EUROPA/ITALIA - “OGNI SOCIETÀ HA LE SUE CARATTERISTICHE E ANCHE LA CONDIZIONE FEMMINILE SI PUÒ PROSPETTARE IN MANIERA DIVERSA” HA DETTO A FIDES IL PROFESSOR GIANCARLO BLANGIARDO DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA

lunedì, 19 gennaio 2004

Roma (Agenzia Fides) – La condizione femminile continua a destare interesse nel mondo contemporaneo e sono tante le ricerche che si stanno portando avanti da tempo in vari contesti. Si è appena svolto a Roma l’incontro “La donna: inquietudini, risorse e prospettive”, organizzato dall’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e, in questa occasione l’Agenzia Fides ha intervistato il Prof. Gian Carlo Blangiardo, Professore Ordinario della Facoltà di Scienze Statistiche all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, intervenuto su “La condizione socio-economica e politica della donna nella società contemporanea”.
Il prof. Blangiardo collabora con Ministeri, Amministrazioni locali e varie Istituzioni pubbliche e private nel campo della ricerca finalizzata ad interventi di politica sociale in tema di famiglia, immigrazione, assistenza e problematiche legate all’invecchiamento della popolazione, programmazione delle risorse umane, ecc.
Agenzia Fides: Quali sono gli elementi fondamentali del suo intervento sulla situazione socio-economica e politica della donna nella società contemporanea?
Prof. Blangiardo: Le donne in Italia sono più della metà della popolazione e hanno un peso determinante. Anche qualitativamente la condizione della donna dell’Italia di oggi è ricca di potenziale, ci sono stati grandi salti generazionali che hanno fatto si che le donne di oggi, le giovani, abbiano risultati, dal punto di vista formativo e scolastico, superiori a quelli dei loro coetanei. Esse investono molto nella loro formazione e naturalmente si aspettano un grosso ritorno in termini di inserimento professionale, occupazionale, gratificazioni dal mercato del lavoro. Anche se nel mondo del lavoro non è ancora parificata, è stato fatto un grande salto rispetto al passato.
Prendiamo atto di questa situazione e chiediamoci in che misura ci si può muovere per accelerare e migliorare ulteriormente questa situazione di riequilibrio perfettamente legittima. Un errore che spesso si commette è quello di pensare a modelli che non sono i nostri. Ossia, quando si parla della condizione della donna e si fanno dei confronti anche a carattere internazionale si tende a mitizzare spesso il mondo nordico, per cui c’è la donna nordica o la realtà di una città nordica che è il punto di arrivo e poi ci sono le società mediterranee che sono quasi il fanalino di coda. Io sono personalmente convinto che questa mitizzazione sia sostanzialmente sbagliata. E’ chiaro che ogni società ha le sue caratteristiche e anche la condizione femminile, ovviamente in Svezia piuttosto che in Italia, si può prospettare in maniera diversa. Ma non mi sentirei di dire che da noi la donna sta peggio per cui dobbiamo darci da fare per arrivare ad avere le stesse condizioni di là. Dobbiamo darci da fare per migliorare le condizioni nel nostro territorio, nel nostro Paese, ricordando che abbiamo le nostre specificità anche di carattere culturale che vale la pena di conservare, ma che comunque la stessa popolazione italiana vuole conservare.
La visione della famiglia che c’è nel nostro Paese, nonostante si voglia far credere che dobbiamo allinearci tutti a modelli familiari centro nord europei, è ancora abbastanza tradizionale. Le donne italiane hanno ancora nel matrimonio e nell’essere madri all’interno del matrimonio dei valori sebbene la televisione proponga modelli molto diversi come fossero realtà normale. La famiglia italiana ancora dominante è quella tradizionale, dove lui e lei si sposano, fanno figli e di solito restano insieme per tutta la vita. E’ evidente che ci sono separazioni, rotture, divorzi, ricongiungimenti, ma restano dei caratteri abbastanza marginali in termini relativi rispetto agli altri Paesi. Gli ultimi dati Istat fanno vedere come queste famiglie ricostituite, che dovrebbero essere la modernità, sono qualche centinaio di migliaia in Italia. In un mondo di 21 milioni di famiglie sono comunque una ristretta minoranza. Ciò non toglie che la donna, soprattutto la trentenne, pur con questo atteggiamento culturale, viva difficoltà, schiacciata in questa nostra realtà in una situazione nella quale ha comunque delle incombenze, lavoro, maternità, casa, genitori... Se c’è una considerazione da fare di tipo socio-politico, è che bisogna prendere atto di queste cose e dedicasi all’andare incontro a queste necessità di aiuto, assistenza, ripartizione di compiti da parte della donna, attraverso le strutture, le misure, l’intervento di carattere pubblico.
Agenzia Fides: Nel sud del mondo la donna non ha diritti nè doveri. Si dice che sia solo un essere inferiore. E’ vero?
Prof. Blangiardo: Abbiamo parlato di come si colloca l’Italia con la sua specificità italica del made in Italy, ma naturalmente il mondo è fatto non solo di Europa o nord America, ci sono anche altri paesi e altre realtà e quindi una condizione femminile di altre realtà. Noi la possiamo in qualche modo recepire indirettamente attraverso il fenomeno dell’immigrazione. C’è chi tra le donne straniere immigrate vede nell’emancipazione della donna un pericolo dal punto di vista della famiglia. Diamo per scontato che nel sud del mondo, nei cosiddetti paesi in via di sviluppo, la condizione femminile è sicuramente peggiore rispetto a quella nostra non solo come qualità della vita ma forse anche come opportunità di miglioramento della propria esistenza. Questo tipo di realtà è un pò uno stereotipo ma c’è da dire che è migliorata in molti paesi.
Agenzia Fides: Come inquadra la situazione femminile nei paesi islamici?
Prof. Blangiardo: In occasione della Conferenza del Cairo in cui si è parlato molto della condizione della donna, i delegati islamici dicevano che non c’è da migliorare la condizione femminile perchè la donna da loro è già una regina. Dipende dal punto di vista. Evidentemente secondo quelli che sono i nostri parametri siamo propensi a credere che in realtà non sia affatto così e in un certo senso l’esperienza dell’immigrazione, anche se va ancora valutata con i nostri parametri, ci fa ritenere che la condizione della donna nel contesto islamico, nella famiglia islamica, anche nella famiglia islamica immigrata, non sia certamente una condizione di parità come la concepiamo noi. Secondo il loro modo di vedere le cose, anche se in realtà molto spesso è un modo espresso al maschile, la donna è in una posizione migliore rispetto al mondo occidentale. Sull’idea della partecipazione della donna in un contesto familiare, sociale in cui ci sia piena democrazia, quindi libertà di potersi esprimere, di poter decidere, di poter assumere delle funzioni in assoluta parità, mi sentirei di dire che mentre da noi, almeno in linea teorica, questa cosa è data per scontata, in molte realtà, nello specifico nel mondo islamico, questo è ancora tutto da discutere. (AP) (19/1/2004 Agenzia Fides; Righe:80 Parole:1078)


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