AMERICA/PERÚ - “Commuove profondamente vedere come la nostra gente, semplice ed umile, aspetta impaziente l'arrivo del sacerdote o della religiosa. La Chiesa ha la missione di ristabilire l'unità” afferma il Vescovo della Prelatura di Ayaviri ad un anno dalla sua nomina

lunedì, 7 maggio 2007

Ayaviri (Agenzia Fides) - La Prelatura territoriale di Ayaviri è situata nell'altopiano meridionale del Perù e comprende le tre province del nord del dipartimento di Puno: Melgar, Carabaya e Sandia. Ha una estensione di 32,000 kmq. L’indice di povertà è molto elevato, la popolazione è costituita per la maggioranza da contadini. Il Vescovo Prelato di Ayaviri è Mons. Kay Schmalhausen S.C.V che ha appena ricordato il suo primo anniversario dall’insediamento con una Santa Messa celebrata il 23 aprile nella Cattedrale di San Francesco di Ayaviri. Per l’occasione, l'Agenzia Fides gli ha rivolto alcune domande sulla situazione della Prelatura e sulle priorità pastorali.

Potrebbe farci una breve descrizione delle caratteristiche della Prelatura di Ayaviri, caratteristiche che certamente avranno la loro influenza nel lavoro apostolico?
La realtà geografica e climatica della Prelatura è molto variegata, perché le altitudini variano tra i 5000 ed i 500 metri, con climi che vanno dell'aria gelida e secca dell'altopiano all'umidità calda, con temperature che variano secondo i posti e le stagioni dell'anno dai 35-40 gradi fino ai 20 gradi sotto zero. Inoltre le strade di comunicazione asfaltate sono quasi inesistenti e questo ha una chiara incidenza, tra gli altri fattori, sull'economia dei nostri villaggi, abitati nella grande maggioranza da contadini, abbastanza isolati gli uni dagli altri. Sappiamo inoltre che approssimativamente circa il 70% della popolazione vive nella povertà estrema, molti con un'economia di sussistenza. Con tutto ciò, la gente è profondamente credente, in grande maggioranza cattolica, e vive una religiosità semplice e profondamente radicata.

Tenendo conto della popolazione e del vissuto religioso della gente dei villaggi, quale attenzione pastorale è più necessaria?
La nostra popolazione è nella sua grande maggioranza - diciamo un 90% - Quechua. Mi fa piacere dire che il nostro paese è profondamente religioso. E’ qualcosa di caratteristico dell'anima andina, e si esprime in una religiosità popolare segnata dalla festa, attraverso le processioni religiose e le tradizioni che risalgono alla prima evangelizzazione e che spesso si sono mantenute durante i secoli. Una religiosità che, in verità, richiede sia una progressiva maturazione che una sempre rinnovata purificazione, ma la cui essenza è inalterabile nella sua semplicità, portatrice di un'impressionante bellezza e ricchezza spirituale. Penso inoltre che, se ben curata, questa religiosità popolare può apportare ricchezza e vitalità spirituale che risulta un vero fermento apostolico e pastorale.

Quali sono le principali sfide e problemi che si è trovato ad affrontare nella Prelatura?
Vista la situazione generale, abbiamo una serie di difficoltà e sfide. Per una popolazione di circa 250.000 abitanti possiamo contare su 32 parrocchie e soltanto 18 sacerdoti e 7 comunità religiose. La prima grande sfida è pertanto rispondere alle immense necessità pastorali che abbiamo e che i nostri fedeli ci chiedono. Abbiamo bisogno con molta urgenza della presenza di sacerdoti santi e con vero spirito missionario per rispondere al compito dell’evangelizzazione o di comunità religiose generose che vogliano portare la parola di Dio, la catechesi ed i sacramenti agli ultimi angoli della nostra Prelatura. Commuove profondamente vedere come la nostra gente, semplice ed umile, attende impaziente, anelante, l'arrivo del sacerdote o della religiosa.
La seconda sfida è la realtà della povertà che ci circonda e che non abbiamo il diritto di ignorare. Parlo della povertà materiale e povertà morale di un paese che soffre, tra le altre ragioni, per le profonde divisioni che lo lacerano. Penso che la carità ecclesiale ci spinge a rispondere alle molte necessità che troviamo nei campi della salute, dell’educazione, dell’alimentazione, dell’abitazione, tra le molte altre. È il Signore stesso che ci sollecita a questo: sono convinto che oltre alle molte azioni concrete che possiamo e dobbiamo offrire, ci spetta come Chiesa un ruolo molto importante: restaurare l'unità; invitare altre istituzioni e lo stesso Stato ad un lavoro coordinato; contribuire a superare la situazione di povertà promuovendo uno sviluppo solidale e sostenuto.

Quali sono i piani pastorali e le principali azioni che le stanno a cuore o che ha già realizzato?
Dopo avere visitato la maggior parte di questa terra, vedo che nel futuro sono molti i compiti da intraprendere. Tra questi impegni c’è l'invito a comunità religiose e sacerdoti a collaborare in questa missione. In realtà negli ultimi mesi il Signore ci ha benedetti con tre religiose e due sacerdoti. Ciò deve essere accompagnato da una formazione umana, intellettuale e spirituale molto solida dei seminaristi, il nostro futuro clero. Grazie a Dio abbiamo iniziato l'anno con un buon numero di giovani.
Nell'ambito pastorale, insieme all'urgente attenzione alla vita sacramentale, penso che una delle principali preoccupazioni siano le famiglie ed i giovani: le famiglie come Chiese domestiche e cenacoli di vita e di amore, ed i giovani che sono la grande speranza ed il futuro della Chiesa. Penso in primo luogo a queste due realtà per la mia storia ed esperienza personale. Ma anche perché nel nostro ambiente la famiglia è minacciata da gravi pericoli, corre il rischio di debilitarsi gradualmente, ed i nostri giovani guardano molte volte il futuro con paura ed insicurezza, senza la forza che è capace di offrire la fede ed un'autentica vita cristiana.
Aggiungerei per finire l'aspetto liturgico: un tema che deve essere considerato con attenzione, anche nella cornice dell'evangelizzazione della cultura, che è un'altra delle grandi preoccupazioni da tenere in considerazione. Una liturgia celebrata in tutta la sua grandezza e splendore, è capace di elevare e trasformare l'uomo. Penso che così si trasforma in un elemento chiave del nostro lavoro pastorale.

Ci sono contrasti tra alcune delle abitudini e la fede cristiana? Come conciliarli ?
Chiaro che le difficoltà non mancano. Bisogna riconoscere che ancora ci sono nella nostra cultura andina alcune credenze e culti di carattere ancestrale, animasti, che trasportano un fondo pagano. Ci sono espressioni religioso-sincretiste nelle quali la fede non ha completato il processo di purificazione e di sintesi positiva, e ci sono pertanto casi di una sovrapposizione della realtà cristiana a quella pagana. In questo bisogna procedere con attenzione, perché le realtà umane sono complesse e delicate. Pertanto la via della catechesi, di una maggiore ed integrale formazione nella fede è imprescindibile. Si presenta così come un’altra delle priorità. Nel campo della fede e delle abitudini non tutto è conciliabile. Il Concilio ed il Magistero della Chiesa segnano un doppio movimento, o uno sforzo che va nella linea tanto di una sintesi o integrazione positiva degli elementi genuinamente umani della cultura e delle abitudini, come di una sana depurazione di quegli elementi incompatibili con la fede e con la vocazione più profonda ed ultima dell'uomo. (RG) (Agenzia Fides 7/5/2007)


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