PERU’ - “Camilos-Vida”, il primo centro in Perù a dare latte in polvere in sostituzione di quello materno ai bambini che nascono da madri sieropositive. P. Montin racconta che dal 1997 sono arrivati 650 bambini, 400 sono sani

sabato, 3 aprile 2004

Lima (Agenzia Fides) - “L’occasione per iniziare il programma “Camilos-Vida” è stata data da una visita all’associazione Vida che importa donazioni di materiale sanitario dagli USA”, racconta Padre Montin. “La direttrice mi invitò ad accompagnarla per donare latte in polvere ad un gruppo di bambini poveri di una cittadina nei dintorni di Lima. Vidi il mucchio di barattoli, era consistente e pensai che poteva servire per i bambini che nascevano da madri sieropositive e subito suggerii di dare quel latte per loro, per farli vivere. La risposta è stata altrettanto immediata ed il giorno dopo avevo già messo in marcia la macchina del nuovo programma con il nome di ‘Camilos-Vida’.
Ai primi di gennaio del 1997, dopo aver riunito le assistenti sociali della città, iniziammo il programma. Sapevo che erano tante le mamme Hiv+, ma non pensavo che fossero tante. Da gennaio a maggio avevamo già 35 bambini, a dicembre erano 67 e fino ad ora ne sono passati 650, dei quali 400 sono sani.
Una madre sieropositiva ha bisogno di essere accompagnata per sapere che dalla gestazione al parto, all’allattamento deve mettere in pratica varie cose perchè il bambino nasca sano. Per questo invitiamo continuamente tutte le mamme ad unirsi alla campagna informativa “Che nasca un bambino sano!”. Informando cerchiamo di prevenire l’infezione del virus nel bambino. Facciamo conoscere alcune norme preventive da mettere in pratica come l’esame di Elisa durante la gestazione per sapere se la mamma è hiv+, la medicina AZT da prendere negli ultimi due mesi, il parto cesareo e non dare il latte della madre al bambino. Se si mettessero in pratica queste raccomandazioni sarebbe possibile abbassare l’indice di trasmissione verticale dal 25% al 5%, ma la cosa più importante è arrivare a dare la sicurezza che il bambino nasca negativo.
Come per chi vive nella casa famiglia anche per il programma “Camilos Vida” è importante lo stile di vita di famiglia. Tutti i martedì ed i mercoledì, quando le mamme con i loro bambini vengono al Hogar per il latte, dal momento dell’accoglienza al momento del saluto finale, tutto si svolge attorno alla solidarietà e servizio. Per facilitare le relazioni tra mamme abbiamo formato gruppi di dodici o tredici dove con la supervisione di un volontario loro stesse si trasmettono conoscenze, norme e forme di vita necessarie per la nuova esperienza.
Un gruppo formato dal medico, infermiera, psicologo, assistente sociale, avvocato, sacerdote e volontari sono a loro disposizione nelle varie attività. Non manca la parte spirituale con la Santa Messa ed il dialogo con il sacerdote. L’esperienza di alcune ore di Hogar è sufficiente per caricarle di energia per tutta la settimana. Varie mamme adesso sono consigliere in alcuni ospedali o centri di salute, altre partecipano in gruppi per dare la loro testimonianza o per dirigerli.
La vita nel Hogar le riempie di energia e le fa aprire agli altri e a riconoscere che l’isolamento e la separazione le portava unicamente alla depressione ed alla morte. Ogni Natale, riuniamo tutti i bambini che dal ‘97 hanno partecipato al programma ed è meraviglioso vederli correre, saltare, parlare e sorridere, ma altrettanto bello è rivedere i volti sorridenti di quelle mamme che un giorno erano venute a bussare al Hogar pensando di non farcela a vedere il loro figlio un giorno entrare in una scuola. Una mamma mi ha lasciato una preghiera che recitava tutti i giorni: ‘Signore, l’unica cosa che ti chiedo è che mi illumuni e mi dai la forza e le energie per riuscire a far felice mio figlio. Ti chiedo che possa crescere a fianco di suo padre e di sua madre, in una famiglia unita. Dammi la grazia di vederlo crescere ed andare a scuola.......’ .
Molte hanno scoperto che le preoccupazioni per il loro bambino, per la famiglia per la malattia, erano diventate motivi di lotta per la vita ed incominciavano a desiderare non tanto anni di vita, ma le cose belle che rendono felice la vita.” (ZM/AP) (3/4/2004 Agenzia Fides)

