VATICANO - Cammino di preghiera per la Quaresima - L’Atto di Dolore (IX)

martedì, 27 marzo 2007

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Prendere la ferma decisione di non offendere Dio, di fare penitenza… con l’aiuto della grazia di Dio. San Paolo ci parla di questa lotta interiore, dove spesso veniamo sconfitti: «Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto… io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio…» (Romani 7, 22-23); egli sente in lui due leggi, di cui una legata al peccato (cf Romani 7, 22-23). Ed esclama: «Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» (Romani 7, 24).
Questa lotta, è la nostra lotta. Gesù stesso ci ha avvertiti: «…se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Luca 13, 3); «Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Matteo 26, 41). Ha avvertito San Pietro, ma San Pietro lo ha rinnegato per tre volte… (cf Matteo 26, Marco 14, Luca 22, Giovanni 13).
Cristo ce ne da la ragione: «Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Giovanni 15, 5b). E San Paolo, davanti l’evidenza della sua debolezza può allora esclamare: «tutto posso in colui che mi dà la forza» (Filippesi 4, 13).
Lottare da soli, significa lottare invano. Poiché il nostro avversario, il Diavolo «sicut leo rugiens circuit quaerens quem devoret; cui resistite fortes in fide»: il nostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede (Iª Lettera di Pietro 5, 8b). E San Pietro che scrive queste righe, ne ha fatto la dolorosa esperienza. Ma ha fatto anche l’esperienza del perdono misericordioso di Gesù, che compensa il suo triplo rinnegamento, con una tripla professione d’amore.
«Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro - Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro? - gli rispose - Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene. - Gli disse - Pasci i miei agnelli. - Gli disse di nuovo - Simone di Giovanni, mi vuoi bene? - Gli rispose - Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene. - Gli disse - Pasci le mie pecorelle. - Gli disse per la terza volta - Simone di Giovanni, mi vuoi bene? - Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse - Signore, tu sai tutto, sai che ti voglio bene. - Gli rispose Gesù - Pasci le mie pecorelle» (Giovanni 21, 15-17).
Noi siamo il Figliol Prodigo. Noi siamo la donna peccatrice. Noi siamo il paralitico. Noi siamo San Paolo. Noi siamo San Pietro. Noi siamo peccatori… ciò che il Padre ha fatto, ciò che il Figlio di Dio ha fatto con i peccatori, per i quali da la sua vita, non lo farebbe dunque anche con noi?
Ma Dio non rischia di stancarsi, un giorno, di dover perdonare senza sosta? Un medico si stanca di prescrivere l’insulina al suo paziente diabetico? Ed il diabetico si stanca di prendere ogni giorno la dose necessaria di insulina? Certo che no! Ne va della sua vita, eppure di una vita mortale…
La misura del perdono infinito di Dio ci è data dal Signore Gesù che risponde a Pietro, il quale gli chiede: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette» (Matteo 18, 21b-22). Sarebbe a dire sempre.
Ma come Dio vuole e può perdonarci sempre? Nel Sacramento della Confessione, chiamato anche il Sacramento della Riconciliazione, secondo la Missione che ha affidato ai suoi Apostoli la sera della Risurrezione (cf Giovanni 20, 23). (Continua) (J.M.) (Agenzia Fides 27/3/2007, righe 35, parole 516)


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