ITALIA - ARCHE’: la prima associazione in Italia ad occuparsi di sieropositività in campo pediatrico. Vacanze estive 2003 per bambini, ragazzi e mamme sieropositive con bambini piccoli che vivono in contesti di grave disagio sociale o sanitario, con particolare attenzione all’inserimento di bambini e ragazzi infetti/affetti da Hiv/AIDS.

sabato, 3 aprile 2004

Roma (Agenzia Fides) - E’ stata la prima associazione in Italia ad occuparsi di sieropositività in campo pediatrico rispondendo ad un reale bisogno di assistenza, con l’intento di garantire ai piccoli utenti una vita il più possibile normale ed uguale a quella dei loro coetanei. Nata nel 1989 a Milano, grazie all’impegno di padre Giuseppe Bettoni offre assistenza domiciliare e ospedaliera ai bambini malati di AIDS e alle loro famiglie. Nel corso degli anni ’90 sono nate le sedi di Roma (1993) e Firenze (1995).
Archè collabora con i principali centri pediatrici ospedalieri delle tre città in cui ha sede: da queste strutture e dai referenti dei servizi sociali del territorio vengono segnalati all’associazione i bambini e le famiglie con disagio sociale correlato alla patologia.
Tra i progetti di Archè: Assistenza domiciliare e in ospedale; Attività Ludiche in Ospedale: Progetto Affidi, Settimane Arcobaleno nel periodo estivo; Laboratori Espressivi; Gruppo di auto-aiuto per familiari: Progetto di Prevenzione nelle scuole; Casa Accoglienza; Sostegno alla Comunicazione della Diagnosi; Progetti Internazionali.

Vacanze Estate 2003 organizzate dalla sede romana
“Le vacanze si sono svolte luglio scorso in una grande casa di campagna in provincia di Viterbo con la presenza e la collaborazione di alcuni educatori dell’associazione CEMEA Lazio”, ha raccontato a Fides Paola Liuni direttrice della sede romana di Archè.
La formazione ma anche e soprattutto le realizzazione delle vacanze è stata svolta considerando il principio fondamentale che ogni apprendimento poggia sul fare, che l’esperienza in prima persona è la strada maestra per interiorizzare un avvenimento, un concetto, una competenza.
Le attività - manuali, espressive, ludiche, non verbali - considerate come un mezzo importante per comprendere e per relazionarsi agli altri, sono state il terreno di impegno privilegiato sul quale si innestava l’organizzazione delle singole giornate che prevedevano attività comuni a tutti, e attività in piccoli gruppi di bambini suddivisi per età o raggruppati intorno a interessi specifici, personali dei singoli bambini e ragazzi. Tutti gli operatori rivolgono un’attenzione particolare al collegare i processi di conoscenza al contesto e alla situazione vissuta, e all’affrontare, senza distinzione di qualità, gli aspetti teorici e quelli pratici, quelli verbali e non verbali, l’agire ed il riflettere sull’azione educativa. Riflettere e agire sulle proprie motivazioni educative significa aiutare ogni bambino e ogni ragazzo a maturare la propria motivazione nell’apprendere e nel agire.
L’azione educativa diventa un’occasione che consente a tutti di compiere degli sforzi nel piacere del fare, promuove le spinte verso un impegno non superficiale, verso un azione che è fatta per il proprio interesse, ma anche per l’interesse di stare insieme, per condividere con altri bambini, ragazzi e adulti, le scoperte, gli entusiasmi, le sconfitte, la voglia di continuare a cercare.

Alle vacanze hanno partecipato bambini e ragazzi dai 3 ai 15 anni suddivisi in gruppi, per età e per attività specifiche organizzate durante la giornata.
Piccoli gruppi di riferimento (5 o 6 bambini) rappresentano la sicurezza e la garanzia di un’attenzione specifica per ognuno dei bambini o ragazzi. Le potenzialità del gruppo come luogo protetto per sperimentarsi nella comunicazione, come luogo di relazioni privilegiate all’interno delle quali sviluppare la propria capacità di crescita sperimentando se stessi nell’incontro con gli altri, si amplificano nei momenti di attività nel gruppo allargato. Si parte da una situazione di convivenza per identificarsi con quella di una comunità dove emerge l’intreccio di comunicazioni che si sovrappongono in uno spazio espressivo che promuove occasioni per attualizzare abilità creative che portano a soluzioni “nuove”. Ognuno, bambino, ragazzo e adulto, diventa per l’altro possibilità “altra” che apre la strada alla creatività e alla scelta. Per ogni bambino, per ogni ragazzo c’è una storia di sofferenza e di disagio, per gli operatori e i volontari c’è la voglia di mettere in gioco la propria storia nell’incontro con l’altro.