“Fanno la visita domiciliare, vengono a casa tua!”: Prima esperienza di visita domiciliare in Perù
Lima (Agenzia Fides) - “Chi si ammala non ha altra alternativa che andare all’ospedale o ad un centro di salute perchè è difficile vedere un medico nella casa di un malato. L’Hogar nel 1999 ha rotto questo schema e con un vecchio pullmino ed un primo gruppo di 4 persone (un medico, una infermiera, un psicologo ed una assistente sociale) hanno incominciato la nuova avvventura cercando, come San Camillo nel 1600, di scovare i malati nascosti nelle loro case.
I primi ad essere visitati furono malati che conoscevamo ma l’impazienza non faceva altro che aumentare la tensione. Ci eravamo messi d’accordo di non mettere uniformi o casacche bianche per non risvegliare la curiosità della gente e di togliere il cartello “Hogar San Camilo”; di non avvicinare troppo alla casa il pullmino, di non ... di non... di dire che eravamo degli amici che andavamo a visitarli, di.. di..., in fin dei conti dovevamo stare attenti di più alle nostre precauzioni che alle attenzioni verso il malato.
Se da una parte l’entusiasmo del pionierismo ci faceva superare molte difficoltà, dall’altra la attenzione per mettere in pratica tutte queste precauzioni ci faceva sentire incomodi. Ma le cose incominciarono a cambiare quando, la voglia, la testardaggine, la conoscenza, la solidarietà e l’amore hanno incominciato a funzionare. Aumentavano le chiamate al telefono e le persone che venivano al Hogar per richiedere visite per i loro malati. Ma ecco entrare il dubbio e la paura di non poter rispondere a tutte le chiamate, incominciare un lavoro e non poterlo compiere non mi sembrava l’immagine migliore e poi... era una istituzione religiosa e per di più con il carisma tipico per il malato; non potevamo fare brutta figura. Grazie alla pazienza ed al sacrificio del personale il primo anno venne superato è si parlava tanto dell’Hogar: ‘Fanno la visita domiciliare, vengono a casa tua!’
Se ne parlava talmente tanto che il Ministero della Salute non ha resistito alla curiosità e ha inviato dal maggio 2002 un medico, una infermiera, una assistente sociale, una psicologa perchè partecipassero con noi alla visita domiciliare e scoprissero il segreto del successo. Cosa c’era di così importante che i malati ci chiamavano tanto? Sappiamo che non c’è nessuna cosa come la curiosità che è capace di muovere molte persone. Un risultato lo avevamo ottenuto: il desiderio di captare i segreti della visita aveva moltiplicato il numero dei partecipanti.
Davanti ad una attenzione a volte fredda e frettolosa del personale sanitario dello Stato hanno scoperto che il famoso segreto era l’amore. Sappiamo che per un gruppetto sarebbe impossibile rispondere a tante richieste ed il secondo passo era che lo Stato stesso assumesse questo modo di assistere i malati Hiv/Aids. L’occasione è arrivata il 27 novembre 2002 cuando il Ministro della Salute ha firmato con l’Hogar la convenzione ‘Visita Domiciliare’.
Tutto quello che vediamo e succede nella casa del malato ci umanizza, ci mette in crisi e le nostre certezze facilmente cadono una dopo l’altra, ma non dobbiamo preoccuparci quello che guadagnamo vale di più. Le ricette del medico a volte troppo care, la mancanza di cibo, di familiari ed amici ci suggeriscono altre medicine importanti che hanno l’effetto curativo: la solidarietà, l’amore, il dialogo, il perdono, un ambiente familiare.
Gli oltre 300 malati che visitiamo sono stati suddivisi in tre fasce: critica, per coloro che si trovano nella tappa finale della vita; precaria, per coloro che hanno qualche forma che li limita, ma nello stesso tempo possono mettere in atto le altre energie per vivere; potenzialità, per coloro che possono recuperare pienamente la vita normale di tutti i giorni.
La maggior parte dei malati che visitiamo li incontriamo su un letto, quando hanno la fortuna di averlo, e molte volte in uno stato pietoso. La sola visita ha in sè una forza quasi miracolosa che li rimette in piedi, con una voglia di vivere che sta sorprendendo gli stessi medici. Sono questi fatti che mettono in crisi i medici con la loro medicina che tanto avevano assolutizzato pensando che gli unici veramente necessari per la salute del malato erano loro. Il malato ci insegna a metterci al suo fianco e dargli una mano perchè possa realizzare i suoi sogni. (AP/ZM) (3/4/2004 Agenzia Fides)

Scuola di vita e di speranza: Alcune testimonianze della vita nel Hogar

Lima (Agenzia Fides) - La malattia sempre è una scuola di vita ed è vero che molte volte le cose le capiamo di più quando macano. Quante volte in questi anni ho ascoltato queste cose ed i malati sono i veri maestri di vita per noi che ci diciamo sani e per quei volontari che dicono “Noi andiamo ad aiutarli”.
Diceva Mario - uno della casa famiglia - “mi preoccupavo di mangiare le cose che mi piacevano, adesso amo il cibo perchè è un amico così importante che mi dice cosa devo mettere nello stomaco affinchè il mio corpo ed i vari organi si mantengano e funzionino bene.” E Fredy, altro giovane sieropositivo, da quando ho l’acqua a disposizione per lavarmi bene le mani prima di mangiare e per fare la doccia non ho più tante malattie come prima.” Miguel: “ In casa mia ero insopportabile, qui sto imparando le cose importanti della vita che non sono solo il lavoro ed il denaro, perchè in un momento li perdi. Stavo perdendo la famiglia, mia moglie ed i miei due figli, ed ora non li voglio perdere; a poco a poco li voglio recuperare perchè sono gli unici beni preziosi che mi restano e per i quali vale la pena vivere”. Maria, che tutti i mercoledì viene per il latte del suo bambino, “Pensavo - mi diceva - di farla finita ma, poi, per il bambino non me la sono sentita più. Voi mi avete aiutata a volergli bene quando nelle riunioni invitavate noi mamme a baciare il bambino e ad acarezzarlo”. Alex, uno che ha passato vari anni in carcere dice: “La mia vita è stata un inferno, e tutto quello che di male può fare una persona penso di averlo fatto.
Non so più cosa vuol dire il rispetto, ma qui nel Hogar ho imparato ad amare al Signore e sono contento di imparare da Lui a rispettare la persona e a volergli bene come il buon Samaritano del Vangelo.” Varie domeniche le passa dando la sua testimonianza nelle Messe e a gruppi giovanili, a volte tre o quattro Messe , e pensare che ha il cuore a pezzi.
E’ bello essere testimoni di queste nuove vite che rifiutate ed abbandonate dalla società solo con la medicina dell’amore rivivono. Lo stesso succedeva ai tempi di Gesù, molti di coloro che guariva erano i rifiutati ed è proprio lì che si vede e si percepisce la forza salvifica ed il valore della guarigione. (AP/ZM) (3/4/2004 Agenzia Fides)


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