola che il numero di minori che vi si prostituiscono potrebbe aggirarsi fra le 90.000 e le 300.000 unità.
Ogni anno circa 16.000 persone arrivano clandestinamente in Canada, ma risulta difficile sapere quante poi siano costrette a prostituirsi.

Fonti: ONU, Organizzazione Internazionale di Migranti (OIM), Kit formativo del Gruppo di Lavoro sul Traffico di Donne e Bambini e Commissione Giustizia e Pace delle Congregazioni Religiose Internazionali femminili e maschili (UISG/USG).

FUNZIONAMENTO GLOBALE DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA

Le pagine che seguono analizzano il movimento di donne e bambini/e con cui si traffica, nei diversi paesi, ai fini dello sfruttamento sessuale. Le bande o le reti dei trafficanti agiscono nei confronti delle donne e dei bambini più vulnerabili e nei paesi più poveri. E’ così che riescono a soddisfare la domanda dei “clienti” nei paesi di destinazione.
Le rotte di questo commercio variano e vanno dai paesi del Terzo Mondo verso l’occidente, ma anche dai paesi più poveri verso altri meno poveri. Secondo uno studio condotto dal Centro di Studi, Riferimento e Azioni dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CECRIA), una ONG con sede a Brasilia e vincolata all’Università statale, nel paese sudamericano esistono oltre 200 rotte per il traffico di persone, che coinvolge per lo più giovani donne e bambine.
Si potrebbe dire che questo tipo di attività si può attuare secondo due modalità: il “traffico interno” con il quale le donne vengono condotte da una regione all’altra dentro lo stesso paese, ed il “traffico esterno”, in cui le donne raggiungono altri paesi. Si parla dunque di paesi di origine, di transito e di arrivo. Molte volte, nel tragitto si effettuano diverse fermate nei vari paesi; infatti una delle caratteristiche di questo tipo di commercio è proprio il continuo trasferimento delle vittime.


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