AFRICA/CONGO RD - Avanzano i guerriglieri di Nkunda nel nord Kivu. “Il capo ribelle vuole negoziare da una posizione di forza per ottenere un salvacondotto per i propri crimini” dice un missionario

giovedì, 13 dicembre 2007

Kinshasa (Agenzia Fides)- Si aggrava la situazione umanitaria nel nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dove i ribelli di Laurent Nkunda hanno costretto alla ritirata l’esercito regolare congolese e si sono impadroniti della città di Mushake e Karuba, 40 chilometri a nord-ovest di Goma, il capoluogo della provincia.
Le forze armate congolesi, con il sostegno dei Caschi Blu della MONUC (Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo), si apprestano a effettuare una controffensiva per riconquistare il terreno perduto.
“L’esercito si sta riorganizzando. Combattiamo per riprendere queste località e ristabilire la pace e la stabilità nel nord Kivu” ha affermato il Ministro della Difesa congolese, Diemu Chikez, che ha così spiegato i rovesci subiti dalla sue truppe: “non si dimentichi che il nostro esercito è ancora giovane e in corso di formazione. Può succedere che si perda una piccola battaglia, ma vinceremo la guerra”. L’esercito congolese aveva ammassato 25mila uomini contro i 4mila di Nkunda, meglio addestrati ed armati, che hanno anticipato l’offensiva delle truppe regolari.
Il fronte sembra essersi stabilito a Sake, 30 chilometri da Goma, dove i Caschi Blu della MONUC hanno rafforzato le loro posizioni.
“Pensiamo che l’obiettivo di Nkunda sia quello di negoziare da un punto di forza il suo esilio e l’impunità dalla Corte Penale Internazionale” dice all’Agenzia Fides un missionario, che non desidera essere citato per nome per motivi di sicurezza. “La popolazione congolese è sconcertata, perché dopo le pressioni statunitensi per costringere Nkunda all’esilio (vedi Fides 6/12/2007), ci si aspettava una soluzione rapida della crisi. Invece Nkunda e i suoi uomini sono riusciti a prendere in contropiede l’esercito congolese e la MONUC e passare all’offensiva. Penso però che Nkunda, di fronte alla pressioni che sta subendo, voglia ottenere un salvacondotto per non essere chiamato a rispondere dei crimini commessi nel sud e nel nord Kivu, ma anche a Kisangani, dove il 24 maggio 2002, i suoi uomini hanno compiuto una strage uccidendo più di 160 persone”. Su Nkunda pende, dal settembre 2005, un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra.
Un portavoce del generale ribelle ha, in effetti, avanzato la richiesta di negoziati con il governo e ha affermato che la soluzione della crisi è politica e non militare. “Siamo convinti che vi siano anche altre trattative segrete sulla spartizioni delle risorse del Kivu, dall’oro al coltan, dalla cassiterite al petrolio. È lì la chiave della crisi dell’est del Congo” aggiunge il missionario.
Il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha chiesto ai ribelli di deporre le armi e al governo congolese di proteggere la popolazione in fuga. Secondo fonti dell’ONU sono 60-70mila gli sfollati causati dagli ultimi combattimenti. (L.M.) (Agenzia Fides 13/12/2007 righe 32 parole 440)


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