Vacanze mamme e bambini da 0 a 4 anni
La sistemazione in una grande casa di campagna (vicino a Roma per il campo vacanze bambini e ragazzi, in Toscana per la vacanza con le mamme) vuole favorire uno stile di rapporti più vicino alla “famiglia allargata”, questo per favorire il dialogo fra i bambini e una relazione più profonda con gli adulti di riferimento. La vacanza diventa un intreccio di comunicazioni che si sovrappongono in uno spazio espressivo che promuove occasioni per attualizzare abilità creative che portano a soluzioni “nuove”. Ognuno diventa per l’altro possibilità “altra” che apre la strada alla creatività e alla scelta. Per ogni bambino, per ogni mamma c’è una storia di sofferenza e di disagio, per gli operatori e i volontari c’è la voglia di mettere in gioco la propria storia nell’incontro con l’altro.

L’inserimento di bambini e ragazzi sieropositivi
Nonostante la legge (L.135/90) e il forte impegno di Archè che si pone l’obiettivo di difendere tutti i diritti e migliorare la qualità della vita dei bambini e dei ragazzi sieropositivi accompagnandoli in un processo di autonomia e empowerment, non molti di loro partecipano a vacanze residenziali con i loro coetanei.

Principale ostacolo rimane l’assunzione della terapia.
I più piccoli hanno spesso grande difficoltà rispetto alla terapia prescritta e devono essere aiutati da un adulto di riferimento che sappia interpretare la fatica ma anche l’ansia che emerge nei momenti di somministrazione. L’ansia e la difficoltà dei momenti di assunzione della terapia esprime l’incomprensione e l’impossibilità di questi bambini di stare a contatto con una malattia di cui non sanno nemmeno il nome. Nelle famiglie affette da Hiv c’è una forte coesione al segreto e una grande difficoltà a parlare della malattia. E’ molto difficile soprattutto per le mamme stare in contatto con una malattia che loro stesse hanno trasmesso. Nel tentativo di sdrammatizzare spesso instaurano una relazione con il proprio figlio centrata sulle cure del corpo, le terapie, i controlli, ma non riescono ad aiutare il bambino a entrare in contatto con il dolore emotivo correlato alla malattia, né sono in grado di accogliere i bisogni, le difficoltà e le possibilità per dare un senso alla loro esistenza.
Per i più grandi l’accettazione della terapia va di pari passo con l’accettazione della malattia. Oltre alle difficoltà di assumere le pasticche senza farsi “scoprire” dai coetanei, il rifiuto della terapia diventa spesso un mezzo per sollecitare gli adulti ad un aiuto nel processo di coscentizzazione della malattia. Per questi ragazzi associati alla malattia e alla morte sin dalla nascita e mai proiettati in un futuro possibile dagli adulti di riferimento la relazione di fiducia con l’operatore che “sa dell’ hiv” rappresenta l’esperienza significativa e necessaria per una nuova possibilità di consapevolezza della propria malattia, per una globale presa in carico di sé nella responsabilità verso se stessi e gli altri e soprattutto per una progettualità possibile rispetto alle proprie aspettative di vita.
“Ogni anno durante le vacanze, dice Paola Liuni, ci rendiamo conto delle molteplici problematicità che comporta l’assunzione di una terapia che, essendo così fortemente condizionata da aspetti psicologici personalissimi dei singoli bambini e ragazzi, ma anche dalla prescrizione precisa di orari e modalità di assunzione, può fortemente condizionare l’attività del gruppo nei tempi e nella serenità dello stare insieme. L’impegno degli operatori in questo ambito è molto importante, a volte determinante. Con l’aiuto di un adulto la vacanza può divenire il primo passo verso la consapevolezza di una difficoltà e l’apertura a un dialogo che può agevolare l’integrazione della terapia nell’ambito dei ritmi di vita quotidiana.
Ad alcuni, pochi, bambini o ragazzi che presentano condizioni cliniche particolarmente vantaggiose è data la possibilità della sospensione delle terapie, anche solo per un breve periodo di vacanza. Archè continuerà a lavorare per l’inserimento e per una completa integrazione sociale di tutti i bambini sieropositivi, agevolando l’inserimento in vari contesti di vacanza per quei bambini e ragazzi che hanno la possibilità di sospendere la terapia e continuando ad accogliere con particolare attenzione a tutti i loro bisogni tutti quelli che purtroppo non hanno ancora questa possibilità.” (AP/PL) (3/4/2004 Agenzia Fides)


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