Lorenzo Piva - “Oltre il deserto” «... parlerò al suo cuore» - Commento liturgico-pastorale al Vangelo di Luca, anno C - San Paolo

martedì, 20 ottobre 2009

Roma (Agenzia Fides) – “Bisogna passare attraverso il deserto e rimanervi, per ricevere la grazia di Dio: è là che ci si svuota, che si allontana da noi tutto ciò che non è Dio, e che si svuota completamente la piccola casa della nostra anima per lasciare posto soltanto a Dio. Gli Ebrei sono passati attraverso il deserto; Mosé vi è vissuto prima di ricevere la sua missione; san Giovanni Battista, san Paolo, san Giovanni Crisostomo si sono anch’essi preparati nel deserto” [B. Charles de Foucauld, Strasburgo 1858 – Tamanrasset 1916]. Il deserto è un tempo di grazia per l’uomo di fede. Servono i silenzi del deserto, le sue bufere, le sue notti stellate, i suoi raccoglimenti, gli oblii degli affetti per consentire a Dio di ricreare il cuore. Da un tale viaggio sboccia un nuovo dialogo con Dio. Se la vita interiore è spenta, per quanto zelo si possa avere, i frutti saranno nulli. E’ come una sorgente che si propone di offrire santità, ma non è in grado perché non la vive. E’ questo il senso del volume che accompagna il credente nel viaggio interiore delle domeniche dell’anno C, collegato all’evangelista Luca. Il volume è accompagnato da un file-rouge: vengono proposte vite di missionari-martiri. “Una chiesa che dimentica i suoi martiri non è degna di vivere” [Mgr. Pedro Casaldàliga, Vescovo di São Félix, Brasile]. La Chiesa ha un debito di gratitudine verso quei missionari che, lasciata la propria terra, sono stati testimoni miti, ma audaci, del Vangelo. Alcuni hanno versato il sangue per il Vangelo, mescolandolo, talvolta, a quello dei poveri che si sono impegnati a servire. Ad osservarle da vicino, le vite dei missionari-martiri si assomigliano tutte. I tempi e i luoghi del loro estremo sacrificio sono diversi, come pure i nomi dei loro carnefici, ma le ragioni della loro condanna capitale sono simili: il disprezzo della fede, e del Vangelo. Nessuno di loro nasce eroe: «Ho paura», confesserà in tutta onestà p. Egidio Ferracin, missionario in Uganda, dopo essere scampato ad una intimidazione, «perché la parte dell’eroe non mi si addice». “Come granellini di sale lasciamoci gettare da Gesù dove egli vuole, per spargere il suo sapore, e non i nostri profumi” [d.Andrea Santoro, martire in Turchia, Trabzon 5 febbraio 2006]. (S.L.) (Agenzia Fides 20/10/2009; righe 23, parole 374)


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