VATICANO - Le preghiere del cristiano in tutte le lingue: ungherese (I) - Le radici cristiane dei Popoli d’Europa

martedì, 17 luglio 2007

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - La cristianizzazione dell'Ungheria. Vajk (o Vaïk dal suo vero nome), figlio di Géza, duca dei Magiari, si converte con suo padre al cattolicesimo intorno all'età di dieci anni (985) e prende come nome di battesimo Stefano (István in ungherese). Viene educato da Adalberto di Praga e dai suoi discepoli che organizzano la Chiesa ungherese. Sposa la figlia del duca Enrico II di Baviera, Gisella, anche lei considerata santa (fine 995, primi del 996), quindi diventa duca dei Magiari alla morte di suo padre, nel 997.
Dopo aver sedato una rivolta dell'aristocrazia magiara guidata dal capo Koppany (998), Stefano viene consacrato re d'Ungheria il giorno di Natale dell'anno 1000, con una corona mandatagli da Papa Silvestro II (questo gesto gli valse la qualifica di “Re apostolico”) e con il consenso dell'imperatore germanico Ottone III. La corona viene portata dal legato Aserik, o Anastasio, futuro Vescovo di Esztergom. Un altro prelato, Domonkos, primo Vescovo ungherese, partecipa alla cerimonia. Primo re d'Ungheria della dinastia arpadiana, Santo Stefano I di Ungheria (o Szent István) diviene così il fondatore del Regno di Ungheria. Stefano difende l’indipendenza dell’Ungheria contro i vicini Bulgari e l’imperatore Corrado II il Salico (si dichiara vassallo della Santa Sede). Egli impone il cristianesimo in Ungheria: accoglie i missionari e deve frequentemente combattere contro i Magiari pagani, come durante la rivolta condotta dal capo Ajtony (intorno al 1003). Crea alcune Arcidiocesi (Kalocsa e Esztergóm) ed otto Diocesi. Il re Stefano fece poi grandi donazioni alle chiese e ai monasteri.
La cristianizzazione del Paese è lenta e irta di ostacoli: gli Ungheresi devono abbandonare il loro sciamanesimo primitivo, accettare il battesimo sotto la minaccia delle armi, alcuni decreti reali li obbligano a costruire chiese, a recarsi alle funzioni e a provvedere al vitto dei preti. Stefano fa venire degli ecclesiastici come Gellert di Venezia, precettore del re e Vescovo di Csanad, celebre scrivano e creatore di scuole per i Grandi del Regno.
Poco dopo la morte di Stefano, iniziarono le segnalazioni di miracoli di guarigione che sarebbero accaduti nei pressi della sua tomba. Stefano venne canonizzato da Papa Gregorio VII nel 1083 come Santo Stefano di Ungheria. I cristiani lo venerano come santo Patrono dell’Ungheria. La sua festa liturgica ricorre il 16 agosto, ma in Ungheria la festa principale a lui dedicata è il 20 agosto, giorno in cui le sue spoglie furono trasferite a Buda, e anche il giorno in cui sarebbe stato incoronato re. Sposo di una santa, padre di un santo (Emeric), viene lui stesso riconosciuto come santo. L’Imperatrice Maria Teresa Ia di Ungheria istituì in suo onore, nel 1764, l’Ordine di Santo Stefano.
La principale reliquia di Santo Stefano è la sua mano destra (“la sacra destra”) che viene portata in processione in occasione della festa del 20 agosto. La storia della mano destra ebbe inizio quando un monaco la trafugò, nel proprio monastero, dopo averla amputata e sottratta dalla tomba di pietra in cui le spoglie del re erano state trasferite per maggiore sicurezza durante il periodo di rivolte seguito alla sua morte. Della mutilazione ci si accorse nel 1083, quando il re Ladislao I ordinò la riesumazione del corpo in occasione della santificazione decisa dal Papa. Si narra che per recuperare la mano, senza la quale (secondo la narrazione), il corpo non avrebbe potuto essere santificato, Ladislao stesso, fingendosi pellegrino, si recò al monastero. Durante il periodo di dominazione turca si persero le tracce della mano. Secoli dopo venne ritrovata nella città dalmata di Ragusa, e poté tornare in Ungheria grazie all’Imperatrice Maria Teresa, che la affidò ad un convento. In seguito fu traslata nella basilica di Santo Stefano a Budapest, dove ancora oggi è custodita. (continua) (J.M.) (Agenzia Fides 18/7/2007; righe 42, parole 623)


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